Le
tele della pesca, il cui primo sbocco riccamente
cromatico e fantasmagorico è rappresentato nel 1953 da
Pesca con le lampare e dal Porto di Antibes,
prototipo di una lunga serie di vedute a volo d'uccello,
si confrontano con i grandi nudi. Questi partono dal
Nudo disteso del 1951 della collezione Boschi della
GAM, e dalla modella Nude, ultimo omaggio in
verticale a Modigliani e nel contempo prototipo di
infinite variazioni lungo tutta la vita dell'artista.
Ai nudi orizzontali si affianca, sempre nel 1952,
l'omaggio picassiano della Pecora nera.
L'altra serie, con più forti agganci ai precedenti fra
"Corrente" e il neocubismo della seconda metà degli anni
'40, è quella delle nature morte, con la sequenza
paratattica di vasi, piatto con pesce, fruttiera
barocca, in cui l'omaggio a Picasso si abbina con quello
a Braque. Nella prima metà del decennio un terzo
riferimento fondativo e al massimo grado "mediterraneo"
è quello all'effusione cromatica matissiana, culminante
nella Finestra del 1953.
Dopo di essa, nella seconda metà del decennio e nelle
ultime sale esplode la sfaccettata frammentazione del
campo cromatico totale, organizzato per topografie,
ritmi, incastri, lungo i due filoni tematici delle
"feste marine" e degli interni di atelier con modella:
emblematico è il confronto finale nel 1959 fra
Paesaggio (le lampare) e Modella nello studio.
Il primo filone, con la sua dominante blu profondo,
corre da Mare del 1955, attraverso il vero e
proprio "lapsus freudiano" dell'autore nella tela del
1956 che reca sul retro il doppio titolo Meriggio
nell'atelier e Festa nel porto, con il suo
culmine di intrico gestuale e informale, ai trionfali
Mare e Senza titolo del 1959. Nel secondo
filone, di maggior costruttività nella sua
organizzazione di struttura figurale, prevale la
dominante rossa, ad Aprés-midi à l'atelier del
1958 seguono l'anno successivo, a fianco di Modella
nello studio, le cupe variazioni tonali in blu,
rosso e nero di Atelier.
Con la breve parentesi dello studio parigino alla metà
del decennio, i due filoni alternano l'atelier di
Antibes con quello milanese. Ma sempre dalla metà del
decennio lo sguardo e la poesia dell'artista si volgono
anche ad una rinnovata organizzazione strutturale che si
rivolge con più morbide pulsazioni e vibrazioni, al di
là della finestra di fondo, ad una più verde natura
terragna, di entroterra, ad una rinnovata liquidità
cromatica padana, a più aeree policromie.
Una prima alternativa alla lancinante solarità estiva
marina compare nel Giardino d'inverno del 1954,
riemerge nella Collina del 1956, uno dei punti di
maggior tangenza con Birolli, trionfa liricamente nel
fondamentale Chiaro di luna del 1958.
La sintesi ma anche lo sbocco finale dell'intero
decennio esplode nelle raggiere e nei vortici verdebruni
della ritrovata Gropparello del 1959. L'Estate
non più marina del 1961 e soprattutto il maelstrom
padano del Grano maturo del 1964 aprono la strada
ai decenni successivi.
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