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Si apre a Parma il
giorno 10 novembre alle ore 17 al Salone delle Scuderie in Pilotta e
resterà aperta fino al 9 dicembre 2012, la mostra delle opere di Medhat
Shafik, 25 dipinti e 106 carte, dagli anni sessanta al 2011, importante
acquisizione delle collezioni del CSAC della Università di Parma. Il
catalogo, edito da Skira, che riproduce l'insieme delle opere, apre con
un ampio saggio di Gloria Bianchino la quale ripercorre la ricerca
dell'artista dalle origini ad oggi.
Medhat Shafik è un caso sul quale la critica ha aperto un dibattito che
dura ancora oggi. Egiziano, a vent'anni giunge a Milano, studia e si
diploma alla Accademia di Brera, vive facendo il traduttore,
l'interprete, ma sempre per continuare a dipingere e oggi è certo una
delle figure eminenti nella ricerca artistica in Italia e fuori. Il
problema sta proprio qui, Medhat è un artista occidentale oppure un
figlio della cultura in Egitto? E quale sarà poi la cultura dell'Egitto,
quella delle antiche lontanissime piramidi e dei faraoni, quella
dell'Islam, quella dei copti che sono i cristiani d'Egitto e che hanno
sul Nilo, come la civiltà dell'Islam, una loro lunga storia? Il
dibattito, la discussione della critica, quella degli interpreti della
ricerca dell'artista, è proprio sulla interpretazione della sua ricerca,
artista d'occidente oppure artista legato a una civiltà vagamente
mediterranea. |
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La grande
raccolta donata al CSAC, con opere dagli anni sessanta al 2011,
servirà forse anche a chiarire questa esperienza complessa e a
ripercorrere una ricerca di ricca e vibrante capacità narrativa.
Shafik è un grande narratore e le sue origini, le terre
d'Egitto, il Nilo, la memoria degli spazi dei suk
piuttosto che delle dune, i colori e il cotone, i vasi e i
frammenti di scritture che affiorano un poco ovunque nei suoi
dipinti, tutto, insieme al sogno di cieli alti, di notti nere di
stelle, tutto questo è parte della memoria infantile e della
giovinezza dell'artista e diventa, nel suo racconto, un altro
sogno, quello della unione delle diverse culture sulle rive del
Mediterraneo. Ma proprio i dipinti della mostra provano, al di
là di quello che lo stesso artista racconta sulle proprie
origini e memorie e affetti, che la sua arte nasce in occidente,
nasce da scelte e passioni precise che del resto lo stesso
pittore confessa. Prima di tutto l'incontro con la cultura della
memoria dell'Occidente, quella di artisti come Paul Klee,
Wassilij Kandinskij, Marc Chagall, dunque con la ricerca fra
primo e secondo decennio del novecento che ha trasformato il
modo di pensare la pittura, suggerendo un dialogo fra questa e
la scrittura da una parte e, dall'altra, con la musica. Del
resto le attenzioni di Shafik per la ricerca del Cavaliere
Azzurro, le attenzioni per Gabriele Mùnter piuttosto che per gli
Espressionisti sono evidenti in molti dipinti degli anni
ottanta, e ancora sono chiare quelle per Marc e per Macke. Lo
provano pezzi significativi come Toro o Cavallo in
fuga del 1984. |
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I
titoli per Shafik sono sempre discorso sulla memoria e
le attenzioni per Kafka e la letteratura mitteleuropea,
ma anche per la psicoanalisi, sono parallele alle
attenzioni per lo stratificarsi del tempo nelle immagini
che alludono sempre alla durata e che mostrano complessi
rapporti con altre figurazioni del passato, come in A
tavola con Kafka (1991) o in Luoghi di scavi
(1991 e 1994) e in molte altre opere. La ricerca
ulteriore dell'artista si fa più complessa e sono chiare
le attenzioni all'Abstract Expressionism e quindi all'Action
Painting americana, poi per le scritture pittoriche
della più recente ricerca espressiva in Germania e in
Italia. Shafik è fra i pochi pittori che reggono una
grande dimensione e alcuni suoi pezzi in mostra sono
imponenti. Così Le porte di Samarcanda, un
trittico del 2006 dove il grande gesto, quello di Kline,
le capacità di corrompere la materia di Schwitters, con
le sue dense stratificazioni di forme e materia, e
insieme la sensibilità per le strutture che emerge da
una lunga attenzione alla ricerca compositiva astratta,
costruiscono un'opera densa di memorie.
In mostra sono esposte anche delle opere scavate nel
legno oppure impresse su spesse carte bagnate, forme in
negativo o a rilievo di alfabeti perduti, alfabeti
mitici che nascono da una moderna riflessione sulle
grafie dell'arte in occidente ma che citano geroglifici
e ideogrammi, la grafia islamica e l'alfabeto greco.
Shafik sa anche creare spazi vibranti sul foglio (sono
qui oltre cento i suoi disegni), con una grafia mossa e
sottile, che esce da Giacometti piuttosto che dalla
illustrazione francese dell'Ottocento, ma anche dalla
ricerca più alta dell'Informale. Dunque una mostra
importante da leggere nel quadro della nuova pittura
europea contemporanea.
LUOGO: Parma, Salone delle Scuderie, Palazzo della
Pilotta, Piazzale Bodoni, 1
DATA: dal 10 novembre al 9 dicembre 2012
ORARI: dalle 10 alle 19 - chiuso il lunedì
Per informazioni: CSAC: tel. 0521/033652, 235825;
csac@unipr.it
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