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MANI FEMMINILI
Il lavoro delle
donne per la storia della moda a Venezia nei secoli XVI – XVIII
7 marzo - 7 Aprile
2013
Sale Monumentali
della Biblioteca Nazionale Marciana
Ingresso dal Museo
Correr
(Ala napoleonica di
Piazza San Marco)
Inaugurazione
giovedì 7 marzo
ore 12.00
Giovedì 7 marzo, alle
ore 12.00, nell’ambito dell’iniziativa “Do.Ve. Donne a Venezia.
Creatività, Economia, Felicità”, sarà inaugurata, nelle Sale monumentali
della Biblioteca Nazionale Marciana, la mostra documentaria “Mani
femminili. Il lavoro delle donne per la storia della moda a Venezia nei
secoli XVI – XVIII”, organizzata dall’Archivio di Stato di Venezia in
collaborazione con la Biblioteca Nazionale Marciana, il Centro Tedesco
di studi veneziani e l’Assessorato alla Cittadinanza delle Donne e alle
Attività Culturali del Comune di Venezia.
L’esposizione, che
sarà aperta al pubblico fino al 7 aprile con ingresso dal Museo Correr,
è stata curata da Michela Dal Borgo con Alessandra Schiavon, e rivolge
la sua attenzione al ruolo delle donne nell’ambito del lavoro “non
tacendo - come scrive Raffele Santoro, direttore dell’Archivio di Stato
nell’introduzione al catalogo - che quando si affronta il tema del
lavoro femminile non si deve mai dimenticare la grande fatica quotidiana
del lavoro domestico, non soggetto nei secoli ad alcuna
regolamentazione, neppure larvale, e quindi suscettibile di maggiore
sfruttamento per le donne stesse. |
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Le forme del lavoro
sociale femminile, proprio in quanto tale, rivelano l’intima essenza di
una qualsiasi aggregazione sociale, dicono tanto sui rapporti fra uomini
e donne, ma sugli stessi rapporti fra gli uomini, e sulle loro
caratterizzazioni nel senso di consuetudini giuridiche che discendono da
rapporti più profondi nel grembo della società, i quali proiettano la
loro ombra ben oltre il periodo storico nel quale sono indagati.”
Nella mostra i
documenti scelti vanno ad attestare come la mano d’opera femminile
venisse utilizzata, e in alcuni contesti territoriali anche valorizzata,
per la provata abilità di lavorare panni d’oro e d’argento, di lino e di
lana, di filare la seta grezza in modo netto ed uguale, nel
rispetto delle puntuali prescrizioni indicate nei capitolari
delle arti. Al contempo si conferma, nella legislazione prodotta dalle
varie magistrature della Repubblica, dai Savi alla mercanzia
all’Inquisitore alle arti alla Deputazione del commercio, l’attenzione
minuziosa alla qualità del prodotto come interesse proprio dello Stato
che vuole garantire - nel commercio verso gli esteri stati – il
buon nome di sé stesso. |
Dalle relazioni e dalle
indagini effettuate per conto delle magistrature veneziane, e conservate negli
archivi veneziani, si affacciano nomi (e nomignoli) di garzone e
lavoranti, di maestre e capimastre, distribuite nei sestieri della
città, nei suoi monasteri e nei suoi ospedali, come quello della Pietà o
degli Incurabili, ma anche nei territori del Trevigiano, di Bassano, del Friuli,
di Padova: nomi che forse si affacciano alla storia solo in quegli elenchi
semplici e un po’ sbiaditi, ma che rinviano ad esistenze connotate da specifiche
professionalità ed elevate specializzazioni.
Anche grazie al lavoro di
queste preziose mani femminili, Venezia si è qualificata nel mondo con i
suoi merletti, le sete, le stoffe di lino, gli arazzi, le perle di vetro. |
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