Archeologia e Performing Art:
“NOSTOI” – Storie di ritorni
e di esodi
Il 28 e il 29 marzo presso la
Necropoli di San Cerbone (Li)
30 artisti italiani e
tunisini, guidati dal regista Michael
Marmarinos, faranno vivere il sito
archeologico attraverso le arti
performative.
Nostoi è un progetto di
cooperazione internazionale tra Italia,
Tunisia e Francia,
il primo passo di un percorso di ricerca di
un modello di “archeologia narrante”
Come si possono trasformare i
dati storici e archeologici di un sito in
una esperienza per il visitatore? Sabato 28
e domenica 29 marzo, nella Necropoli di San
Cerbone,
presso il parco archeologico di Baratti e
Populonia, i visitatori saranno coinvolti
nelle nuove esperienze di visita di “Nostoi”,
modello sperimentale di archeologia
narrante che racconta e fa vivere i siti
archeologici attraverso i linguaggi delle
arti contemporanee. “Nostoi – storie di
ritorni e di esodi” nasce da un progetto
di cooperazione internazionale tra
Italia, Tunisia e Francia, teso a
incoraggiare lo scambio tra operatori
culturali del bacino del Mediterraneo
e il dialogo e la mobilità tra giovani
artisti, favorendo la creazione di progetti
comuni. Il messaggio del progetto, a
pochi giorni dall’attentato presso il Museo
del Bardo di Tunisi (avvenuto lo scorso 18
marzo), acquista ancora più forza e valenza.
In lingua greca, Nostoi vuol
dire “ritorni”:
il nome prende spunto dal ciclo epico che
racconta il ritorno in patria dei Greci dopo
la distruzione di Troia, di cui fa parte
l’Odissea e il peregrinaggio di Ulisse verso
Itaca. L’iniziativa si sviluppa in due
cantieri di residenza artistica: 30
giovani artisti italiani e tunisini,
selezionati tra centinaia di candidati,
stanno lavorando insieme per la prima volta,
guidati in Italia dal regista greco
Michael Marmarinos e a Cartagine
Byrsa dall’artista tunisino Kais Rostom,
scenografo, pittore e musicista. Il cantiere
culminerà sabato 28 e domenica 29 marzo
nella Necropoli di San Cerbone, nel
Parco Archeologico di Baratti e Populonia,
in provincia di Piombino (Li). Durante le
due giornate di visita, la storia della
necropoli - uno dei monumenti più importanti
della civiltà etrusca, situata ai piedi
della collina dove sorgeva la città di
Populonia, nota fin dall’antichità per
l’intensa attività metallurgica legata alla
produzione del ferro, si svelerà
attraverso l’espressione, il movimento e i
suoni veicolati dagli artisti, creando
un’esperienza narrativa inedita e unica.
Secondo il principio ispiratore di questo
progetto, il visitatore per entrare davvero
in contatto con il sito archeologico, deve
mettere in atto un “rito”: saranno quindi
le diverse arti performative il mezzo
attraverso il quale si potrà conoscere la
storia del sito, trasformando la visita
in un dialogo con il luogo.
L’esperienza artistica
proseguirà poi a Cartagine Byrsa,
dove gli stessi 30 artisti lavoreranno con
Kais Rostom, con il coordinamento del
Teatro Nazionale di Tunisi, diretto da
Fadhel Jaibi. Le nuove esperienza di
visita in Tunisia saranno il 16 e 17
maggio.
Per partecipare alle visite
sperimentali alla Necropoli di San Cerbone a
Populonia
del 28 e 29 marzo (con inizio ore 10.30)
contattare il numero 0565 226445, tutti i
giorni dalle ore 10.00 alle ore 14.00, o
scrivere a
prenotazioni@parchivaldicornia.it. Per
ulteriori informazioni
www.nostoi.eu.
Dice Michael Marmarinos:
“Nostoi è il primo passo di un percorso di
ricerca di un modello di archeologia
narrante, un progetto innovativo che
coniuga sapere scientifico e artistico per
rivelare un modello potenziale che possa
essere applicato in qualsiasi sito
archeologico. Il modello infatti vuol
rivelare la particolare teatralità di un
luogo e le sue potenzialità interattive.
L’intento è quello di creare una rete che
possa sostenere nel tempo questa esperienza
pilota trasformandola in un dialogo
culturale vivo e attivo”.
Barbara Setti di Cooperativa
Archeologia:
“Nostoi, il lavoro di anni, si svelerà al
pubblico il prossimo sabato e domenica, a
pochi giorni dall’attentato del Museo del
Bardo. Crediamo che questo episodio grave
riguardi il nostro lavoro sia da un punto di
vista della collaborazione internazionale
che di tutela del patrimonio artistico e
archeologico, rafforzando ancora di più la
nostra convinzione e la nostra volontà di
cooperazione".
Isabella Valoriani di
Fondazione Fabbrica Europa:
"Quello che stiamo facendo è un lavoro reale
e concreto di dialogo e cooperazione tra le
due rive del Mediterraneo. Soprattutto
adesso, dopo l'attentato, il nostro lavoro
acquista una valenza particolare unendo
ancora di più gli artisti italiani e
tunisini, rafforzando lo spirito di gruppo e
la comprensione reciproca".
Habib Nemri, uno degli
artisti tunisini del progetto, ha 30 anni, e
ha da poco finito il dottorato in Scienze
culturali tra la Sorbona e l'Istituto
Superiore di Musica di Tunisi. Dice:
"Prima di sapere dell’attentato, mentre
stavamo lavorando vicino alla tomba dei
Carri a Populonia, abbiamo visto Marmarinos
e i nostri coordinatori con il viso turbato.
Ci siamo chiesti cosa fosse successo, ma non
avremmo mai pensato che potesse esser
qualcosa che stesse accadendo a Tunisi.
Michael ci stava spiegando il lavoro, e poi
ha iniziato a raccontare dell'attentato. Ci
è venuta la pelle d'oca. Subito ho preso il
telefono e ho chiamato mio fratello gemello,
Ghayth, che abita di fronte al museo del
Bardo. Fortunatamente era a lavoro, non a
casa. La sensazione da qui è stata ancora
più forte: sei tunisino ma ti senti lontano,
in Italia. Ho provato così, qui nel
cantiere, una motivazione più forte che
forse, se fossi stato a Tunisi, non avrei
sentito. Per tutto il gruppo è stata una
sensazione terribile, non possiamo credere
che sia successo a Tunisi, la capitale,
anche tenendo conto che il Bardo è di fianco
al Parlamento".
Capofila del progetto europeo
“Nostoi”, che ha preso il via nel 2013, è
Cooperativa Archeologia, realtà
imprenditoriale nel settore dei beni
culturali in Italia (fondata a Firenze nel
1981); i partner sono Fondazione Fabbrica
Europa per le Arti Contemporanee -
responsabile della parte artistica del
progetto; il Centro Nazionale della
Ricerca Scientifica (Cnrs) di Marsiglia
- la maggiore organizzazione di ricerca
pubblica in Francia; il Teatro Nazionale
di Tunisi; l’Agenzia per la
Valorizzazione e la Promozione dei Beni
Culturali (Amvppc), che fa capo al
Ministero della Cultura della Tunisia. Il
progetto è stato selezionato per un
finanziamento nell’ambito del primo bando
per progetti standard lanciato dall’Unione
Europea nel quadro del programma di
prossimità ENPI CBC Med.
Sono partner associati
dell’iniziativa la Soprintendenza per i
Beni Archeologici della Toscana;
l’Università degli Studi di Firenze -
Dipartimento di Scienze dell’Antichità
“Giorgio Pasquali”; Laboratorio Nove;
il Theseum Ensemble e il Centro ellenico
dell’Istituto teatrale internazionale di
Atene. Inoltre, “Nostoi” si svolge in
collaborazione con Parchi Val di Cornia
Spa ed è inserito negli eventi dell’Anno
dell’Archeologia 2015 della Regione
Toscana. Partner tecnici: Omikron e
Tempo Reale.
Gli artisti partecipanti per
il progetto “Nostoi – storie di ritorni e di
esodi” sono:
Costantino Buttita, Francesco Calistri,
Gemma Carbone, Elena De Carolis, Sara
Fallani, Alessandra Guttagliere, Sena Lippi,
Marco Malevolti, Emanuela Masia, Cristina
Pancini, Veronica Rivolta, Matteo Tanganelli,
Valeria Meneghelli, Habib Nemri, Mariem
Turki, Abir Cherif, Arbia Abbassi, Asma
Slaimi, Salma Ben Lagha, Hela Ben Amar,
Najla Arous, Rawya Ibrahmi, Amine Makni,
Mohamed Ksouri, Hamdi Samaali, Zied Ben
Slama, Moez Achouri, Marina Arienzale,
Pamela Barberi, Serena Gallorini, Simona
Arrighi, Francesco Canavese.
NOSTOI – appunti sul cantiere
italiano
Una delle domande
fondamentali che si pone il regista Michael
Marmarinos è questa: perché andiamo in un
sito archeologico?
La sua risposta è: per dare
voce, corpo, bocca al sito; per fare parlare
il sito, altrimenti muto. È questo il punto,
il momento in cui le performing art vanno a
interferire col progetto. Non si tratta,
infatti di fare uno spettacolo in un sito
archeologico.
Ulisse nell’Ade
- la metafora della
nekyia (Odissea, libro XI)
Ulisse non può tornare a casa
senza la profezia di Tiresia. Per arrivare
all’incontro e iniziare la visita all’Ade,
Ulisse deve eseguire un rito. Da un punto di
vista drammaturgico, la difficoltà
essenziale nella rappresentazione della
nekyia è la distanza della condizione
tra Ulisse e le anime che abitano l’Ade, che
è una doppia distanza: spaziale – un altro
mondo - e temporale - la vita/la morte.
Per cercare di stabilire una
connessione, Ulisse mette in atto un
rituale, costituito da elementi estremamente
precisi. Il rituale rappresenta uno
strumento necessario che lega l’uomo al non
conosciuto e, in questo caso, al tempo e
alla sua frammentazione. Il rituale in
questo mondo rende la visita di Ulisse
all’Ade, che senza di essa sarebbe una
visita a fantasmi in un luogo buio, una
esperienza. La nekyia di Ulisse
diventa quindi una esperienza di visita del
passato (i morti) per conoscere il suo
futuro (attraverso la profezia di Tiresia).
La metafora che guida questo
modello è proprio questa, la nekyia
di Ulisse: il visitatore è come Ulisse che,
vivo, va a visitare un luogo ora
morto, abitato ora da morti, il sito
archeologico. L’esperienza di Ulisse nel
regno dei morti è una esperienza personale,
non è una visita: Ulisse, per fare parlare
le anime dei morti, deve compiere qualcosa,
e quel qualcosa è il rito. Se fosse un
semplice spettatore non capirebbe nulla e
fuggirebbe o morirebbe, vinto, dalle regole
di quel mondo.
Come il rito in Ulisse, le
arti performative sono l’interferenza,
il mezzo che trasforma la visita in
esperienza, dando voce, corpo, bocca al sito
archeologico. Il senso del progetto non è
quello, infatti di fare uno spettacolo in un
sito archeologico. Si può mettere in scena
il Prometeo, l’Amleto, Bertolt Brecht, o la
Lehman Trilogy, ma il sito non parlerebbe,
sarebbe semplicemente uno scenario, una
quinta, seppur bellissima, ma muta.
Nostoi vuole invece provare a provocare il
singolo sito a dire la propria storia, dare
nome e voce a un sito che, di per sé, è
silenzioso. Come lo sono i morti per Ulisse,
se non bevono il sangue versato nel rituale.
Parco Archeologico di Baratti
e Populonia
Il Parco Archeologico di
Baratti e Populonia si estende tra le
pendici del promontorio di Piombino e il
Golfo di Baratti , dove sorgeva la città
etrusca e romana di Populonia, nota fin
dall’antichità per l’intensa attività
metallurgica legata alla produzione del
ferro.
Comprende una parte
significativa dell’abitato etrusco e romano
di Populonia, con le sue vaste necropoli, le
cave di calcarenite e i quartieri
industriali in cui si lavorava il minerale
di ematite, proveniente dai giacimenti
dell’isola d’Elba, per ricavare lingotti di
ferro.
Il parco è articolato in
diverse aree di visita che permettono di
cogliere la trasformazione del paesaggio nel
corso dei secoli. La costa boscosa del
promontorio è rivolta verso l’arcipelago: le
sagome scure delle isole fra cui l’Elba e la
Corsica hanno costituito fin dall’antichità
le quinte sceniche di un paesaggio di terra
e di acqua. Fino alle bonifiche moderne,
infatti, la pianura che si estende
all’interno del promontorio di Piombino era
un susseguirsi di laghi e lagune, ricche di
pesce e di vegetazione palustre.
Questo era il paesaggio del
IX-VIII secolo a.C., quando sull’acropoli
furono costruite importanti capanne per
ospitare le più antiche aristocrazie di
Populonia. Di queste capanne restano deboli
e suggestive tracce sulla sommità
dell’acropoli, non distanti dalle
monumentali strutture di un’altra Populonia,
quella romana che intorno al II secolo a.C.
costruisce importanti templi, terme e
santuari proprio nel cuore della città.
Una rete di itinerari unisce
la città delle case e dei templi alla città
industriale e alle necropoli che si adagiano
sulle prime colline che cingono
l’insenatura.
I percorsi, oggi come
nell’antichità, seguono strade basolate,
attraversano boschi e macchia mediterranea e
si aprono su inaspettati scorci rivolti
alternativamente sul golfo di Baratti o sul
mare aperto e l’isola d’Elba. Uno di questi
tracciati si spinge fin verso un altro
paesaggio, quello del Medioevo. Fra i boschi
del promontorio i ruderi del monastero
benedettino di San Quirico raccontano di una
città scomparsa e di un rinnovato interesse
per le risorse naturali e minerali della
regione.
Le necropoli oggi visitabili
si trovano sui primi rilievi e sulla pianura
affacciata su golfo di Baratti. Nell’area
più prospiciente il mare si estendono le
necropoli del VII-V secolo a.C. Si tratta di
tombe monumentali appartenute agli esponenti
più di spicco della società Populoniese.
Accanto a queste ricche tombe familiari si
distribuiscono una serie di sepolture a
sarcofago che segnano la presenza in
quest’area di una diffusa ricchezza fino al
V-IV secolo a.C.
Sulle colline retrostanti si
trovano le necropoli del IV-III secolo a.C.:
si tratta delle caratteristiche tombe
etrusche scavate nella roccia, accessibili
attraverso profonde scale rupestri. Alle
sepolture si intervallano cave per
l’estrazione della pietra panchina, una
morbida arenaria locale, che per secoli è
stata utilizzata a Populonia per la
costruzione degli edifici pubblici, delle
mura e delle tombe monumentali.