Cecilia, nobile e ricca,
si recava quotidianamente ad assistere alla Messa
celebrata da papa Urbano nelle catacombe lungo l’Appia,
attesa da una moltitudine di poveri, che ne conoscevano
la generosità. Cecilia, data in sposa a Valeriano, nel
giorno delle nozze, "mentre gli organi suonavano, ella
cantava nel suo cuore soltanto per il Signore" (da
questo brano della Passio ha avuto origine il patrocinio
di Cecilia sulla musica sacra); poi, giunta la notte, la
giovane disse a Valeriano: "Nessuna mano profana può
toccarmi, perché un angelo mi protegge. Se tu mi
rispetterai, egli ti amerà, come ama me". Al contrariato
sposo non restò che accogliere il consiglio di Cecilia,
farsi istruire e battezzare da papa Urbano e poi
condividere lo stesso ideale di purezza della sposa,
ricevendo in ricompensa la stessa sorte gloriosa: la
palma del martirio, al quale per grazia divina venne
associato il fratello di Valeriano, Tiburzio. Anche se
la relazione sembra frutto di pia fantasia, i martiri
Valeriano e Tiburzio, sepolti nelle catacombe di
Pretestato, sono storicamente accertati. Dopo il
processo, riferito con dovizia di particolari
dall'autore della Passio, Cecilia, condannata alla
decapitazione, ebbe tre ponderosi fendenti dal
carnefice, senza che la sua testa cadesse recisa: aveva
domandato la grazia di rivedere papa Urbano prima di
morire. In attesa di questa visita ella continuò per tre
giorni a professare la fede. Non potendo proferire
parole, espresse con le dita il suo credo in Dio uno e
trino. E in questo atteggiamento l'ha scolpita il
Maderno nella celebre statua (foto)
Precedenti edizioni:
https://www.giuseppeverdimaddaloni.it/public/news.asp?id=77#200
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