Con un’ironia che solo la
distanza (geografica e
anagrafica) può dare,
Meneghello – che ha passato gran parte della sua vita in Inghilterra
come
docente di italianistica
all’Università di Reading - ci racconta i suoi ricordi di bambino in un
piccolo
paesino del vicentino, Malo.
In questo percorso a ritroso
nella sua memoria personale attraversa territori universali: l’epica
della
nascita, la scoperta del
linguaggio, il trauma della scuola, il brivido della sessualità, il
potere della
religione, l’entusiasmo e la
violenza dei giochi e l’onnipotenza della morte. E il racconto non può
prescindere dal linguaggio,
cioè dal pensiero che lo ha generato, il dialetto. La parola si fa
interprete
testimone (ultima) di una
cultura orale, fragile, magica: scrive Meneghello che quando si
dimentica
una parola, con questa non si
rinuncia solo ad un termine vuoto ma si perde la cosa stessa. Un gioco
per tutti, per chi ha vissuto
quell’infanzia e per chi non ne sa (ancora) nulla.
Ingresso a offerta
responsabile, scelta condivisa da tutti i partecipanti alla
rassegna, che vogliono
lanciare una provocazione:
la cultura è un diritto, ma anche una responsabilità.
Continua la personale
fotografica di Giacomo de Donà, fotografo bellunese che propone un
percorso di riappropriazione
dei paesaggi dolomitici nella loro purezza: