Max Papeschi, milanese di
nascita, arriva alla digital-art dopo l’esperienza da
autore e regista in ambito teatrale, televisivo e
cinematografico. Come artista figurativo il suo
approccio con l’art world è stato d’immediato successo
sia di pubblico che di critica. Il suo lavoro,
caratterizzato da un approccio dichiaratamente
“politicamente scorretto”, mostra una società
globalizzata e consumista, svelandone i suoi orrori in
maniera ironicamente realistica.
Ed è proprio la graffiante
ironia, l’utilizzo del patrimonio iconografico della
nostra più immediata contemporaneità, mixato con
un’irriverente e rivelatrice rilettura storica, il fil
rouge che collega le opere in mostra, creando un
surreale per quanto terribilmente veritiero affresco
della società contemporanea.
Come scrive Igor Zanti nel
testo introduttivo della mostra:
“….non si creda, però, che
Papeschi voglia indossare le vesti di Marco Porcio
Catone, perché questo sarebbe lontano dal suo modo di
agire, dal suo modo di pensare. Non vi è, infatti, una
volontà di togliersi dal gruppo e di erigersi a giudice,
ma piuttosto il desiderio di raccontare con altro
occhio, con voce priva dei tentennamenti della
convenienza, la sua realtà, quasi fosse un terapeutico
modo per ricostruire e per comprendere appieno i perché
del presente cercando le risposte nel passato .”
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