a Padova
AMERIKA di F. Kafka
regia di MAURIZIO SCAPARRO
ARTI INFERIORI
12° edizione
STAGIONE TEATRALE 2014-2015
All’MPX – Multisala Pio X di
Padova
martedì 10 marzo alle 21
va in scena AMERIKA di Franz Kafka,
regia di MAURIZIO SCAPARRO. Principali
interpreti di questo adattamento teatrale
firmato da Fausto Malcovati sono GIOVANNI
ANZALDO, UGO MARIA MOROSI e CARLA FERRARO
con
Giovanni
Serratore, Fulvio Barigelli, Matteo
Mauriello. Karl Rossmann, giovane ebreo
europeo, viene inviato in America come un
pacco postale per sfuggire ad uno scandalo
che lo vede coinvolto con una domestica.
Deve raggiungere lo zio Jacob, un autentico
“zio d’America” che deve trovargli un lavoro
e una sistemazione. Ed è così che iniziano
le tribolazioni del giovane uomo-cavallo
(Ross – Man) in un’America che rivela già,
nella visione fantastica ma
sorprendentemente profetica di Kafka, i sui
mali, le sue contraddizioni ma anche la sua
dirompente vitalità. Lo spettacolo
ripercorre la storia dell’emigrante Rossmann,
del suo viaggio, della sua vita errante in
cerca di un benessere (il sogno americano?)
che sembra sempre a portata di mano ma che
rimane inafferrabile. Coprotagoniste sono le
musiche ispirate alla cultura yiddish della
vecchia Europa e al jazz nero di Scott
Joplin adattate da Alessandro Panatteri ed
eseguite dal vivo da
ALESSANDRO PANATTERI,
piano - ANDY BARTOLUCCI,
batteria e SIMONE SALZA,
clarinetto.
Terz’ultimo appuntamento in
programma per ARTI INFERIORI 2014/15 -
12° edizione
della rassegna teatrale promossa e
organizzata dall’Assessorato Cultura e
Turismo del Comune di Padova in
collaborazione con Arteven/Regione del
Veneto.
Biglietti
intero € 12,00 - ridotto € 10,00 per giovani
fino ai 30 anni, studenti con tessere
“Studiare a Padova card 2014-15” e “Carta
Giovani”, possessori Carta Più e MultiPiù
Feltrinelli. Prevendita e vendita
biglietti: presso l’MPX Multisala Pio X
prevendita biglietti il giorno precedente
ogni spettacolo dalle ore 18.00 alle 20.00 e
vendita il giorno dello spettacolo dalle ore
18.00 ad inizio spettacolo. Tutti i
biglietti saranno acquistabili, con diritto
di prevendita, on-line su
www.arteven.it e
www.vivaticket.it . A Padova punto
vendita autorizzato vivaticket by Charta
(abbonamenti e biglietti) Ruzante Viaggi in
Via Santa Sofia, 88 dal lunedì al venerdì
ore 9.30 - 13 /15.30 - 19 e sabato ore 9.30
- 12.30, tel. 049 8750091 -
infopd@ruzanteviaggi.it Info
- MPX Multisala Pio X tel. 049 8774325
teatrompx@multisalampx.it -
www.multisalampx.it - Arteven tel.
041 5074711 -
www.arteven.it - Servizio
Manifestazioni Spettacoli tel. 049
8205624/23
dadamop@comune.padova.it -
https://padovacultura.padovanet.it
Kafka, Scaparro e l'Europa
delle diversità
di Fausto Malcovati
Bisognerà pur scrivere, un
giorno o l’altro, la storia delle riduzione
teatrali a cui Maurizio Scaparro ha messo
mano: tutte singolari, riuscite,
attualissime. È certo il caso di Amerika, a
cui ho cominciato a lavorare con Maurizio
nella prima edizione e che rinasce oggi alla
vigilia della Presidenza Italiana
dell'Unione Europea, mentre per anni America
ed Europa si sono trovate a riflettere,
anche inutilmente, sulle proprie origini,
sulla propria storia, sui propri malesseri.
Mentre lavoravo con Maurizio mi venivano in
mente almeno altri due titoli di suoi
spettacoli, che qui vanno comunque
ricordati: Don Chisciotte e
Memorie di Adriano.
Don Chisciotte
aveva come sottotitolo Frammenti di un
discorso teatrale, (che mi serve per
proseguire il mio discorso). Si, anche
Amerika avrebbe potuto avere lo stesso
sottotitolo: anche perché il romanzo stesso
di Kafka non è compiuto, è una serie di
capitoli, di frammenti. E questo credo sia
stato uno dei motivi che ha attirato
Maurizio.
È curioso osservare come
l’occhio e l’orecchio di Maurizio lavorano
di fronte a un testo: curioso soprattutto
per uno come me, che della lettura ha fatto
un mestiere, e che ritiene (almeno fino
all’incontro con Maurizio) di averlo svolto
con soddisfazione. Maurizio mi ha insegnato
molte cose che mi hanno inizialmente del
tutto spiazzato.
Il primo livello, quello
iniziale, di base, mi è abbastanza
familiare: si tratta di decidere quello che
si vuole far dire oggi a un dato testo. E
questo Maurizio lo ha chiarissimo fin dai
primi passi. È lapidario nel mettere a fuoco
le linee su cui vuole orientare lo
spettacolo. Qui, nella nostra Amerika,
ce n’erano tre, nate, credo,
contemporaneamente nel vulcanico cervello di
Maurizio.
Anzitutto Amerika è un
testo visionario: Kafka, come si sa, non è
mai stato in America, dunque tutto quello
che dell’America vede, racconta, descrive è
tutto frutto della sua fantasia, a
cominciare dalla spada che la Statua della
Libertà brandisce nella prima pagina del
romanzo e che, come si sa, non esiste. Prima
linea: l’America come un grande sogno
kafkiano, come l’allegoria di un mondo che
non necessariamente deve avere a che fare
con l’America reale.
Seconda linea, legata in modo
indissolubile alla prima a quella
visionaria: l’emarginazione, la diversità,
la condizione dell’emigrante. Maurizio me
l’ha subito posta di fronte come chiave
dello spettacolo all'inizio del nostro
lavoro. E ancora di più oggi, in un’Europa
dove i flussi migratori sono sempre più
massicci e spesso drammatici, dove
l’intolleranza affiora sempre più dura
accanto all’accettazione, ecco uno
spettacolo dove un ragazzo boemo va in
America, incontra un fuochista tedesco, fa
un pezzo di strada con un disoccupato
irlandese e uno francese, ha come compagno
di lavoro un ragazzo italiano. Maurizio
teneva molto a questa linea, voleva
addirittura che ogni personaggio dicesse
qualcosa nella sua lingua (anzitutto, il
tedesco di Karl, ma anche il francese,
l’inglese e l'italiano); voleva che questa
sua America fosse una sorta di Torre di
Babele, che è poi la direzione verso cui si
è mosso.
La terza linea, la più
sorprendente, quella in cui mi trovavo meno
a mio agio, è quella musicale: qui Maurizio
ha sfoderato tutto il suo istinto teatrale,
il suo infallibile fiuto da uomo del
palcoscenico. Nella sua prassi registica,
credo, c’è un’incessante koinè di
linguaggi (spaziale e scenografico, gestuale
e vocale, musicale), ciascuno dei quali non
può fare a meno dell’altro, ciascuno dei
quali condiziona e stimola l’altro. Mentre
leggeva le pagine di Amerika, nel suo
cervello pullulavano le associazioni
musicali, gli si disegnavano continue
proposte per una possibile colonna musicale.
Di fronte alla mia stupefatta reticenza
professorale, con una sicurezza un po’
divertita e perfino un po’ spudorata, mi
diceva: qui penso a un pezzo di rag – time,
qui ci vuole assolutamente una vecchia
canzone boema, qui bisogna trovare una nenia
ebraica, qui invece una marcia militare. In
un primo momento ho pensato: ma questa è
pura follia, come si può unire il cupo
discorso kafkiano, tutto centrato sulla
sopraffazione e sulla frustrazione, con il
rag – time? Invece, nonostante le mie
iniziali perplessità (i salti nel buio,
nella vita come nel lavoro, mi hanno fatto
sempre una gran paura), mi son reso conto
che Maurizio aveva ragione, che l’elemento
musicale doveva esserci, che questa terza
linea doveva mescolarsi alle altre due, la
visionaria e la sociale: diventava anzi un
elemento indispensabile al collegamento,
alla mediazione.
Vorrei aggiungere un’altra
nota al metodo di lavoro di Maurizio: la
suggestione che su di lui esercita la
parola. Come già nelle precedenti esperienze
di riduzioni teatrali di testi narrativi,
Maurizio vuole nei confronti dell’originale
massimo rigore e rispetto. Non si riscrive
Kafka, non si inventano battute diverse da
quelle esistenti: dove c’è materiale
dialogico dell’autore, lo si deve conservare
e utilizzare al massimo. E tuttavia per la
parola dell’autore Maurizio ha una
sensibilità tutta speciale: ci sono frasi,
battute che afferra, lascia risuonare dentro
e su cui poi costruisce una proposta di
lettura del tutto originale. Mi è capitato
molte volte, nel corso del lavoro insieme,
di sentirmi dire: guarda che Karl a tale
pagina dice questo, tienine conto, oppure
non dimenticare che la cuoca a pagina tale
guarda una fotografia, è importante.
Così Maurizio mi ha condotto
per mano, nel suo modo apparentemente
distratto, casuale, in realtà assolutamente
rigoroso e coerente, attraverso suggestioni
che mescolano il testo kafkiano con la sua
sensibilità e responsabilità registica,
verso scelte precise, verso lo spettacolo
che si costruiva sul palcoscenico del
Piccolo Eliseo e che ora nel 2014 (a cento
anni esatti dalla nascita di questo testo
incompiuto) riparte da Napoli per l'Italia e
l'Europa.
Parlavo prima di koinè
di linguaggi: prima ancora che io mettessi
mano ai primi abbozzi di copione, già
Maurizio sapeva come voleva che cominciasse
lo spettacolo e mi descriveva lo stupore di
Karl di fronte alla Statua della Libertà, mi
faceva sentire gli odori e gli umori del
porto di New York, mi guidava all’interno
della nave piena di emigranti in cui si
perde Karl, vedeva sbucare da una porta
scura il rozzo fuochista dall’accento
tedesco. E mi raccomandava il “tema” della
fotografia, che è poi quello del ricordo,
del passato boemo ed ebraico del
protagonista, il “tema” del teatro, presente
in Brunelda e in Oklahoma, il “tema” della
scrivania americana, allusione, con le sue
misteriose manovelle, i suoi infiniti
scomparti, a tutti gli attuali marchingegni
della nuova tecnologia che avanza,
altrettanto misteriosi (per me, almeno), e
infine il “tema” del lungo viaggio verso
Oklahoma, attraverso la grande America.
Come un veggente, che coglie
con la sola imposizione delle mani il senso
di un libro, così Maurizio ha visto, senza
il bisogno di studi filologici, chiose, note
e ricerche, quello che voleva far uscire dal
testo. Da Amerika è uscito un
discorso in cui Maurizio crede, e di cui
abbiamo bisogno: un discorso contro tutte le
discriminazioni, contro tutti i razzismi,
contro tutte le violenze e gli ottusi
autoritarismi.
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