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MOSTRA TINO STEFANONI - Moresco (FM)

>    SEDE: TOMAV-TORRE DI MORESCO CENTRO ARTI VISIVE-COMUNE DI MORESCO

> (FM)

>    MOSTRA: PERSONALE

>    ARTISTA: TINO STEFANONI

>    TITOLO: "SUBLIMAZIONE"

>    TESTI: ANTONELLA MICALETTI

>    PROGETTO A CURA: ANDREA GIUSTI

>    PERIODO: 6 AGOSTO - 11 SETTEMBRE 2011

>    INAUGURAZIONE: SABATO 6 AGOSTO 2011 ORE 18.30

>    ORARIO DI VISITA: DA MARTEDI A DOMENICA  17.00-20.30

>    INFO: TEL. 0734/259983 - 380/6581680 ; WWW.COMUNE.MORESCO.FM.IT -

>TOMAV@LIBERO.IT

>  

>   

>    Il TOMAV-Torre di Moresco centro arti visive, istituzione comunale

>affidata alla direzione di Andrea Giusti, presenta come even-

>    to inaugurale della stagione espositiva 2011/2012 la personale

>dell'artista Tino Stefanoni.

>    L'artista lecchese classe 1937, gia' presente nel 1970 alla 35

> Biennale

di

>Venezia Padiglione Sperimentale e nuovamente invita-

>    to su segnalazione di Ermanno Olmi -nel 2011 al Padiglione Italia

>curato da Vittorio Sgarbi, presenta negli spazi del Tomav una

>    serie di lavori recenti - circa una ventina tra tele,carte,sculture

>- esemplari per rigore e coerenza.

>    L'evento e' patrocinato dal Comune di Moresco e dalla Provincia di Fermo.

>    L'inaugurazione si terra' sabato 6 agosto 2011 alle ore 18.30 alla

>presenza dell'artista.

>    orari di visita: da martedi a domenica 17.00 - 20.30.

>Testo critico

>Sublimazione

>E’ proprio Tino Stefanoni a dire: “Vorrei che i miei quadri fermassero

>il tempo per poter riflettere, così come un fotogramma ferma il tempo

>di un

film”

>*.

>Guardare la realtà che ci circonda come si guarda un film, riuscendo

>anche a sedersi e mandare avanti e indietro le immagini per analizzare,

>capire,

vedere

>e non solo guardare è una necessità che tutti prima o poi abbiamo sentito.

>Poter lasciare che le emozioni  e i ricordi evaporino dalle immagini

>per guardare le cose come forme, gli oggetti come immagini, le emozioni

>come

dati

>percettivi non soggettivi ma propri di una poesia nascosta in tutte le

>cose,

di

>un lirismo che “non è un’immagine nostalgica ma un’immagine necessaria

>alla fisiologia della mente”: questa è una diversa prospettiva da cui

>guardare la realtà, suggerita dal lavoro di Tino Stefanoni.

>Due proposte di riflessione, come davanti ai fotogrammi di un film.

>1. Su una tela bianca montata su telaio di cm 36 per 100 compare una

>casa semplicissima ed un albero ridotto a poche linee, molto simili a 

>come

ognuno

>di noi sarebbe in grado di disegnare una casa ed un albero, perché così

>ha imparato da bambino; lo spazio è costruito soltanto dividendo in due

>la superficie, segnando una linea di orizzonte che non lascia percepire

>due o

più

>piani  di profondità, ma solo quello della tela, sottolineando così che

>lo spazio rappresentato coincide con quello della pittura.

>Perché l’artista decide di non perseguire un risultato imitativo?

>Perché

offre

>l’ illusione di riferimento al reale se poi sottolinea la natura

>autonoma

dell’

>opera?

>I colori sono in questo senso significativi: esasperati nelle tonalità,

>sono molto più simili a quelli dei fumetti o di un prodotto

>pubblicitario che di

un

>quadro, non solo per la scelta dell’acrilico e per il ricorso a

>contorni neri

e

>decisi,  ma anche per la mancanza di un titolo referenziale: Senza

>titolo,

sono

>anche tutti gli altri suoi lavori. La domanda è: si tratta di

>un’immagine

che

>semplifica – ab/strae – il dato fenomenico o ne inventa uno ex novo? Cioè: 

se

>l’opera, pur sembrando figurativa, non lo è, è allora astratta o aniconica?

>Saranno state queste riflessioni insite nell’opera di Stefanoni che

>hanno

fatto

>dire ad Emilio Villa:”Bene, ho capito, la tua non è pittura”.

>2. In un’opera con lo stesso soggetto, ma priva di colore, la forma di

>una casa molto elementare è tracciata con un contorno nero e così pure

>un albero altrettanto semplice; lo spazio è definito solo da una

>traccia d’orizzonte

che

>segna la linea di terra. Il segno risulta evidente ma non netto e

>questo perché, ad un’osservazione più attenta, risulta che si tratta di

>un disegno realizzato con la tecnica dello spolvero*, come se il

>soggetto fosse stato ricalcato e non copiato. Perché l’artista opera

>sulla percezione dello spettatore questo spostamento importante?Dalla

>realtà l’attenzione è posta sulla sua sinopia, della “cosalità”* di ciò

>che ci circonda l’opera ci

propone

>l’idea. Dice Stefanoni: “Amo l’arte quando è lucida come un atto

>notarile e

la

>sua poesia è nascosta”. Ma ancor più è significativa la parola di un

>grande poeta, Valerio Magrelli, che scrive: “Preferisco venire dal

>silenzio / per parlare. Preparare la parola / con cura perché arrivi

>alla sua sponda / scivolando sommessa come una barca / mentre la scia

>del pensiero / ne

disegna

>la curva./ La scrittura è una morte serena:/ il mondo diventa luminoso

>si allarga e brucia per sempre in un angolo”.*

>L’arte è il limite su cui l’artista sublima (in chimica:depurare una

sostanza

>solida trasformandola in stato aeriforme) l’oggetto in immagine.

>L’opera nasconde la realtà, le sottrae oggettività, così come fa la

>parola

attraverso

>il poeta. Il processo alchemico dell’arte mette in relazione la natura

>fisiologica e quella emotiva della percezione, tenendola sempre vigile

>sul

filo

>della interrogazione, lontana da soggettivismi e scivolate mimetiche.

>Incanto e ironia, lucidità e lirismo aprono le opere di Stefanoni ad un

>continuo esercizio di sublimazione perché “il cervello è il cuore delle

>immagini”*.   

 

 

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