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MOSTRA GIUSEPPE
MAZZINI E LA MUSICA - Roma
Mostra
promossa dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Unità Tecnica di
Missione e da Roma Capitale Assessorato alle Politiche Culturali e
Centro Storico - Sovraintendenza ai Beni Culturali.
Mostra a cura di Giuseppe Monsagrati, Paolo Peluffo , Stefano Ragni,
Anna Villari
Comitato scientifico: Pietro Finelli, Giulia Gorgone, Giuseppe
Monsagrati, Paolo Peluffo, Raffaella Ponte, Stefano Ragni, Lauro Rossi,
Maria Elisa Tittoni e Anna Villari
In mostra un racconto figurato sul rapporto di Giuseppe Mazzini con la
musica. Esposta anche una delle tre amate chitarre del "Padre della
Repubblica", insieme a documenti originali, oggetti personali dalla
Domus Mazziniana di Pisa e dall'Istituto Mazziniano di Genova. A
testimoniare una passione personale piegata anche a fini politici.
"Giuseppe Mazzini e la musica", allestita dal 31 marzo al 29 maggio al
Museo Napoleonico di Roma a cura di Pietro Finelli, Giuseppe Monsagrati,
Paolo Peluffo, Raffaella Ponte, Stefano Ragni e Anna Villari.
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L'esposizione, promossa dalla Presidenza del
Consiglio dei Ministri - Unità Tecnica di Missione e da Roma
Capitale Assessorato alle Politiche Culturali e Centro Storico -
Sovraintendenza ai Beni Culturali, celebra il valore sociale e
rivoluzionario della musica in epoca risorgimentale e descrive
il rapporto che Giuseppe Mazzini instaurò con la musica stessa,
approfondendone i risvolti sia dal punto di vista teorico e
filosofico sia da quello più intimo e personale. E' del resto
ben noto come Mazzini sia stato amico di molti artisti, da Mario
Candia, la cui casa parigina venne utilizzata come base per
incontri e cospirazioni patriottiche, a Giulia Grisi, Antonio
Ghislanzoni Agostino Ruffini.
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Testimonianze originali, oggetti personali e documenti
provenienti, tra gli altri, dalla Domus Mazziniana di Pisa e
dall'Istituto Mazziniano di Genova sono accompagnati in mostra da
pannelli e immagini. Tra le testimonianze originali, il testo de La
Filosofia della musica, pubblicato nel 1836, il manoscritto con lo
spartito musicale autografo, il Canto delle mandriane bernesi che
riproduce un canto popolare svizzero ascoltato nel 1836 durante l'esilio
svizzero a Grenchen, e alcuni degli spartiti della collana di spartiti
musicali patriottici patrocinata dallo stesso Mazzini negli anni
Sessanta del secolo.
In mostra il visitatore viene accompagnato lungo un viaggio ideale alla
scoperta del progetto mazziniano di una musica sociale e
"rivoluzionaria", che si inquadra in un più ampio contesto di uso
"emozionale" della musica (e in particolare del melodramma) in politica.
L'esposizione si articola a più livelli tematici: il primo si sofferma
sulla passione personale di Mazzini in campo musicale e, oltre ai
pannelli che riportano stralci di lettere che rivelano i suoi gusti e le
sue passioni, presenta al visitatore la chitarra, risalente alla prima
metà del XIX secolo e appartenuta, sulla base della documentazione
disponibile (una lettera di Filippo Bettini a Jannet Nathan), alla madre
di Mazzini, poi a Mazzini stesso e da questi donata, nel 1866, a Jannet
Nathan. |
Un ulteriore approfondimento è riservato a La
Filosofia della musica, la più compiuta riflessione mazziniana
sul tema, comparsa inizialmente a puntate su "L'Italiano",
rivista promossa da Mazzini e da altri esuli di orientamento
democratico a Parigi. Questa riflessione si inserisce
all'interno di un più ampio dibattito sulla natura, le forme e
la funzione del melodramma in epoca risorgimentale e il cui
testo venne notevolmente influenzato dall'ambiente culturale
francese "repubblicano-romantico-lamennaisiano" e dalle opere di
George Sand e Frederich Liszt. La musica come chiave d'accesso
alla natura autentica di un popolo, dunque, una riflessione che
porta Mazzini a incitare i
«giovani artisti» affinché si innalzino «collo
studi de' canti nazionali delle storie patrie». Ancora
una riflessione è dedicata alla triade Rossini, Donizetti e
Mayerbeer, triade che lo stesso Mazzini poneva al vertice della
produzione musicale romantica al momento della stesura della
Filosofia, e anche in seguito.
Infine l'incontro di Mazzini con Giuseppe Verdi, momento di
altissimo valore simbolico. E' noto come tra l'estate e
l'autunno del 1848, Mazzini abbia inviato a Verdi, che si
trovava a Parigi, un Inno scritto da Goffredo Mameli; Verdi mise
in musica il testo e così l'autore del futuro Inno nazionale, il
Profeta dell'Unità d'Italia e il più grande musicista italiano
del Risorgimento (e non solo) si trovarono accomunati in un
unico testo. In mostra l'edizione originale dell'Inno del 1848 e
quella del 1865.
Al termine del percorso una sezione - vista la scelta come sede
espositiva della mostra di un luogo carico di storia come il
Museo Napoleonico di Roma - è dedicata al rapporto tra Mazzini e
i Bonaparte. Una decina di ritratti, tra litografie e incisioni,
presentano alcuni personaggi, anche femminili, della famiglia
Bonaparte che entrarono in contatto con Mazzini e che furono
coinvolti a vario titolo nel processo risorgimentale.
Da sottolineare ancora la presentazione in mostra del ritratto
di Mazzini di Emile Ahurst, patrimonio dell'Istituto mazziniano
di Genova qui esposto dopo il restauro commissionato per
l'occasione. L'opera riveste una duplice importanza: per la
qualità del ritratto, pienamente godibile grazie al restauro, e
perché a dipingerlo e è stata una donna, Emile Ashurst, figlia
di un intellettuale radicale, cara a Mazzini negli anni
londinesi.
Informazioni per il pubblico:
www.comune.roma.it/museonapoleonico
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