Ma il cerchio
ricorre anche in alcuni nudi di Debora, questa volta come
simbolo del creato, elemento con cui l’uomo, nella filosofia
buddista, è in piena comunione.
Emblematica,
in questo senso, è l’opera Firmamento, in cui la
donna rappresenta non solo Debora, ma anche tutti noi, di fronte
a quel cosmo infinito da cui siamo nati, di cui facciamo parte e
nel quale, secondo i buddisti, continueremo a riciclarci fino al
raggiungimento del nirvana.
La figura
femminile dipinta da Debora e modellata da Elisabetta è un altro
elemento che ricorre nelle opere in mostra, ma, mentre per
Elisabetta in Cronos o in Enydros è
la personificazione della natura, per Debora in Donne in
giardino, Sguardo, Pensieri,
Vita-passione-mondo, è la rappresentazione di se
stessa, della propria storia, delle varie fasi di vita che ha
attraversato.
É insomma
l’arte di Debora sicuramente più autobiografica rispetto a
quella di Elisabetta che vuole invece esprimere dei valori
universali di fede, proiettando nelle immagini e nei simboli la
visione di un domani più chiaro e positivo.
Questa
fondamentale differenza è ciò che distingue le due artiste e che
rende assolutamente interessante e curiosa questa mostra che
presenta opere strutturalmente differenti, con immagini più
volte reiterate, seppur interpretate diversamente, in relazione
al pensiero e alle esperienze di vita di ciascuna. |
|