In
Medea l'azione tragica coincide con la sua stessa rovina
poiché, mentre punisce il padre dei suoi figli, colpisce
con uguale violenza se stessa: pur riconoscendo
l'impatto del suo agire, lo persegue con determinazione
e lucida consapevolezza. Il conflitto per la prima volta
in una tragedia non è fuori, ma dentro il personaggio,
come risulta dal ruolo decisivo dei monologhi nello
sviluppo della struttura drammaturgica.
Prezzi da 29 € in platea - 24 € in prima galleria – 19 €
in seconda galleria
(sono
previste riduzioni)
Prevendite biglietti
presso la biglietteria del Teatro Duse in
Via Cartoleria, 42 a Bologna (apertura da martedì a
sabato ore 15-19), presso il Circuito VIVATICKET-CHARTA,
i punti d'ascolto delle IperCoop e il Circuito HELLO
TICKET, oltre alle prevendite abituali di Bologna e con
carta di credito
su
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Per informazioni:
051/231836 -
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Per
prenotazioni:
biglietteria@teatrodusebologna.it
Ufficio stampa Teatro Duse: Silvia Lombardi |
stampa@teatrodusebologna.it
Note di regia
C’è
una definizione precisa della tragedia in un testo di
Jean Anouilh, attraverso una immagine molto forte, che
trovo assolutamente pertinente: il coro infatti dice “La
molla è caricata. Non avrà che da scaricarsi da sola ..
nella tragedia tutto è tranquillo si dà appena una
spinta per metterla in moto, un nonnulla. Tutto qui.
Dopo non c’è che da lasciarla fare…”
Ecco,
Medea è la molla caricata: la sua diversità, il suo
essere esule in terra straniera, non più amata dall’uomo
per il quale ha lasciato la casa e gli affetti, sono
ancora oggi come allora motivi sufficienti per provocare
un corto circuito emotivo di dimensioni devastanti tali
da provocare mali terribili all’interno della famiglia e
delle istituzioni.
Medea
la barbara, Medea la sapiente - e per questo invisa ai
potenti della sua nuova città – è la scintilla che
sovverte e scuote l’istituzione familiare, la gerarchia:
attraverso un atto emotivo e non razionale mette in
discussione la pace sociale invocata da Giasone e
Creonte. Raccontare ancora una volta Medea è narrare da
un lato quanto le passioni possano essere devastanti se
non controllate, ma dall’altro come gli uomini
attraverso sofisticati ragionamenti giustifichino scelte
di comodo per il raggiungimento di una posizione sociale
più alta all’interno di una comunità.
Medea
è anche una storia tremenda che le cronache recenti
continuano a raccontarci suscitando orrore per un atto
così orribile: ancora una volta la lezione dei classici
ci fa riflettere sul nostro essere uomini di questo
tempo, con l’immutata fragilità di sempre, e ci invita
a partecipare al percorso doloroso della protagonista,
percorrendo con lei tutta la gamma delle passioni e
l’orrore per un gesto così tremendo e definitivo
La
scena di Michele Ciacciofera evoca questo mondo di
passaggio, questa transizione, delineando un cratere che
è anche una landa desolata, un vuoto che viene abitato
da Medea e che solo Giasone riuscirà a penetrare. Gli
altri personaggi si muovono intorno a questo centro, ne
raccolgono gli umori, ci raccontano le paure di Creonte
e i sentimenti della polis verso la straniera, l’esule,
colei che con la sua richiesta di pari dignità
all’interno della struttura sociale di Corinto ne
rovescia la visione destabilizzando i rapporti
consolidati.
Le
musiche di Luciano Vavolo raccolgono suggestioni antiche
ricollocandole con sensibilità contemporanea all’interno
di un allestimento che privilegia fortemente il compito
degli attori destinati a restituirci un distillato di
parole ed emozioni che avvolgono lo spettatore in una
partitura musicale serrata .
Maurizio Panici
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