Da una parte
la natura, il dato fenomenico, la realtà delle cose tangibili
che scandiscono la nostra vita quotidiana, dall’altra il
desiderio di interpretare, radiografare, suggerire, alterare e
deflagrare ogni elemento di partenza che, il più delle volte,
perde la propria identità per trovarne un’altra, più vera e
profonda, ma lontana dagli elementi visivi che hanno
contraddistinto la sua genesi.
Quella di
Balsamo è un’arte che non mira a intrappolare le forme, bensì a
scomporle per farle rivivere, per lasciarle respirare, per
permettere loro di muoversi e aprirsi alle energie
dell’universo. Il più delle volte, delle sollecitazioni iniziali
non rimane che l’ombra del loro passaggio, l’impronta di
qualcosa che, fin da subito, è stata studiata nella propria
essenza. L’artista si sottrae alla rappresentazione dell’uomo e
della natura, ma suggerisce, in modo talvolta ossessivo,
percorsi segnici e cromatici che evocano tracce memoriali e
ideali, che si riferiscono a qualcosa che ogni spettatore può
ritrovare dentro di sé.
Sin dai suoi
primi lavori, infatti, l’artista è più attratto dalle energie
dei paesaggi che ritrae, che non dal loro impatto estetico.
Negli anni Settanta studia dualismi tra finito e infinito, tra
forma e spazio, fra segno e colore: ne scaturiscono composizioni
permeate da luci fortemente artificiose che evidenziano la
meta-fisicità di tutte le cose. |
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