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MOSTRA: VINCOLATA LIBERTA' - Carrara

Vincolata Libertà

Mirko

Della Bona a cura di Sara Bastianini

19C Spazio Arte

Inaugurazione Sabato 30 Aprile

ore 18.00

Da sabato 30 aprile Orari: mer h. 10.00/ 18.00

a domenica 15 maggio 2011 gio-ven-sab-dom h. 16.00/ 21.00

Via Vezzala 19C, 54033

Carrara (MS)

 

Il 19C Spazio Arte accoglie la prima riassuntiva personale di Mirko

Della Bona (Massa, 1975) giovane scultore emergente.

L’esposizione, dal titolo ‘Vincolata Libertà’ a cura di Sara Bastianini,

comprende lo svilupparsi tematico dell’insufficiente condizione umana

rivelata attraverso quattro sculture in legno ed una in marmo bianco.

Quella di Della Bona è una maniera nuova di affrontare e lavorare la

materia, il legno: addizione di tante piccole unità sole, che se

accorpate, ne fanno una unica, grande, indistruttibile.

 

La tipologia della lavorazione, tramite l’aggiungere di pezzi di legno,

sinonimo del formarsi delle persone come individui alla ricerca di loro

stessi, di una propria identità ed immagine, si sviluppa inizialmente

con il taglio di questi. Successivamente comincia la danza del togliere

e dell’aggiungere materiale, similmente ad un collage; talvolta

compattato tramite colla vinilica ed acrilico, talvolta con elementi

avvitanti. La modellazione della forma, infine, si potenzia mediante

abrasione a mano, per mezzo di mazzuolo, ed in prevalenza dischi/carte

abrasive.

 

CENNI BIOGRAFICI

Mirko Della Bona, nasce a Massa nel 1975, frequenta gli studi accademici

nella città di Carrara terminando nell’anno 2004.

Cresce stilisticamente e concettualmente lavorando nel proprio

laboratorio di Carrara.

Partecipa ad alcune collettive, tra cui Castel San Niccolò Arezzo nel

2002, Fiera di Marina di Carrara ‘Giorni d'Arte’ nel 2010 e in ultimo

nel 2010/2011 alla Galleria La Virgola di Castiglioncello.

Vive e lavora tra Massa e Carrara.

CONSAPEVOLEZZA - VOLONTA' – IMPOTENZA

a cura di Sara Bastianini

Tematiche complesse quelle trattate da Della Bona, figure le sue,

modellate e modulate per addizione di molteplici elementi che ne

costituiscono la completezza.

In Attesa 1, le due figure ingabbiate sono bloccate e rinchiuse dalle

proprie costrizioni, dalla vita stessa, intente in essa ed in attesa

dell'inevitabile, la morte.

Uomo che si rivela marionetta, involucro vuoto, automa; la disarmante

consapevolezza del senso dell'uomo esistente soltanto come società, in

caso contrario la sua non risultanza, ne sancisce l'inesistenza, la nonpresenza,

nonostante per definizione, l'una sia imprescindibile

all'altra.

Uomo libero di uscire e svincolarsi da qualsiasi realtà per sentirsi

reale entità, indipendente, autonomo, ma incapace di farlo, come se

perdente in partenza dell’identità di se stesso. In Attesa 2 è tangibile

questo profilo mediante la testa dell’uomo che oscilla, ma che in

realtà, rimane dentro la gabbia.

La volontà viene dunque spazzata via dalla presente consapevolezza

dell'impossibilità.

Incapace l’uomo nel riuscire a spogliarsi di quella veste inevitabile,

per poter trionfare nell’appropriazione del mondo e della propria vita;

di conseguenza la figurazione di un uomo-rinuncia. Nella scultura Uomo-

Rifiuto, infatti, siamo spettatori e protagonisti di un’essere scarno,

mendicante, derelitto all’interno di un bidone di lordura caduto al

suolo.

Sconfinare dal tutto. Da tutto ciò che sino ad adesso è stato. Superare.

Sorpassare. Valicare il confine e rendersi conto che, oltre quella

barriera creata, non si è capaci di sopravvivere.

Questa gabbia, talvolta in legno, talvolta in marmo, rappresenta l'uomo

costretto nel “meccanismo che imprigiona”, sistema da esso stesso

generato, da cui viene catturato e fatto prigioniero anche a vita.

Della Bona collegandosi al Teatro dell'Assurdo ci propone un uomo al di

là di qualsiasi connotazione politica, sociale e storica, la

tragicommedia dell'essere umano costituita intorno alla Condizione

dell'Attesa, il destino, la morte, la fortuna. Il Godot beckettiano è

l'idea di attesa, è l'attesa stessa, la sintesi di tutte le attese e,

allo stesso modo, come in finale di partita, è il pezzo del re messo

continuamente sotto scacco dagli altri personaggi.

Dunque, si tratta di voler rappresentare, la necessità di passare il

tempo, ma anche il protendersi oltre di esso; l'assoluta mancanza di

senso e l'altrettanta necessità di trovarlo.

Questo è l'uomo, il giocatore di una partita a scacchi persa fin

dall'inizio, che nel finale fa mosse senza senso soltanto per rinviare

l’inesorabile destino. Essere mutevole in continua evoluzione e

decadenza, che si dimena nel tempo che scorre irrefrenabile nella sua

vita, cercando di adattarsi alla miserevole condizione umana.

Questo Uomo/Automa crea dunque argomentazione analoga nel rapporto

Soggetto/Oggetto; l'oggetto inanimato che prende vita per assorbimento

vitale di chi lo ha creato.

Materia priva di vita, vuota.

Spento oggetto che giustifica la propria funzione, a cui l'uomo

procaccia vita, rendendolo come lui è. Vivo.

L’oggetto inanimato rispecchia l’uomo, è creato dall’uomo, per l’uomo.

Quando l’uomo finisce l’oggetto continua, privo della funzione datagli

fino a quel momento, rimane.

Rimane il futile, il leggero e ciò che non ha importanza. L’effimero

diventa duraturo. Adesso ciò che non conta e che non è, vede tramontare

ciò che in realtà è ed esiste. L’oggetto prende il posto dell’essenza,

il manichino duchampiano prende il posto di colui da cui è venuto, che

lo ha creato a propria immagine e somiglianza.

L'immensità della vita è che essa scorra tra cose inanimate, tra

futilità, e che sia proprio lei, a scomparire, per prima, per sempre;

mentre tutte queste piccole entità fondamentali che l’uomo crea per

esprimersi e realizzarsi rimangono.

L’Arte.

Tutto è effimero, la vita è effimera, noi siamo effimeri.

 

 

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