Infatti i corpi umani dipinti sin dalla sua prima
fase figurativa esprimono una sorta di inarginabile “nostalgia” per la scultura,
di desiderio indomabile per la corporeità fisica della terza dimensione. E un
corpo solido e conturbante conquisteranno a partire dal 1967, negli splendidi
gruppi scultorei lignei di Attardi, e più tardi anche nelle sue sculture in
bronzo e in marmo.
In un saggio famoso, Jean Clair scrive che “è fuor
di dubbio che l’occhio, se da una parte ha a che vedere con la legge, la regola,
il nomos, dall’altra ha a che fare anche con il desiderio, la
sregolatezza e il disordine. In virtù di questo fatto, uno dei temi forse più
sensibili nell’ambito del quale si è esercitata la sua attività, è stato, da
sempre, il tema del nudo.” E il nudo, Attardi lo affronta spesso con la
crudele tenerezza di un Egon Schiele, o con la malinconia che confina sempre col
grottesco di Goya… Ci dice che arte è ciò che rivela lo skandalon, ovvero
l’insidia, gli inganni, le trappole del reale, mettendo in discussione, del
reale stesso, la facile riconoscibilità e la trasparenza. Rigore e istinto,
esattezza e immediatezza si mescolano in una forte tensione nei confronti della
realtà, una realtà che prende forma fisica nei corpi attraverso un tormento
interiore infinito . Attardi sembra “orientare” il corpo in due direzioni
opposte: all’una attribuisce purezza, divinità, immortalità; all’altra
contaminazione, animalità, corrutibilità. L'eros è il nodo cruciale
di queste due direzioni. Per questo la visione erotica di Attardi sposta
continuamente il baricentro dell’interpretazione dal piacere al dolore, dalla
tenerezza al sadismo, dal languido abbandono alla crudele aggressività. Dalla
bellezza senza difese di Paolo e Francesca alla minacciosa bestialità di
John Hawkins. Dall’incanto estatico all’ossessione e al delirio.
Quel che è certo è che Attardi non subisce il
mondo, lo sfida. La sua scultura è la manifestazione più alta di questa sfida:
le sculture di Attardi riportano sempre all’intuizione vitale e tragica della
forza che le ha originate, di un’energia che si pone in lotta perenne con la
processualità tecnica.
Talora - come nella formidabile La vuelta de
Cristobál Colón, 1980 - l'artista scava la materia-carne, fino a
prosciugarne le compagini strutturali, come se "scorticasse" le sue figure per
conservarne solo l'essenza: la struttura dinamica, il circuito energetico.
Un’impressione che danno anche molte delle sue figure disegnate su carta, in
particolare a matita e a china. Soprattutto i disegni erotici – protagonisti di
questa mostra - nelle loro molteplici varianti, non di rado crude, inquietanti e
provocatorie. In questo senso le opere su carta di Attardi costituiscono il vero
punto critico della sua arte: quel punto di passaggio, di trasformazione,
tra passato e futuro, tra realtà e allucinazione, tra classicismo ed
espressionismo.
NOTA BIOGRAFICA
UGO
ATTARDI
(Sori,
Genova, 1923 – Roma, 2006)
Nato presso Genova da genitori
siciliani, all’età di un anno si trasferisce con loro a Palermo, dove il regime
fascista li costringe a tornare, a causa dell’attività sindacale del padre.
Fondamentale nel suo percorso d’artista l’approdo a Roma, nel 1945, dove
frequenta lo studio di Guttuso, e già nel 1947 entra nel vivo del dibattito
artistico partecipando (insieme ad Accardi, Consagra, Dorazio, Guerrini,
Perilli, Sanfilippo e Turcato) alla fondazione di “Forma 1”, il primo gruppo
astrattista italiano del secondo dopoguerra. Poco dopo avverte però un rinnovato
impulso verso la figurazione, sia pure visionaria e problematica, e si allontana
definitivamente dall’esperienza astratta, senza tuttavia dimenticarne alcune
conquiste formali: dà vita a una personale poetica “classico-espressionista”,
fondata su una drammatica compresenza degli opposti: bellezza “classica” e
deformità, tenerezza e violenza, fisicità e onirismo.
A partire dagli anni Cinquanta
partecipa più volte alla Biennale di Venezia e alla Quadriennale di Roma, e
tiene grandi mostre personali nei più importanti spazi espositivi italiani. Nel
1961 aderisce al gruppo “Il Pro e il Contro”, accanto a Calabria, Farulli,
Gianquinto, Guccione e Vespignani.
Scrive il romanzo L’erede
selvaggio, pubblicato nel 1970, e per il quale ottiene nel 1971 il Premio
Viareggio per la narrativa.
Nel 1967 avvia una fervida
attività di scultore e nascono, dopo L' Addio Che Guevara del 1968,
alcuni gruppi lignei tra cui L'Arrivo di Pizarro del 1969-71, e bronzi
improntati a forte sensualità.
Sue sculture monumentali sono
collocate nelle principali capitali europee e mondiali. Fra di esse Il
Vascello della Rivoluzione (1988), a Roma, presso il Palazzo dello Sport;
Nelle Americhe, del 1992, a Buenos Aires; il celebre Ulisse, del
1996, a New York; Enea (2004), presso il porto della Valletta (Malta). Il
grande Cristo del 2002 è entrato a far parte delle collezioni dei Musei
Vaticani.
Nel 2006 l’artista riceve dal
Presidente Carlo Azeglio Ciampi il titolo di Grand’Ufficiale della Repubblica,
per i suoi meriti artistici e per aver saputo diffondere e valorizzare in tutto
il mondo il genio e la creatività italiani. Muore a Roma il 21 luglio dello
stesso anno.
SCHEDA TECNICA
Mostra:
UGO ATTARDI. EROS
A cura di:
Carlo Ciccarelli, Gianluca Ciccarelli, Silvia Pegoraro,
Sede:
ULISSE GALLERY CONTEMPORARY ART, Via Capo le Case 32, Roma
Periodo espositivo:
29 maggio – 27 settembre 2014
Inaugurazione:
giovedì 29 maggio, ore 18.00
Orari:
dal lunedì al venerdì, ore 11.00- 19.00
Ingresso:
libero
Informazioni:
Tel. +39.0669380596 ; E-mail
info@ulissegallery.com ; Sito:
www.ulissegallery.com
Catalogo:
Grafiche Turato Edizioni
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