ANTONIO NUNZIANTE
AUTORITRATTI IN FORMA ONIRICA
Se chiedessimo a una qualsiasi persona di
mostrarci il suo ritratto siamo pur certi
che la risposta, fornita a tempi record,
rivelerebbe la forma estetica del selfie.
Rappresentarsi è la leggerezza che
rinvigorisce il narcisismo nascosto in
ognuno di noi e si adatta a ogni età della
vita; con la sua modalità usa e getta,
l'autoritratto targato social media è figlio
della velocità dello scatto pixel,
vale a dire, è adatto a farsi riconoscere
nel territorio dei network virtuali ma
altresì incapace di riconoscere in sé stesso
i segni e i simboli del tempo che attraversa
e quindi di assurgere a icona del reale. La
sua durata media è molto breve, destinato
com'è a farsi sostituire da uno scatto
analogo che, anche temporalmente, se ne
presenta come il superamento continuo.
Il selfie si lascia alle spalle
l'insegnamento acquisito nei secoli: con
scalpello o pennello, i predecessori della
ritrattistica 2.0 registrarono infatti i
canoni estetici dell'epoca cercando e poi
trovando la forma dell'archetipo. Per dirla
con il teorico tedesco Winckelmann, era per
gli antichi "la ricerca del bello ideale, la
lontananza dallo sconvolgimento delle
passioni e delle emozioni, la nobile
semplicità e la quieta grandezza dei
soggetti" invocata nella ritrattistica delle
icone che diventava infine anche
l'autoritratto dell'autore.
L'universalità del classico è un tema
rintracciabile nelle sale dei musei di
antichità piene di busti e teste di uomini
illustri e di tanti sconosciuti : nei
volti e nelle sembianze arcaiche dei
soggetti si scovano espressioni universali
di estetiche e sociologie nelle quali ancora
oggi possiamo trovare somiglianze e
similitudini. Nel classico riconosciamo
l'archivio del tempo ed è qui che gli
artisti di oggi raccolgono forme e
materiali, in un dialogo serrato e continuo
tra passato e futuro.
Sono in molti a osservare che la cultura
visiva nel terzo millennio rischia di
scivolare in uno stile amatoriale perché
troppo appiattita sulle regole del mezzo
digitale: forse per reazione pittori e
scultori avvertono il bisogno di rientrare
nella categoria dell'autoritratto personale
attraverso una nuova attitudine emotiva. Gli
artisti guardano con piacere al passato e ai
suoi stilemi, preferendo il mistero di
simboli arcaici mixato a repertori
contemporanei ai fini di descrivere il
presente e in esso autorappresentarsi. I
modelli greci, etruschi e romani, e ancor
prima quelli egizi, tornano così ad abitare
il perimetro del contemporaneo rivestendolo
di una forza nuova, caricando la storia
corrente della potenza dell'arcano.
Il lavoro di Antonio Nunziante è sempre
stato pregno di tale tendenza a scavare
nella classicità quando, già dagli anni
Ottanta, ha avviato un suo personale
percorso storico riferendosi ad alcuni
maestri della cultura pittorica delle
avanguardie, capaci di riconoscere
nell'anacronismo semantico una palestra
espressiva senza eguali, e ai modelli del
Canova e della statuaria neoclassica. Se il
programma iconografico presentato da
Nunziante sembra un continuo omaggio al
Novecento (solo per citare alcuni esempi,
Atelier dei sogni in riferimento a René
Magritte o Il tempo che vorrei in
memoria del genio di Salvador Dalì) in
realtà, osservando l'intero suo corpus
pittorico, si intravede un diverso e più
maturo sentore. Di là del rimando al
citazionismo della temperie postmoderna, la
presenza stilistica di Nunziante è così
sostanziale da far pensare ai suoi continui
anagrammi pittorici come al collage di un
unico grande disegno. Un ritratto, o per
meglio dire, l'autoritratto emotivo sia
dell'uomo che dell'artista. In queste
espressioni figurate del sé Nunziante
distribuisce con la precisione che lo
contraddistingue tutti gli archetipi del suo
lessico oramai inconfondibile. Novità di
quest'ultimo ciclo di opere è la forte
componente concettuale nel costringersi al
limite del formato, 18x24 centimetri, quasi
a formare una mini collezione composta da
tredici tavolette dipinte a olio, una sorta
di inventario "tascabile" del proprio
repertorio.
In particolare, in Dream Garage i
segni dello 'stile Nunziante' sono congelati
dentro a bolle di cristallo che ricordano
gli stratagemmi dei fiamminghi (Pieter
Claesz, Jacques De Gheyn, Vincent Van Der
Vinne) i quali portavano sulla superficie di
specchi convessi ciò che abitualmente stava
'aldi là' della tela. Così Nunziante porta
'al di qua' della realtà, cioè sulla tavola
e dentro le sfere trasparenti, le sue icone
favorite: la rosa rossa (o Rosa
meditativa, con riferimento ancora a
Dalì), il busto virile marmoreo della
cultura romana, il viso della Venus,
la famosa isola di Boecklin, la Grecia e i
suoi templi. Nel recinto costruito sul mare
caro all'artista, quell'acqua onnipresente
in moltissimi suoi quadri, è collocato
quindi il 'Nunziante's Dream Garage'
e qui stipati i sogni, o forse anche gli
incubi, i suoi più profondi desideri e le
continue aporie che aspettano risposte e si
congelano negli opposti. Amore e morte,
passione e malinconia, Venere e Adone,
tormento ed estasi, realtà e immaginazione,
notte e giorno. Di fronte a noi c'è un
mosaico dell'intelletto, un rebus della
ragione e dei sentimenti, una lirica
astrazione dell'inconscio e delle
prospettive emozionali di natura
innanzitutto umana oltre che artistica.
La differenza tra un giovane pittore e un
maestro sta tutta qui. Diventando bagaglio
di una storia individuale, la maturità di
Nunziante può compiere un passo importante,
capace di spostare il piano di osservazione
e critica del suo lavoro non più solo in
riferimento a un passato lontano e altro da
sé, ma piuttosto a un passato recente che è
già storia personale.
Luca Beatrice
Presentazione Mostra:
Critico d'arte Luca Beatrice
Curatrice mostra:
Deborah Petroni
Catalogo mostra:
Catalogo Electa in omaggio per
l'inaugurazione
Sponsorizzata e pubblicizzata da:
www.ilpensieroartistico.eu
www.paolobalsamo.it
www.cemusa.com
www.exibart.com
Durata mostra:
dal 07 maggio al 04 giugno 2015
dal martedì al sabato dalle 11.00 alle 19.00
con orario continuato
Lunedì e domenica chiuso
Ingresso gratuito
Info e contatti:
Tel. 0515882723
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