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Dissacrante,
metateatrale, ironico e autoironico, disfattista e celebrativo, dopo
l’attore e il presidente, Senza Niente/3 e Senza Niente/4, giocando con
i luoghi comuni,
affrontano con intelligenza il tema della crisi del teatro e della
cultura, portando questa volta in primo piano le figure del
regista in scena e dell’amministratore. Figure tanto care al
teatro italiano, quanto ormai alle prese con
cambiamenti radicali tra rinnovamento e vecchia guardia.
Una scena scarna, un allestimento “senza
niente”, per una tetralogia sarcastica e decisamente unica nel
suo genere, che non vuole offrire soluzioni o ricette
preconfezionate, ma semplicemente prendere le distanze
e contemplare il panorama attuale con uno sguardo critico,
raccontando e raccontandosi, lasciando un sorriso dal retrogusto amaro,
un'ironia laconica che vuole denunciare la situazione
per far riflettere il pubblico, ognuno secondo la propria
coscienza, sulla condizione dei lavoratori dello spettacolo.
Sullo sfondo, un orizzonte disfatto e
disfattista all’interno del quale la qualità e la
professionalità vengono sempre più frequentemente accantonate a favore
di una schizofrenia dei generi e del sensazionalismo spettacolare. Nel
pieno di tale situazione, in uno stato di completo smarrimento,
si posiziona il Teatro Magro di Mantova, in una condizione
surreale
nella quale il futuro appare incerto. |