Boille
raggiunge già all’inizio degli anni ’50 una maturità
creativa che lo porta a realizzare un’espressione
pittorica nella quale è possibile ravvisare una delle
più valide, stimolanti e originali manifestazioni
dell’Informale. Forse perché, come scrive il grande
critico francese Pierre Restany nel 1959 , "A differenza
di coloro che traggono soddisfazione da certezze
momentanee, egli non è mai rassicurato dalla sua
pittura. Essa lo inquieta, lo angoscia, lo fa disperare.
Egli cerca attraverso ciascuna tela i possibili
passaggi, gli sbocchi verso nuove situazioni." Una frase
che può essere eletta a emblema di tutto il percorso
artistico di Boille, sino ad oggi: una ricerca
instancabile, mossa da inesauribile curiosità e
suggestione. Tutto questo colpì immediatamente anche un
altro celebre critico, Michel Tapié, leggendario teorico
dell’Informale come "Art autre", che lo inserì nel
gruppo dei suoi artisti prediletti, e paragonò il suo
lavoro a quello di grandi espressionisti astratti
americani quali Mark Tobey e Clifford Still. Altri
grandi critici, fra i più influenti della storia
dell’arte del Novecento, hanno nel tempo sostenuto e
amato Luigi Boille (come risulta ben evidente anche
dall’antologia critica presente nella monografia che
accompagna la mostra) : Lionello Venturi, Guido Ballo,
Cesare Vivaldi, Filiberto Menna, Giulio Carlo Argan…
Proprio a quest’ultimo si deve un’altra
affermazione-chiave per intendere l’opera del maestro
friulano: "Boille, sapendo che la pittura è in crisi, si
ostina a fare soltanto pittura, la pittura più pura
possibile" (G.C. Argan, 1973). Pittura pura, pittura
assoluta, quella di Boille, che sin dai suoi esordi,
fino alle più attuali ricerche, si snoda in un labirinto
infinito di colore e di luce, metafora del pulsare
stesso dell’esistenza negli abissi del cosmo. Pittura
ricca di "elementi barocchi" (Tapié), anche se nel
lavoro di Boille il dinamismo e l’"irrazionalismo"
riconducibili al barocco saranno sempre equilibrati da
un senso "classico" di armonia e di nitore formale. Un
lavoro sempre serrato e rigoroso, il suo, sia pure
sempre aperto alle infinite suggestioni
dell’immaginario. Un lavoro che si caratterizza per
l’evoluzione verso una sintesi sempre più perfetta tra
segno, gesto e colore, tra pensiero ed emozionalità. Da
quelle che Restany definisce le "hautes pâtes"
informali di Boille (anni ’50), dalla disseminazione
della materia-colore e dei segni, o dal loro assemblarsi
fittamente nello spazio, in una sorta di horror vacui
(anni ’60 -’70), Boille si è mosso sempre di più
verso la rarefazione, il libero fluttuare del segno nel
colore, o nel bianco, o nel nero, senza tuttavia perdere
mai la sua straordinaria ricchezza pittorica. Il segno,
in Luigi Boille, è l’elemento di coesione tra pensiero e
gesto, tra spazio e colore, e attraverso l’interazione
di tutte queste componenti l’artista difende il ruolo
centrale ed essenziale del linguaggio della pittura,
come scriveva Argan nel 1973: il segno di Boille
"svolgendosi e modulandosi come pura frase pittorica,
realizza e comunica uno stato dell'essere, di immunità o
distacco o contemplazione", riuscendo davvero a
realizzare quella "riconciliazione dell’intelligenza con
il puro istinto" prefigurata da Restany nel ’58. La
stessa che percepiamo anche nelle opere più recenti,
come il Dittico-Zen del 2011, presentato al
Padiglione Italia della LIV Biennale di Venezia, dove
l’artista è tornato dopo
molti anni :
aveva già partecipato all’edizione del 1966, con
splendide opere presentate da Cesare Vivaldi e dal poeta
Murilo Mendes. Tullio De Mauro, il grande linguista che
lo presenta nel catalogo di quest’ultima edizione della
Biennale, traccia sinteticamente un affascinante profilo
della ricerca di Boille: una "ricerca continua di
risultati che a me paiono suggestive e splendenti
testimonianze della sua vivida capacità di catturare nel
segno pittorico l’emergere di luce, ‘fiocchi di luce’,
dal buio del cosmo". Definizione tanto acuta quanto
poetica, che rinvia dunque anche al Boille amante della
poesia e dei poeti. Poeti come Ezra Pound, con cui
collaborò alla realizzazione di un libro d’artista con
sette poesie di Pound e sette litografie di Boille (Omaggio
a Ezra Pound, Rapallo, 1971). Poeti come René Char:
in due suoi versi - ci ricorda De Mauro - Boille ha
riconosciuto il senso di tutta la sua pittura: "Si
nous habitons un éclair, / il est le coeur de l’éternel".
Nota
biografica
Nato a
Pordenone nel 1926, Luigi Boille si diploma
all’Accademia di Belle Arti di Roma nel ’49. L’anno
successivo si laurea in architettura, e subito dopo si
trasferisce a Parigi, dove si stabilisce. Già nel ’53 la
sua pittura rivela una matura e originale assimilazione
dell’Informale, e ciò lo avvicina al gruppo della Jeune
Ecole de Paris, con cui espone in numerose collettive.
Conosce il
grande critico francese Michel Tapié, che lo inserisce
nella sue ricerche sull’"Art autre" e coglie nella sua
pittura "elementi barocchi", anche se nel lavoro di
Boille il dinamismo e l’"irrazionalismo" riconducibile
al barocco saranno sempre equilibrati da un senso
"classico" di misura e di rigore formale.
Nel 1964 Luigi
Boille rappresenta l’Italia insieme a Capogrossi,
Castellani e Fontana al Guggenheim International Award
di New York. Nel ’65, rientrato temporaneamente in
Italia, a Roma partecipa alla Quadriennale, e l’anno
dopo è invitato alla Biennale di Venezia, dove è
recentemente tornato, partecipando alla LIV Edizione
(2011).
Per quindici
anni è stato in rapporti contrattuali con la Galleria
Stadler di Parigi (una fra le più importanti al mondo),
dove ha tenuto diverse mostre. Importante anche il
rapporto con la storica Galleria del Naviglio di Milano
e con il suo fondatore e titolare, Carlo Cardazzo.
Ininterrotto è
l’itinerario delle sue mostre personali e collettive.
Tra le più importanti, le personali alla Galleria del
Naviglio (Milano) e alla Galleria Qui Arte Contemporanea
(Roma), nel 1974, a Palazzo dei Diamanti di Ferrara
(1984), alla Galleria Giulia di Roma (1986), alla
Galleria Roubaud (1991) e all’Istituto Italiano di
Cultura a Monaco di Baviera (1992), alla Galleria
L’Isola (Roma) nel 1993, allo Studio Simonis e alla
Galleria Stadler (Parigi) nel 1997; le collettive
Informale in Italia, alla Galleria d’Arte Moderna di
Bologna (1983) , Geografie oltre l’Informale alla
Permanente di Milano (1987) , Tapié et l’art informel
, alla Galerie 16 di Parigi (1989).
Prima di
questa, la Galleria Marchetti di Roma gli ha dedicato
altre cinque mostre personali, tra il 1999 e il 2009.
Opere di
Boille sono presenti nelle maggiori collezioni e musei
del mondo.
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SCHEDA TECNICA
Mostra: