Paura e
disgusto accolsero le opere degli artisti passati, perché
l’opera d’arte irrompe sempre attraverso la realtà indebolita
come una minaccia. La nuova realtà, le nuove opere come una
nuova coscienza esplodono finché non raggiungono il punto in cui
si consolidano. L'ultimo stadio è la memoria, il museo,
l'istituzione, importante se vogliamo che la cultura sia
coerente e significativa.
Ma questa è
una visione, come detto troppo romantica e idealizzata, perché
le cose, in realtà, vanno in un altro modo. Nella multicultura
di massa l'opera d'arte nuova viene sommersa dal caos della
cultura popolare e dei media. Globalizzato dalle comunicazioni
istantanee, il mondo dell'arte, da New York a Parigi, a Tokyo,
ad Amsterdam,a Pechino è costantemente in contatto con ciò che
succede. Non vi è quindi nessuno sconvolgimento. Nel sistema
nervoso mondiale l'arte lavora e produce i migliori effetti in
piccole dosi. In ogni caso, oggi l'arte è la controforza che può
bilanciare i mutamenti e gli effetti destabilizzanti delle
nuove tecnologie sulla cultura. L'arte è il lato metaforico
della tecnologia.
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Nel
contesto attuale dobbiamo affidarci all'arte e alla
cultura popolare per salvarci un po' dall’estensione
tecnologica che ha accesso nelle nostre vite, ma non è
mai abbastanza integrata al nostro corpo e alla nostra
mente. L'arte non sempre riesce a ripristinare
l'equilibrio perduto, ma può dare forma e significato
alla cultura destabilizzata. Per esempio, il Futurismo
italiano e il Modernismo nella scultura hanno
accompagnato e sostenuto le inclinazioni della
rivoluzione industriale che destabilizzò i ritmi lenti
della cultura contadina. L'arte di Marinetti, Boccioni,
Léger e altri, tentò di imporre aggressivamente nuovi
valori, ma è dovuta procedere per gradi fino a
consolidarsi nell’ultimo stadio.
La
questione dell'accelerazione è suprema. In una cultura
stabile, in cui la svolta tecnologica è lenta, in genere
è lo Stato che sostiene e controlla la cultura. Nella
nostra epoca le rivoluzioni tecnologiche avvengono
troppo rapidamente per poter arrivare a uno stadio
maturo. Quando l'innovazione tecnologica accelera, le
forze di mercato prendono il sopravvento. Il compito
dell'armonizzazione collettiva e dell'educazione
psicosensoriale viene allora demandato alla cultura. E'
tempo anche di grandi aspettative per una migliore
comprensione delle complessità di un mondo
improvvisamente troppo grande per gli individui e troppo
piccolo per le collettività. Stiamo cercando una
percezione più ampia di noi stessi, commisurata alla
distanza mondiale. E abbiamo bisogno quindi di nuove e
più adeguate metafore mondiali per cominciare a
riconoscere il nostro pianeta, non solo come la nostra
casa, ma come il nostro vero e proprio corpo.
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In queste
condizioni, è all'arte, come al tempo del Rinascimento, che è
ritornato il compito esaltante e ingrato di spiegare l'uomo
all'uomo, trasformato da cima a fondo dalle proprie invenzioni.
Siamo consapevoli che un nuovo Rinascimento, non più destinato,
come il primo, a installare in noi le strutture fondamentali
della psicologia occidentale, ma a dotarci di una psicologia
globale debba includere il mondo intero nella nostra forza
interiore, anziché escluderlo, come avveniva in passato. L’arte
lo ha capito e sta lavorando su un pensiero più globale: una
forma nuova di ‘rinascimento’ pubblico molto interessante.
Dal 2 al 13
maggio alla Galleria RossoCinabro in una collettiva dal titolo
‘Rinascimento contemporaneo’ saranno esposte le opere di: Sarah
Arensi, Monica Curzi, Pasqualino Festa, Silvio Gorelli, Sergio
Gianluca Notti, Daniela Rebecchi, Antonella Serratore, Martina
Tapinassi, Giuseppe Teobaldelli, Eleonora Vetromile, Daniela
Zocca
A cura di
Cristina Madini
RossoCinabro
Via Raffaele
Cadorna, 28
00187 Roma
tel
06 60658125
www.rossocinabro.com
2 - 13 maggio
2011
ingresso
libero
apertura: da
lunedì a venerdì 10:30 – 19:30
incontro con
gli artisti sabato 7 maggio ore 17:00
l’immagine
guida: ‘Crash window!’ olio su tela 130x90, anno 2005 di
Giuseppe Teobaldelli
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