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Robertomaria Siena,
curatore della mostra, scrive: “il cosmo che fuoriesce dalla ricerca del
maestro è sommamente discontinuo al mondo; è un non-luogo che si
impadronisce di noi e che ci trasforma in onirodipendenti ,
partecipi cioè del delirio di Pier Luigi Berto il quale, in questo modo,
celebra una voragine all’interno della quale la filosofia e l’arte
precipitano ad esclusivo vantaggio di tutti coloro che sanno che
l’inesistente è il vero essere e che l’essere che ci circonda è un
pallido e esangue nulla.”
E altri testi critici
suggeriscono una lettura del percorso artistico di Berto.
Scrive infatti Marco
Di Capua: “Il disegno per Berto è un’attitudine fondamentale e minimal.
Canalizza il nostro sguardo, consente di percepire l’indispensabile, un
po’ al modo di chi in mare aperto, posto su una scena enorme ma
monotonamente uguale a se stessa, avvisti isole.”
E Manlio Gaddi: “I
disegni di Pier Luigi Berto fanno scuola, non a caso insegna
all’Accademia di Belle Arti, sia per la profonda conoscenza e padronanza
delle molteplici tecniche impiegate che per l’utilizzo che degli stessi
disegni viene fatto, non solo base progettuale ma soprattutto appunti di
viaggio, veri diari di vita quando il disegno non sia addirittura, come
per i grandi Maestri del passato, fine a se stesso, trasposizione del
pensiero tramite il gesto in segno.” |