Così
la prima opportunità di David LaChapelle è arrivata da
un grande artista e scopritore di talenti che gli ha
aperto la porta principale di un nuovo universo tutto da
scoprire: l’editoria. Nel corso della sua professione,
LaChapelle ha scattato cover e servizi speciali per
riviste come “Vanity Fair”, “GQ”, “Vogue”, “The Face”,
“Arena Homme”, “Rolling Stones” e collaborato con
aziende quali Tommy Hilfiger, Condé Nast, Nokia,
L’Oréal, H&M, Burger King e Diesel.
LaChapelle non è il fotografo dello scatto rubato, non è
l’artista che vive con la macchina fotografica al collo
in attesa di un evento straordinario da immortalare, non
è il reporter che rischia la vita per regalare l’attimo
prima di qualcosa che cambierà il mondo. È semplicemente
un sismografo del proprio tempo che rende evidenti
concetti e considerazioni attraverso scatti concepiti
come fossero grandi dipinti.
In
molti suoi lavori l’approccio è più da pittore
tradizionale che da fotografo. Egli non aspetta il
momento speciale, ma lo inventa o lo pianifica, magari
bloccando l’intuizione con il disegno o dipingendone una
bozza con gli acquarelli. Così crea un suo
personalissimo set con gli scenari che ha ben
chiari in mente cercando di realizzare qualcosa di
esclusivo, ovvero fotografare ciò che razionalmente non
sarebbe considerato fotografabile.
La
mostra
La
mostra è suddivisa in dieci sezioni tematiche e propone
le serie fotografiche di LaChapelle la cui scelta degli
argomenti rispecchia il suo desiderio di raccontare,
creando un palinsesto dove sistemare le figure proprio
come un pittore che prepara, con dovizia e attenzione
maniacale, una scena dal vivo prima di disegnarla.
La
prima serie è Star System, che
esplica come l’immagine pubblica di un personaggio
famoso non solo si sovrapponga alla sua vera identità,
ma ne condizioni pesantemente il rapporto con le persone
e con le cose in ogni momento della sua vita.
LaChapelle, nella serie dedicata alle persone note
provenienti dal mondo della musica, della moda e del
cinema, accende i riflettori su vizi, passioni e fobie
di artisti che non possono più permettersi di avere una
vita privata. Pose ammiccanti ed esibizioni giocose
mescolano sensualità, ironia e gusto kitsch. Come
in Elton John: Egg on His face dove la
star, in un’ambientazione particolarmente umile, ha
le uova della sua colazione sugli occhi, mentre mantiene
una postura solenne; mentre in Lady Gaga:
Metropolis, la cantante sembra essere la
protagonista di uno spot pubblicitario per un concerto
su un altro pianeta e invece nell’opera dedicata a Paris
Hilton, la sua esplosiva bellezza esaltata da luci
teatrali e dai fumi tipici di un concerto rock
ricorda che tutto ha un prezzo.
La
seconda serie intitolata Deluge è un
monito a una società diventata vittima delle sue stesse
regole, imprigionata dalle consuetudini non scritte che
devono essere rispettate da coloro che cercano di
ritagliarsi un effimero posto al sole. Da questo
concetto della realtà, scaturisce un lavoro come
Cathedral, dove un gruppo di persone di età
differenti pregano dentro una chiesa immersa nell’acqua.
Una
vera e propria “neo-Apocalisse”, dove l’acqua – simbolo
di sorgente di vita e centro di rigenerazione – mina la
solennità dei luoghi sacri dello sfarzo e purifica la
società dai vizi.
Questa
serie nasce dallo studio di LaChapelle della Cappella
Sistina, che porterà l’artista ad accentuare il suo
approccio pop e a rivedere, in chiave
contemporanea – oltre ad alcune scene del capolavoro di
Michelangelo –alcuni momenti fondamentali dell’arte del
passato.
Ai
fiori è dedicata la terza serie Earth
laughs in Flowers, un interessante percorso che
arriva dalla conoscenza dei grandi maestri del passato.
Il titolo è tratto dal poema Hamatreya di Ralph
Waldo Emerson, in cui i fiori corrispondono alla risata
della terra contro l’arroganza, l’ignoranza e la
prepotenza degli esseri umani.
Ne
conseguono lavori che si trasformano in racconti che
approfondiscono gli aspetti fugaci e le problematiche
sociali come le opere The Lovers e
America, che esprimono qualcosa che va ben oltre
la semplice iconografia. Prendendo come riferimento le
composizioni floreali seicentesche, l’artista contamina
e completa all’insegna del contemporaneo.
Nella
quarta serie After the Pop e nella
quinta serie Destruction and Disaster
i riferimenti iconografici con Warhol sono espliciti, ma
l’esito del lavoro è più ironico e cerebrale. In
After the Pop il mondo bersagliato da segni e
simboli diviene codice per dialogare con la gente e
l’artista si concentra sull’inserimento provocatorio
dell’oggetto, artefatto e proposto su scala monumentale,
in contesti improbabili. Mentre in Destruction and
Disaster l’immagine è strutturata con la messa in
scena di visioni rovinose e scenari di distruzione, con
modelle che in modo surreale fuoriescono – illese e
tristemente bellissime – da scenari completamente
distrutti, incendi, crolli e calamità naturali.
La
sesta serie Excess propone ossessioni
ed eccessi sessuali ad appannaggio di persone che,
almeno in apparenza, sono assolutamente normali.
LaChapelle mette in scena fantasie erotiche, voyeurismi,
esibizionismi, feticismo, attitudini sadiche, masochiste
e bondage evidenziando come questo tipo di
eccessi siano legati al desiderio di auto-affermazione
di ogni persona, unito a un piacere cerebrale non
necessario.
Plastic People
è la settima serie di foto che
riprende la questione dello stereotipo fisico, di un
tipo di bellezza che va raggiunta ad ogni costo perché è
la società che lo richiede. Ne scaturiscono da una parte
corpi gonfiati dal body building, dall’altra l’utilizzo
sistematico della chirurgia plastica per ritocchi
invasivi – spesso ciò che viene considerato bello si
trasforma in ridicolo e grottesco – che degenera in una
sindrome ossessiva.
Le
muse ideali di LaChapelle diventeranno Pamela Anderson,
Courtney Love e Amanda Lepore. Corpi dai tratti
ampiamente deformati, violati, quasi disumani.
L’ottava
serie Dream evokes Surrealism,
oltre ad essere legata all’universo della cosciente
illusione, ha molti riferimenti e citazioni letterarie:
ad esempio nell’opera Kirsten Dunst: Bell Jar
la figura in posa dentro una campana di vetro è
l’attrice Kirsten Dunst, protagonista del film Il
giardino delle vergini suicide, diretto nel 1999 da
Sofia Coppola e tratto dal romanzo di Jeffrey Eugenides.
La
nona serie Art References
presenta Birth of Venus, ispirata
alla Nascita di Venere del Botticelli. L’opera è
proposta da LaChapelle come un regale simbolo d’amore,
un sentimento puro, lontano dal materialismo, con
un’ironica conchiglia all’altezza del pube invece dei
lunghi capelli biondi utilizzati dall’artista
fiorentino. Anche lo scatto intitolato Angelina
Jolie: Lusty Spring si ispira a un’opera antica:
l’Estasi di Santa Teresa di Gian Lorenzo Bernini,
tra le opere più importanti del Barocco. La foto
raffigura il momento della transverberazione, attimo in
cui Dio prende il cuore della Santa.
Nell’opera dell’artista italiano, il volto è dolcissimo,
rivolto al cielo, gli occhi e le labbra socchiusi.
Nello
scatto di LaChapelle, il corpo raccolto e teso è celato
mentre il viso rivolto verso l’alto con la bocca aperta
e gli occhi chiusi rivela uno stato di grazia, un’estasi
che coinvolge, anche in questo caso, più l’anima e il
cuore che il corpo.
Nell’ultimo
ciclo di fotografie esposte in mostra dal titolo
Negative Currency, l’artista utilizza di
nuovo una tecnica già sperimentata agli inizi degli anni
Novanta: un proiettore all’interno della camera oscura e
alcune banconote in dollari al posto del negativo. Ne
risulta una stampa fucsia che rivela, in contemporanea,
entrambi i lati della banconota come si può vedere nella
fotografia Negative Currency:
One Hundred Dollar Bill Used as Negative
1990-2008.
Nei
suoi lavori recenti, utilizzando banconote americane e
cinesi come negativo virtuale, fa riferimento diretto al
collasso mondiale, che dal 2008 ha piegato le attività
economiche del mondo, basato sui falsi capitali e sulle
comodità apparenti. Di nuovo una lucida citazione di
Andy Warhol, ma soprattutto la volontà feroce di
percepire le cose oltre la loro apparenza.
La
mostra spiega in chiave di racconto il percorso
dell’opera di LaChapelle, che da prima dello scatto, si
trasforma in un regista che comunica ai corpi e alle
anime da immortalare il pensiero del suo lavoro.
Il suo
operare è impegnativo e faticoso, ma emotivamente
coinvolgente sia per se stesso che per i suoi modelli.
Per tutti la vanità è una forma di auto-devozione
dissociata dalla realtà e dai contesti quotidiani.
L’ironia dei suoi scatti scaturisce dall’imprevedibilità
di una composizione che, spinta all’eccesso, esalta il
vizio della vanità, intesa come vanitas, ovvero
ammonimento all'effimera condizione dell'esistenza,
quindi non fine a se stessa ma che perpetua l’operato
umano nello scorrere dei secoli.
L’evento è stato realizzato in partnership con
Robilant + Voena e Fred
Torres
Collaborations.
Eventi collaterali >
Ogni
venerdì, a partire dal 13 luglio fino al 31
agosto inclusi, Maurizio Vanni proporrà una
Visita guidata speciale con performance teatrale
in cui si racconterà il pensiero di LaChapelle
attraverso le differenti serie fotografiche prodotte nel
corso della sua carriera per percepire la coerenza, la
sensibilità, l’impertinenza e l’essenza della realtà di
un artista che può essere considerato come un sismografo
del proprio tempo.
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