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Campigli nella Villa
dei Capolavori
Donne, infinite donne, elegantissime, ingioiellate, eppure prigioniere;
il mistero che si cela nell’arte di Massimo Campigli viene indagato in
oltre ottanta opere, concesse da celebri musei e raccolte private, a
documentare l’intero percorso dell’artista, dagli anni venti agli anni
sessanta, quando le sue iconografie tipiche, figure femminili racchiuse
in sagome arcaiche di grande suggestione simbolica, divengono esplicite
meditazioni sull’archetipo femminile, sempre in equilibrio fra ingenuità
e cultura, con una stilizzazione geometrica che rende personalissima la
sua maniera. In concomitanza con la pubblicazione del Catalogo generale
dell’artista (realizzato dagli Archives Campigli) la mostra “Campigli.
Il Novecento antico”, a cura di Stefano Roffi, presso la Villa dei
Capolavori, sede della Fondazione Magnani Rocca a Mamiano di
Traversetolo (Parma), dal 22 marzo al 29 giugno 2014, richiama così
l’attenzione su uno dei pittori più significativi del Novecento
italiano, presente nei maggiori musei del mondo ma pressoché assente
dalla grande scena espositiva dopo la memorabile mostra che la Germania
gli dedicò nel 2003.
Cinque le sezioni, oltre ai grandi mosaici allestiti nel giardino: la
stupenda ritrattistica, con le effigi di personalità del mondo della
cultura, ma anche amici, signore belle e famose; la città delle donne,
che accosta opere che rivelano l’ossessione per un mondo che pare tutto
al femminile; le figure in sé prive di identità ma caratterizzate da
scene di gioco, spettacolo, lavoro, che l’artista osserva memore del
proprio passato di reporter a Parigi; i dialoghi muti, coppie vicine
spazialmente ma incapaci di comunicare, prigioniere del proprio mistero;
gli idoli, presentati nell’evoluzione dalle figure idolatriche tratte da
Carrà negli anni venti a quelle di ispirazione primitiva che compaiono a
partire dagli anni cinquanta. Di particolare interesse l’accostamento,
per la prima volta in un’esposizione, delle quattro enormi tele che
Campigli teneva nel proprio atelier. |
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L’esposizione si
avvale del sostegno di Fondazione Cariparma e di Cariparma Crédit
Agricole.
Il catalogo Silvana editoriale presenta interventi di Luca Massimo
Barbero, Nicola Campigli, Mauro Carrera, Nicoletta Pallini, Paolo
Piccione, Stefano Roffi, Rita Rozzi, Sileno Salvagnini, Eva e Marcus
Weiss.
Tedesco di nascita, italiano di formazione, parigino per cultura,
egizio, etrusco, romano, mediterraneo per elezione, Campigli (Berlino,
1895 – Saint-Tropez, 1971) fu un personaggio colto ed europeo (parlava
cinque lingue), inusuale nel nostro panorama artistico. Uomo solitario,
nella sua pittura si intrecciano geometrie e magie, memorie e simboli
(lesse Freud e Jung in lingua originale); fu anche scrittore raffinato e
riservato.
Per conoscere l’artista e la sua ossessione dell’immagine femminile
bisogna entrare nella sua vita familiare. Il mistero è infatti
protagonista nella vita di Campigli: solo in tempi relativamente recenti
si è scoperto che era nato a Berlino e che il suo vero nome era Max
Ihlenfeld. La madre, tedesca di appena diciotto anni, non era sposata;
per evitare lo scandalo, il bambino viene portato in Italia, nella
campagna fiorentina. La madre, che gli aveva dato il cognome, lo
raggiunge saltuariamente; nel 1899 sposa un commerciante inglese e può
prendere il bambino con sé, fingendo (per salvare le apparenze) di
essere sua zia. A quattordici anni, Max scoprirà casualmente la verità. |
Questa vicenda
familiare può spiegare, almeno da un punto di vista psicologico, il
mondo espressivo dell’artista: il suo universo di donne quasi
inconoscibili, immobili e insieme sfuggenti e distanti, è in definitiva
una lunga meditazione sull’enigma femminino, sull’icona della Dea-Madre.
Non uscirà più dalla dimensione infantile e permetterà alla sua
immaginazione di prendere il sopravvento sulla realtà per rendergliela
accettabile. Scrive infatti: “Non mi sono mai rifugiato nel sogno,
nell’infantilismo, ci sono semplicemente rimasto, non ne sono mai
uscito”.
La sua formazione avviene tra Firenze e Milano, in quegli anni città
artisticamente vivace, in pieno Futurismo. Sono di questo periodo opere
dal marcato senso ritmico, una composizione a tessere di mosaico che
riaffiorerà sempre nell’opera dell’artista. Nel 1914 egli inizia a
lavorare presso il Corriere della Sera e, dopo la sofferta parentesi
della guerra, italianizzato il cognome in “Campigli”, ne diviene
corrispondente da Parigi; nel 1919 la città è il cuore del Ritorno
all’ordine, di quel rinnovato dialogo con la classicità che percorre
l’Europa, e che molto influenza l’artista.
Il 1928 è un anno cruciale per Campigli. A Roma visita il museo di Villa
Giulia, restando affascinato dall'arte etrusca, e le Terme di
Diocleziano, dove viene colpito dalla ritrattistica romana del basso
impero. Dopo questo vero colpo di fulmine per l’antico, approccia le
prime figure femminili dai grandi occhi senza sguardo inserite in
raffinate trame architettoniche. |
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La sua pittura mostra ora un mondo perfetto che affascina con i
suoi colori fantasmatici, gli elementi geometrici di donne dal corpo a
clessidra, statue dal busto stretto (come era lo stereotipo-donna della sua
infanzia), fermate in un’espressione incantata, con grande attenzione per
l’abbigliamento, la moda. Donne prive di realismo, a parte la bellissima
ritrattistica femminile ma anche maschile, in una dimensione mitica e
idealizzante, un “non luogo” dell'astrazione antropomorfica e sentimentale: si
guardano i quadri e si entra nell’ “altrove”, nelle visioni interiori
dell’artista, in stretto confine onirico. Alle reminiscenze etrusche si
mescolano quelle egizie del Fayum, poi copte, romane; è tutta la millenaria arte
mediterranea che lo ispira. Campigli, insomma, in sintonia col concetto di tempo
assoluto espresso dal Ritorno all’ordine (“Tutte le età sono contemporanee”
scrive Pound in questi anni) attinge a un passato complesso e stratificato. Sono
peraltro gli anni in cui l’appello alle radici della civiltà antica, al “mito
della romanità”, assume in Italia (dove l’artista torna a stabilirsi nel 1931,
in pieno fascismo) anche un significato di celebrazione nazionalista. Quello che
in realtà Campigli persegue è soprattutto sospendere il presente e raggiungere,
attraverso l’emergere dell’antico, una dimensione di eternità dipinta.
Negli anni trenta conquista fama internazionale ed espone a Milano, Parigi,
Amsterdam, New York, poi alle Biennali veneziane. Oltre a importanti committenze
pubbliche e private, ad acquisizioni museali, vanno ricordati i quattro
magnifici affreschi che realizzò fra il 1933 ed il 1940 per il Palazzo della
Triennale di Milano, il Palazzo delle Nazioni di Ginevra, il Palazzo di
Giustizia di Milano e quello monumentale all'Università di Padova, oltre ai
grandiosi cicli per i transatlantici.
Dai primi anni cinquanta si avverte una crescente stilizzazione, alla ricerca
dell’archetipo, del primitivo: ai suoi interrogativi la cultura occidentale
contemporanea, per lui improntata a una ricerca minimalista prossima al nulla,
non offriva risposta; è così che annulla la prospettiva nello spazio come nel
tempo e ne racchiude l'essenza in uno schema in cui i corpi dei suoi nuovi
“idoli” galleggiano irrigiditi in una infinita varietà di atteggiamenti,
tornando a esprimere l’enigma della sua infanzia, di quelle donne dall’identità
sfuggente, una volta per sempre.
“Nelle mie fantasticherie, le mie innamorate erano sempre prigioniere” (M.
Campigli, da “Scrupoli”, 1955).
CAMPIGLI. Il Novecento antico. Fondazione Magnani Rocca, via Fondazione
Magnani Rocca 4, Mamiano di Traversetolo (Parma). Dal 22 marzo al 29 giugno
2014. Aperto anche tutti i festivi. Orario: dal martedì al venerdì continuato
10-18 (la biglietteria chiude alle 17) – sabato, domenica e festivi continuato
10-19 (la biglietteria chiude alle 18). Lunedì chiuso, aperto il lunedì di
Pasqua.
Ingresso: € 9,00 valido anche per le raccolte permanenti - € 5,00 per le
scuole.
Informazioni e prenotazioni gruppi: tel. 0521 848327 / 848148 Fax 0521 848337
info@magnanirocca.it
www.magnanirocca.it
Il martedì ore 15.30 e la domenica ore 16, visita alla mostra con guida
specializzata; non occorre prenotare, basta presentarsi alla biglietteria; costo
€ 12,00 (ingresso e guida).
Ristorante nella corte del museo tel. 0521 848135.
Mostra e Catalogo (Silvana Editoriale) a cura di Stefano Roffi.
Ufficio Stampa: Studio ESSECI, Sergio Campagnolo
Stefania Bertelli
gestione1@studioesseci.net
tel. 049 663499
La mostra è realizzata grazie a: FONDAZIONE CARIPARMA, CARIPARMA CRÉDIT
AGRICOLE.
Sponsor tecnici: Angeli Cornici, Aon Artscope Fine Art Insurance Brokers,
Butterfly Transport, Gazzetta di Parma, Kreativehouse, Hotel Palace Maria
Luigia, SINA Fine Italian Hotels,
TEP, Società per la Mobilità e il Trasporto
Pubblico.
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