Ecco allora la sottile
ambiguità del segno pittorico, sospeso tra la
dissoluzione della geometria e la costruzione di
delicatissime geometrie, criptiche, sommerse da fitte o
diafane tessiture di linee e colori. Linee che fra
l’altro, in quanto indici e vettori della
materializzazione cromatica di energie spaziali
invisibili, rimandano spesso alle tese e dinamiche
linee-forza del Futurismo, puntate verso l’infinito.
Quel Futurismo che Dorazio studia ed apprezza
nell’immediato dopoguerra, comprendendone appieno
l’importanza e il valore storico ed estetico, in anni in
cui esso era assolutamente rimosso, e ricordarlo era
quanto di più politicamente scorretto si potesse fare.
Il suo precoce interesse per quel grande movimento
d’avanguardia è testimoniato da una serie di articoli
scritti nel ’48 per “Il Giornale della sera” di Roma,
che raccontano anche dei suoi soggiorni a Parigi e in
Europa, dei suoi incontri con artisti come Braque,
Matisse, Mirò, e dell’importanza che questi hanno avuto
nella sua formazione. Il lavoro che apre il percorso di
questa mostra è proprio un acquerello e tecnica mista
del 1948: vi si riconoscono le delicate semplificazioni
formali dell’ultimo Matisse, in particolare di alcune
figure del libro Jazz, uscito l’anno prima, che
certo Dorazio doveva amare; ma i residui iconici vanno
rapidamente dissolvendosi, verso le nervose campiture
astratte di Alberto Magnelli, o soprattutto, forse, per
il predominare di linee curve e “organiche”, verso
l’astrattismo “biomorfo” di Jean Arp . Proprio da lui
forse viene a Dorazio la spinta decisiva verso il
linguaggio astratto: dall’ambiguità e dalla plurivalenza
delle sue forme, che appaiono coinvolte in un ciclo di
eterna trasformazione, in cui legge e caso vanno a
confondersi.La tempera-collage del ‘55 segna l’inizio
di un decennio magico per la pittura di Dorazio, che
passa via via dalla costruzione spaziale rigorosamente
geometrica - che qui ancora vediamo - alla
predominanza della texture cromatica, che
caratterizzerà il suo lavoro sino alla fine, sia pure
secondo diverse modalità e configurazioni. Il 1955 è
significativamente l’anno della mostra tenuta con
Perilli alla Galleria delle Carrozze di Roma, non per
nulla intitolata Colore come struttura. In questo
lavoro, la netta e semplice scansione geometrica – che
può ricordare quella di astrattisti come Reggiani e
Radice – si unisce però ad una sensibilità cromatica
quasi tattile, che denuncia come a quest’epoca Dorazio
abbia già iniziato, parallelamente, a trattare le
superfici come un tessuto inquieto di segni-colore. Lo
vediamo all’opera, in questo senso, in una carta
splendida benché piuttosto anomala del ’57, anno della
prima mostra personale italiana, presso la Galleria La
Tartaruga di Plinio De Martiis, a Roma: qui il bianco
torna direttamente protagonista, in un dialogo serrato
quanto mosso e dinamico, insolitamente “destrutturato”,
con filacciose pennellate nere e freschissimi “graffi” e
tocchi cromatici, non lontani da certe “scritture”
pittoriche di Twombly, che oltre a frequentare la
“Fondazione Origine” (di cui lo stesso Dorazio fece
parte per qualche anno), era anche un artista della
Tartaruga, dove tenne la sua prima personale europea
l’anno dopo quella di Dorazio (1958). Proprio nel 1958
Dorazio dipinge una serie di quadri monocromi, sulle
dominanti nero-grigio-blu, in cui la struttura grafica
si identifica con l'applicazione del colore a tratti,
prima paralleli, poi convergenti e incrociati. Una
sostanziale monocromia impostata su questi toni spenti è
anche quella dei “reticoli” del ’58 e ’59 qui
presentati: Dorazio sviluppa l'esperienza dei “reticoli”
fino al ’62, organizzando la materia cromatica in un
tessuto fittissimo e complesso di linee rette
incrociate, che svolge sulla superfìcie un ruolo
fondamentale di modulazione e filtro della luce. A
partire dal 1962-63 i valori cromatici si accendono, e
Dorazio studia vere e proprie partiture di scale
cromatiche, atte a far scaturire una luminosità sempre
più intensa dalle modulazioni tonali, così come
dimostrano gli affascinanti pastelli su cartoncino del
1962. Lo spazio va assumendo sempre di più la fisionomia
di un campo di forze luminose: le linee dei “reticoli”
vanno allargandosi in grandi bande splendenti, che
creano un forte effetto di risonanza cromatica.
Dalla fine degli anni '70 il tessuto cromatico si satura
di finissimi tracciati di segno-colore ad andamento
orizzontale o verticale (come nelle tempere su
cartoncino del 1982), sino a prendere invece, negli anni
’90, la via opposta: quella dell’alleggerimento, della
rarefazione, che porta a far fluttuare delicati
filamenti di linee-colore in limpide e brillanti
campiture monocrome, come nella tempera su cartoncino
del ’98, a fondo rosso, l’ultima opera di questo
percorso espositivo.
L'esperienza del colore in Dorazio ci appare come
esperienza del colore in tutte le sue possibilità:
l'esperienza di uno spazio continuo in cui i singoli
colori ci appaiono integrati in una struttura
relazionale retta da una regola fondamentale, che
potremmo definire “esperienza della transizione dei
colori”. Lo spazio cromatico si svela come percorso
percettivo in cui ogni tonalità trans-colora in
un'altra, secondo una gradazione continua e perpetua,
scandita però da un ritmo interno, che si “impenna” in
quelli che potremmo chiamare punti di massima
cromaticità (il giallo, il rosso, il blu puri). In
questo senso per Dorazio può essere stata determinante
la conoscenza del lavoro di Hans Richter, che aveva
conosciuto negli Stati Uniti e che nel 1954 aveva
visitato e apprezzato la sua seconda personale
americana, alla Galleria Rose Fried, per poi andarlo a
incontrare nel suo studio di Roma nel ’57, stringendo
così un’amicizia che sarebbe durata per sempre. Già nel
1921 Hans Richter aveva realizzato il film astratto
Rythmus 21 : una sequenza ritmica di figure
astratte, pure e regolari che interagiscono seguendo
solo un ritmo visuale (senza musica di accompagnamento)
e si compongono in variazioni sullo stesso tema, nel
tentativo di ricreare l’esperienza spaziale tramite un
mezzo bidimensionale. Ritmi e assonanze che portano
anche Dorazio a modulare il segno-colore in modo da
ottenere sinfonie di luce di eccezionale
intensità e respiro: quello che Ungaretti,
nell’entusiasmo espressionista del saggio critico per
l’amico pittore (Un intenso splendore, nel cat.
della mostra Piero Dorazio, Im Erker Galerie,
Saint Gallen (CH), 1966) tratteggia come un vero e
proprio inno all’incandescenza del colore-luce,
all’intrecciarsi dei colori in un radioso labirinto:
“
“In
quei suoi tessuti o meglio membrane, di pittura uniforme
quasi monocroma e pure intrecciata di fili diversi di
colore, di raggi di colore, s’aprono, dentro i fitti
favi gli alveoli custodi di pupille pregne di luce,
armati di pungiglioni di luce. La luce è infatti in
Dorazio, e sarà come realtà di pittura per merito di
Dorazio, anche concentrazione e fissazione su un punto
di luce riaffiorato da abissi, iterato all’infinito… “
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NOTA
BIOGRAFICA
Piero
Dorazio nasce a Roma il 29 giugno 1927. Durante il liceo
classico frequenta lo studio del pittore Aldo Bandinelli
(padre del suo compagno di scuola Angiolo Bandinelli),
artista legato a "Valori Plastici". Il suo debutto come
pittore risale al 1942-1943, con piccole nature morte e
paesaggi della campagna romana. Dopo la maturità
classica si iscrive alla facoltà di architettura, che
frequenta per quattro anni.
Nel
1947 fonda - con Carla Accardi, Ugo Attardi, Pietro
Consagra, Mino Guerrini, Achille Perilli, Antonio
Sanfilippo e Giulio Turcato - il movimento “Forma 1”,
in aperta opposizione al realismo socialista,
all'espressionismo, agli emuli della scuola romana, al
provincialismo della cultura italiana e alle intrusioni
della politica nella creazione artistica. Dorazio
incomincia così una fervida attività divulgativa nei
confronti dell'arte astratta attraverso l'energico
lavoro di redazione nella rivista del gruppo, la
collaborazione ad alcuni quotidiani e la partecipazione
a convegni, conferenze e dibattiti sia in Italia che
all'estero. Nel 1947 vince anche una borsa di studio
dell’Ecole Nationale Supérieure des Beaux Arts di
Parigi, che gli permette di risiedere per un anno nella
capitale francese: fondamentali saranno la conoscenza
diretta dell'impressionismo e del cubismo, e i suoi
incontri con Matisse, Magnelli, Braque, Le Corbusier….
Nel
1950, sempre con Perilli e Guerrini, Dorazio apre in via
del Babuino a Roma la libreria-galleria d’avanguardia
“L’Age d’Or”, che nel 1951 si fonderà con il gruppo
“Origine” (Mario Ballocco, Alberto Burri, Giuseppe
Capogrossi, Ettore Colla), dando vita alla “Fondazione
Origine”.
Nel
1952 Dorazio partecipa per la prima volta alla Biennale
di Venezia: vi tornerà nelle edizioni del 1956, 1958,
1960 (con una sala personale presentata da Lionello
Venturi), 1964, 1966 (sala personale), 1968 e 1988 (sala
personale dedicata alla memoria di Giuseppe Ungaretti).
Nel
giugno del ’53 parte per gli Stati Uniti, invitato a
partecipare allo Harvard International Summer Seminar
(Harvard University, Cambridge). Si stabilisce a New
York, dove entra in contatto con le più importanti
personalità del mondo dell’arte e della cultura: Leo
Castelli, Marcel Duchamp, Mark Rothko, Barnett
Newman,Willem de Kooning, Jackson Pollock, il celebre
critico d’arte Clement Greenberg… Nel frattempo
approfondisce lo studio degli scritti di Kandinskij, che
influenzeranno alcuni aspetti della sua pittura. Sempre
nel ’53 tiene la prima mostra personale a New York,
presso la Wittenborn One-Wall Gallery.
Rientrato in Italia nel 1954, si stabilisce a Roma e
pubblica La fantasia dell'arte nella vita moderna,
il primo libro apparso sulla storia dell'arte del
dopoguerra. L’anno successivo soggiorna a Berlino, in
occasione della sua partecipazione alla mostra Junge
Europäische Malerei. Nel 1959 partecipa a
Documenta II di Kassel. Nel 1960 la
Pennsylvania University di Philadelphia lo invita a
organizzare il Dipartimento di Belle Arti, del quale
sarà nominato direttore e dove insegnerà per circa un
decennio, un semestre l’anno, tenendo però studio a New
York. Sempre nel ’60 viene invitato a Zurigo da Max
Bill alla mostra Konkrete Kunst: 50
Jahre, e da Udo Kultermann a Monochrome Malerei,
al Museo di Leverkusen. L’anno successivo, in
occasione della sua retrospettiva al Kunstverein di
Düsseldorf, viene invitato a far parte del gruppo
"Zero". Riceve a Parigi il Prix Kandinsky e il primo
Premio della Biennale des Jeunes.
Sue
personali hanno luogo nel 1963 al Museo de Arte Moderno
di San Paolo del Brasile e nel 1965 alla Marlborough
Gallery di New York. Qui partecipa, sempre nel ’65,
anche alla grande e celebre rassegna The
Responsive Eye, al Museum of Modern Art. Lo stesso
anno vince il Premio Lissone.
Nel
1966 espone alla Galerie Im Erker, a Saint Gallen
(Svizzera): per l’occasione Giuseppe Ungaretti scrive un
saggio sulla sua pittura come presentazione in catalogo.
Nasce subito il progetto della cartella La Luce:
13 litografie a colori di Dorazio con venti poesie
autografe di Ungaretti (Erker Presse, 1971).
Nel
1972 realizza per la Scala di Milano le scenografie e i
costumi del balletto La notte trasfigurata, su
musica di Arnold Schönberg (Verklärte Nacht).
Nel
1974 lascia Roma e si stabilisce definitivamente in
Umbria, a Canonica, frazione di Todi, in un antico
convento camaldolese, di cui riadatta la chiesa come
studio, continuando però a partecipare a numerose e
importanti collettive
Nel
1984 inizia a scrivere regolarmente sulla pagina
dell'arte del “Corriere della Sera”.
Tra il
1985 e il 1986 fa due viaggi in Giappone, dove espone
alla Seibu Gallery e alla Face Gallery di Tokyo. Nel
1986 riceve dal Presidente della Repubblica il premio
dell'Accademia Nazionale di San Luca. Fra il 1993 e il
1996 dirige la realizzazione di cinquanta grandi mosaici
di artisti nazionali e internazionali nella
metropolitana di Roma (Arte-Metro-Roma), e
progetta uno dei tre mosaici della stazione
Colosseo .
Nel
2002, in occasione del 75° compleanno dell’artista,
viene pubblicata la monografia, curata da Annette
Papenberg-Weber, Piero Dorazio. Die künstlerische
Formierung bis 1959 presso l'editore Schwabe di
BasileaIl 2004 vede l’ultima grande
esposizione realizzata vivente l’artista : la
retrospettiva alla Pinacoteca Casa Rusca di Locarno, in
Svizzera.
Piero
Dorazio si spegne a Todi il 17 maggio 2005.
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SCHEDA TECNICA
Mostra:
PIERO DORAZIO – NEL
LABIRINTO DEL COLORE-LUCE - Carte 1948-1998
A cura di:
Silvia Pegoraro
Sede:
Galleria d’Arte Marchetti
Indirizzo:
Via Margutta 18/ A - 00187 Roma
Inaugurazione:
giovedì 31 maggio 2012, ore 18.30
Periodo espositivo:
31 maggio – 7 luglio 2012
Ingresso:
libero
Orari:
LU 16.00-19.30 ; MAR-SA 10.30-13.00 / 16.30-19.30
(chiuso i giorni festivi)
Informazioni:
tel/fax 06 3204863 –
www.artemarchetti.it
;
info@artemarchetti.it
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