Percorso espositivo cronologico, che parte dagli anni
Cinquanta per arrivare agli anni Novanta e documenta i
diversi modi espressivi e i numerosi interessi del pittore Mario
Lattes, la
mostra prosegue fino a sabato 12 novembre 2011, secondo
il seguente orario: da martedì a sabato 10-12,30 e
16-19,30 (altri orari su appuntamento).
Autore raffinato, capace di dare vita a immagini oniriche,
Mario Lattes ha sperimentato tecniche e linguaggi
eterogenei, con i quali ha espresso il dolore
dell'esistenza e la propria rivendicazione di libertà da
ogni pregiudizio. La sua opera racchiude momenti
d'ispirazione ora astratta ora espressionista, ora visionaria,
per approdare a suggestioni visive, senza mai essere
imprigionata in categorie o movimenti.
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Dagli oli su tela o su carta, alla
grafica, fino agli acquerelli, tempera e tecniche miste,
la produzione pittorica di Lattes si distingue anche per
i temi affrontati: le contraddizioni della vita,
il dolore e le difficoltà nella quotidianità, le memorie
e la consapevolezza della propria frammentata identità,
la ribellione alle idee preconfezionate, alla volgarità
delle mode.
Le opere esposte appartengono agli eredi
di Mario Lattes e sono custodite presso la Fondazione
Mario Lattes di Torino, istituita nel 2005.
Il catalogo della mostra include
una presentazione di Bruno Quaranta ed è
reperibile presso la Galleria del Ponte (Corso
Moncalieri, 3) e la Fondazione Bottari Lattes a Monforte
d’Alba (via Marconi, 16).
La sua scrittura e la sua pittura
raffigurano prevalentemente degli interni. Inutile
cercare di indovinare l'ora e la stagione. La luce
esterna è come inghiottita dal buco nero della
raffigurazione. È diventata un'entità neutra, diffusa ma
vagamente opaca, artificiale, senza strappi né tagli,
come negli obitori all'alba. Sciamano di sé stesso,
Lattes sa anche troppo bene che la partita si gioca lì,
nel luogo (parola che detesta) dell'assenza, della
paura, del conflitto, della non-comunicazione, della non
relazione, dell'oscurità. Una partita che non è in grado
di vincere.
Ernesto Ferrero,
presentazione mostra, Fondazione Bottari
Lattes, Monforte d'Alba, 2010 |
Il pennello di Lattes, la cui mente è di
implacabile razionalità, segue gli impulsi, le emozioni, gli
abbandoni di una irrimediabile inquietudine. Per rappresentare
questa condizione basta a Lattes non muoversi dal suo studio,
dalle atmosfere dove si consuma, con il sapore di un lento
veleno, la vita.
Vittorio
Sgarbi,
presentazione mostra, Galleria Don Chisciotte, Roma, 1988
Lattes rimane, tuttavia, un pittore isolato,
particolare. Ciò è dovuto alla formazione culturale, alle
ragioni esistenziali, alla privata etica. Tutto questo – è
positivo poterlo sottolineare – ha un riscontro fedele nel suo
lavoro. Basta una lettura attenta di queste ustioni, di questi
strappi, delle piaghe, delle pressioni, delle nere nuvole e
delle nebbie, dei bianchi evocati, delle fantasmiche
apparizioni ambigue, la struggente mestizia nelle immagini
quotidiane, il senso tragico nel ricalco dei merletti (come
brandelli di sudari ricuperati da umide sepolture), le geologie
dei reperti fossili e delle rocce, le impronte, la cenere, le
presenze allucinate di animali simbolici, le figure ieratiche
(quasi simulacri di riti oscuri di magia) dei santi, basta saper
leggere tutto questo, dico, per penetrare nel profondo segreto
di quella solitudine, di quel silenzio intimo che è il messaggio
etico di Mario Lattes.
Renzo Margonari,
presentazione mostra, Galleria Mutina, Modena, 1972
Parlando di strada percorsa, bisogna chiarire che
quella scelta da Lattes, benché abbia tutta l'aria di puntare
laggiù, nello sprofondo, nell'inferno della condizione umana,
risulta poi sempre in salita. Come dire che più l'artista si
cala nei recessi tenebrosi della coscienza e della memoria, più
ce lo sentiamo accanto su questa crosta terrestre, dove riporta
alla luce reperti di buone dimensioni e chiaramente leggibili.
In essi è ridescritta favolosamente una realtà che altrimenti,
nei suoi dati intrinseci, risulterebbe già logora.
Libero Bigiaretti,
presentazione mostra, Galleria Don Chisciotte, Roma, 1965
La sua immaginazione non si distacca dalle cose,
cioè dall'ordine delle cose come stanno dentro una certa
relazione dello spazio e del tempo immaginativi, né si distacca
dal significato ammonitorio degli avvenimenti, giacché la storia
avverte che continuano a essere cadenza obbligata
dell'esperienza dell'uomo; ma l'attività del pittore è poi del
tutto libera quando ripropone l'esistenza degli oggetti e degli
avvenimenti e li fa veri, di nuovo e in assoluto, nelle misure
e nelle forme di una lenta volenterosa riconquista.
Luigi Carluccio,
presentazione mostra, Galleria Galatea, Torino, 1960
Mario Lattes
Mario Lattes
(Torino 1923-2001), pittore, scrittore ed editore, ha compiuto
le prime esperienze nei campi dell’arte e della cultura nel
capoluogo piemontese.
La sua pittura, dopo un iniziale periodo informale, è sempre
stata figurativa, con valenze visionarie e fantastiche, tale da
evocare illustri discendenze, da Gustave Moreau a Odilon Redon a
James Ensor. La pittura, le incisioni e i romanzi sono legati
da un forte filo di comunanza, talvolta anche nella scelta di
soggetti identici, trasfigurati dalla diversità dei mezzi
espressivi.
Ebreo laico, uomo solitario e complesso, la sua arte risente
delle vicende e della psicologia di questo popolo: umorismo
amaro e sarcastico, pessimismo e lontananza. Torino, però, è
sempre stata la sua unica e vera città.
Dopo la seconda Guerra mondiale si dedica alla casa editrice
torinese Lattes, fondata nel 1893 dal nonno Simone.
Del 1947 è la sua prima mostra alla galleria La Bussola di
Torino, a testimonianza delle maturate esperienze artistiche.
Negli anni Cinquanta allestisce personali a Torino, Roma, Milano
e Firenze e partecipa con successo a due edizioni della Biennale
di Venezia. Segue una regolare attività espositiva in tutta
Italia.
Nel 1953 fonda la rivista Galleria che dall'anno
seguente, con il titolo Questioni, diventa voce influente
del mondo culturale piemontese e non solo. Vi partecipano
intellettuali italiani e stranieri come Nicola Abbagnano, Albino
Galvano e Theodor Adorno.
Tra il 1959 e il 1985 pubblica diversi di romanzi, tra cui:
La stanza dei giochi (Editrice Ceschina, 1959), Il
borghese di ventura (Einaudi, 1975), L'incendio del Regio
(Einaudi, 1976), L'amore è niente (Editore La Rosa,
1985).
Introduzione di Caterina Bottari Lattes al catalogo della
mostra:
A MARIO MIO MAESTRO DI VITA
Se l’eco di quello che avviene
nell’universo
mondo arriva a bucare il buio del
nulla, sai
già che continuo a seguire la
strada che mi hai
indicato.
Questa mostra nella tua città,
odiata e amata,
prigione e libertà, per ricordare,
come credo
ti sarebbe piaciuto, il decimo
compleanno
della tua morte
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Info:
Fondazione Bottari Lattes
www.fondazionebottarilattes.it
0173.789282; 333.8685149 –
segreteria@fondazionebottarilattes.it
Galleria del Ponte
www.galleriadelponte.it
Tel 011 8193233
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