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MOSTRA GIO PONTI - Milano

Milano, Palazzo Pirelli
5 maggio - 31 luglio 2011

Il Palazzo Pirelli ospita una mostra del suo ideatore e creatore.
Dal 5 maggio al 31 luglio 2011, nel cinquantenario del Palazzo Pirelli, la sede della Regione Lombardia accoglie una raffinata esposizione di creazioni di Gio Ponti, l'architetto che progettò il grattacielo Pirelli.

Non si tratterà di una mostra dedicata alla figura di Gio Ponti architetto ma a Gio Ponti designer e, ancora più specificamente alla produzione di ceramiche da lui ideata per la manifattura Richard-Ginori tra il 1923 e il 1930.

La mostra, promossa dalla Regione Lombardia e prodotta da Anonima Talenti è curata da Dario Matteoni con il coordinamento artistico di Piero Addis e tecnico di Sandra Revello.

 

Gio Ponti (1891 - 1979) assume nel 1923 la direzione artistica della Manifattura Richard-Ginori e stabilisce il suo ufficio nello stabilimento milanese di S. Cristoforo. La prima occasione pubblica di esporre le prime opere prodotte (ceramiche e maioliche) si presenta già nel 1923 con la prima Mostra Internazionale di Arti Decorative di Monza.

La modernità della produzione presentata a Monza nel 1923 trova un primo riscontro nella critica di Carlo Carrà che vede nel "giovine architetto Giovanni Ponti, un neoclassico di Milano, profondamente sincero nelle sue ricerche stilistiche e, quello che più conta, riccamente dotato di qualità inventive."

 

Successivamente Ponti presenterà le sue ceramiche per la Richard Ginori alla "Exposition Internationale des Arts Décoratifs et Industriels Modernes" a Parigi nel 1925, vincendo il "Gran Prix" dell'esposizione.

Repertori e forme traggono la loro ispirazione dall'antichità classica, ma il percorso culturale di Ponti lo porta a incrociare nella sua ricerca di classicismo anche riferimenti oltre l'antico: la prospettiva rinascimentale, la teatralità e il gusto antiquario di derivazione palladiana, l'eleganza neoclassica.

Le serie ceramiche pontiane per Richard-Ginori elaborano uno scatto in avanti del substrato classico della cultura figurativa italiana verso una nuova modernità. Da una parte c'è una classicità lontana che copre l'aspetto tipologico dell'oggetto, dall'altra c'è una classicità che riguarda invece l'aspetto materico e decorativo dell'oggetto. Il ricorso alla citazione, sia questa la memoria archeologica o cinquecentesca, è tale da sgombrare il campo da ogni possibile inflessione verista.
Vasi ornamentali, grandi ciste, urne, piatti mostrano nella produzione immaginata da Ponti figure isolate che si contrappongono a fondi di natura geometrica, o tali da evocare scene cittadine e vedute urbane.

Tutto è ricondotto ad una dimensione quasi metafisica: ogni oggetto appare come una messa in scena in miniatura che suggerisce una modernità sospesa, come sospesi sono i personaggi di questa commedia.


E ancora in questo universo sfilano donne tornite sospese su architetture classiche, avvolte da sbuffi di nuvole, animali in corsa, clown e pierrot, barche che veleggiano su mari agitati da sinuose onde: matrici figurative diverse si intrecciano nella produzione disegnativa di Ponti che guarda con attenzione anche alle esperienze contemporanee con esiti riconducili alla metafisica, al Novecento, al futurismo: e si aggiunge fin dagli esordi una sottile vena di ironia. E' in tale ironico distacco che possiamo ritrovare il segno della modernità. Nella produzione di Ponti ai pezzi di grande raffinatezza, come le ciste di ispirazione archeologica - opere uniche - si affiancano anche oggetti per il mercato corrente, nell'intento di immettere sul mercato modelli nuovi per oggetti d'uso comune, segnati pur sempre da un'alta qualità artistica.

Alla Biennale di Monza del 1927 Ponti presenta, a fianco dei prodotti usciti dalla Richard-Ginori, due nuove iniziative: la realizzazione di mobili e di oggetti del gruppo Il Labirinto e la linea di arredi Domus Nova, commercializzata attraverso i Grandi Magazzini La Rinascente. La prima, nel lusso del disegno e dei materiali, ha una destinazione ancora elitaria, la seconda è una produzione rivolta alla famiglia media.

Questa diversa produzione di mobili e oggetti è accomunata da una figurazione semplificata elegante e equilibrata: si tratta di un classicismo che possiamo ricondurre ad una scelta etica prima ancora che estetica.

Nella mostra, un primo filo conduttore individuato dai curatori è quello della iconografia declinata da Ponti nei suoi decori. Attraverso alcune delle serie più note come La conversazione classica, Le mie donne, La venatoria, presentate con i pezzi più significativi, si ripercorre un repertorio figurativo unico nella sua carica innovativa, seppure costruito in un sapiente confronto e dialogo con l'antico e la classicità, repertorio che ha concorso alla definizione di un sofisticato gusto rivolto ad una borghesia intellettuale e moderna.

Il confronto con l'antico è un secondo filo di lettura della mostra, a partire dalle forme che traggono fonte d'ispirazione dal mondo greco, etrusco, romano: oggetto emblematico di questo filone è la grande cista dedicata al critico d'arte e giornalista Ugo Ojetti.
Qui Le figure dell'architetto, del filosofo, dell'edile animano uno spazio immobile, forse una possibile città ideale. E ancora urne e vasi accolgono decorazioni che manifestano con evidenza il ricorso alla citazione archeologica.

La sequenza delle coppe, da I funérailles di Thais, al Circo Alato,
Velesca offrono poi l'opportunità di seguire nella serialità delle forme e nella variazione dei decori le curiosità di Ponti verso le contemporanee esperienze figurative.

Il rapporto di Gio Ponti con la manifattura Richard-Ginori sgombra il campo da tutti i luoghi comuni sulle priorità nella formazione di un architetto, secondo le quali l'architettura si configurerebbe come arte maggiore e il design come arte minore, di risulta. Non di minore interesse è la presenza di alcuni decori che fanno riferimento all'architettura, tratti da un vasto repertorio di ispirazione palladiana, ma anche connessi alle coeve esperienze che Ponti avviava nella sua prima attività professionale, in primo luogo con la casa di Via Randaccio. E' questo un altro dei fili conduttori che la mostra intende indagare, anche attraverso il confronto con alcuni disegni preparatori per la sua produzione, veri e propri studi di architetture: quelle architetture che impaginano i personaggi di questa grande commedia, sospesi in uno spazio dalla rigorosa costruzione classica.

GIO PONTI. Il fascino della ceramica.
Milano, Palazzo Pirelli, Via Fabio Filzi, 22.
5 maggio - 31 luglio 2011
Ingresso gratuito
Orari: dal martedì al venerdì 15.00 - 19.00 ultimo ingresso 18.30
Per gruppi, su prenotazione anche la mattina. Sabato e domenica 10.00 - 19.00 ultimo ingresso 18.30. Lunedì chiuso

Per informazioni tel. 0541 787681

 

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