IL SIMBOLISMO IN
ITALIA - Padova
Padova 1 Ottobre 2011 / 12 Febbraio 2012. Federico
Bano annuncia "Il Simbolismo in Italia". L'appuntamento, per molti versi
imperdibile, è dal primo ottobre di quest'anno al dodici febbraio del
2012, a Padova, in Palazzo Zabarella.
A realizzare questa nuova impresa la Fondazione Bano, qui ancora una
volta insieme alla Fondazione Antonveneta, ha chiamato Fernando Mazzocca
e Carlo Sisi con Maria Vittoria Marini Clarelli, direttore della
Galleria Nazionale d'Arte Moderna di Roma.
Il tema e l'ambito sono ben noti: a cavallo tra Otto e Novecento,
l'inconscio irrompe nell'arte e nulla sarà più come prima. E' la
scoperta di un mondo "altro", affascinante, intrigante, di una nuova
lente che vira la percezione di ogni realtà, si tratti di un paesaggio
fisico e di un moto dell'anima.
E' la storia di un movimento che si estende velocemente su scala europea
ma che qui viene compitamente - ed è la prima volta - indagato nella sua
fondamentale vicenda italiana. Non senza proporre confronti oltre
confine e in particolare con l'ambito austriaco del Simbolismo: valgano
tra tutti la Giuditta - Salomè, di Gustav Klimt o Il Peccato, celebre
capolavoro di Franz von Stuck: due opere che valgono da sole la visita
alla mostra. |
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Ma se i raffronti internazionali sono di assoluta qualità, ciò
che di italiano offrono le otto sezioni di questa mostra, non è
certo da meno.
Sono opere che, nel loro insieme, ricostruiscono quel dibattito
sulla missione dell'arte che infuocò quegli anni di decisive
mutazioni sociali. Opere che evocano ciò che aleggiava negli
ambienti letterari e filosofici di Gabriele D'Annunzio o di
Angelo Conti o nei cenacoli musicali devoti a Wagner, mentre le
Esposizioni portavano in Italia i fermenti dei movimenti
europei.
Proprio con una esposizione, la Triennale di Brera del 1891, si
apre l'itinerario della mostra che presenta affiancate Le due
madri di Giovanni Segantini e Maternità di Gaetano Previati,
quadri che segnano la sintesi fra divisionismo e contenuti
simbolici. Segue una sezione dedicata ai 'protagonisti': gli
artisti italiani e stranieri che parteciparono direttamente a
quell'avventura poetica cresciuta intorno al Manifesto del 1886
di Jean Moréas e all' "arte di pensiero" foriera della poetica
degli stati d'animo.
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"Un paesaggio è uno stato dell'anima" scriveva
Henry-Frédéric Amiel e a questo principio è ispirata la
sezione che, trattando del sentimento panico della
natura, espone opere dove prevalgono, nella
rappresentazione del paesaggio, la nebbia, i bagliori
notturni, la variabilità atmosferica, le situazioni
insomma più facilmente collegabili ai turbamenti
psicologici. A prefazione di questo tema l' Isola dei
morti di Böcklin nella raffinata ed inedita versione di
Otto Vermehren, affiancata dai dipinti di Vittore
Grubicy, di Pellizza da Volpedo, di Plinio Nomellini.
Il mistero della vita è il soggetto della successiva
sezione. Qui troviamo la rappresentazione di azioni
quotidiane: la processione, le gioie materne, il
viatico, la partenza mattutina. Emblemi di quell'
"artista veggente" che aveva il compito, secondo le
teorie simboliste, di decifrare il mondo dei fenomeni e
di cogliere le affinità latenti e misteriose esistenti
tra l'uomo e la realtà circostante. Alle soglie del
Novecento, Angelo Conti affermava che la natura, anche
nelle sue calme apparenze, era "tutta uno spasimo, una
frenesia di rivelarsi ed esprimere, per mezzo dell'uomo
il segreto della sua vita": un segreto che spesso era
demandato a rappresentazioni dense di rimandi letterari,
di evocazioni mitologiche cariche di sensualità, in cui
l'artista esibiva la capacità di trasformarne quei
contenuti in immaginazioni rare e coinvolgenti, come nei
dipinti di Pellizza da Volpedo, Morbelli e Casorati.
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L'ispirazione preraffaellita domina la pittura di Giulio
Aristide Sartorio, Adolfo De Carolis realizza le aspirazioni
figurative di D'Annunzio, Galileo Chini intesse sontuose e
iridescenti allegorie, Leonardo Bistolfi interroga la Sfinge,
Gaetano Previati riscopre nella storia il dramma di Cleopatra:
le sezioni che illustrano il mito e l'allegoria propongono i
capolavori di questi artisti mettendone in evidenza la portata
internazionale attraverso il confronto - clamoroso per
importanza e qualità - con le opere di Gustav Klimt e di Franz
von Stuck.
E' nella sezione dedicata al 'bianco e nero', cioè alla nutrita
produzione grafica degli anni fra Otto e Novecento, che meglio
si comprende il dialogo degli italiani con la cultura figurativa
mitteleuropea, impegnata ad indagare i più riposti sentimenti
dell'uomo, i suoi fantasmi interiori. Spiccano in questa i fogli
di Gaetano Previati, di Alberto Martini, di Romolo Romani, di
Giovanni Costetti, di Umberto Boccioni, del giovane Ottone
Rosai, che variano dall'allegorico, al fiabesco, al fantastico,
all'orrido, confermando l'idea allora ricorrente che solo
attraverso il disegno si riuscisse a preservare la spiritualità
della visione dalle scorie della quotidiana esperienza.
Il percorso della mostra si conclude nella 'Sala del Sogno', che
alla Biennale di Venezia del 1907 aveva consacrato le istanze e
le realizzazioni della generazione simbolista creando una vera e
propria scenografia affidata all'ingegno decorativo di Galileo
Chini e agli artisti che, con la loro militanza, avevano
contribuito ad alimentare le poetiche del 'piacere' e
dell'inquietudine, della bellezza e del mito, della spiritualità
e degli stati d'animo, sostenendole con tenacia fino alle soglie
della rivoluzione futurista cui introducono due capolavori
ancora simbolisti di Umberto Boccioni come Il sogno (Paolo e
Francesca) e La madre che cuce.
Informazioni e prenotazioni: tel. 049.8753100
info@palazzozabarella.it
www.palazzozabarella.it
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