Il mondo
che l'artista proietta possiede la facoltà di stimolare l'immaginazione e
imporsi allo sguardo come la rappresentazione di qualcosa che oltrepassa il
reale. Un viaggio infinito fatto di visioni spontanee, unite da una genuina
vena ironica. In ogni composizione c'è sempre qualcosa di sorprendente e di
artificioso. Di allegro e rivelatore. Ogni opera sembra dotarsi della capacità
di rappresentare i sogni, le visioni e le fantasie di chi la osserva. Il
surrealismo di Bart Herreman è un modo di vedere le cose e di sorriderci sopra.
Un filtro d’inventiva che non si esaurisce mai dove ognuno può sognare e a modo
suo incoraggia l'artista che vuole essere un'ispirazione per tutti, adulti,
studenti, famiglie e bambini di ogni età.
Il rapporto
uomo-animale
Nel
rapporto tra animale e ambiente e tra uomo e animale risiede il segreto del
mondo fantastico di Bart Herreman. La figura umana è ora sovrastata da piccoli
animali divenuti improvvisamente giganti. Ora ignorata da possenti rinoceronti.
Ora controllata da curiose giraffe che bucano le nuvole. Nella relazione
uomo-animale tutti i codici comportamentali sfuggono al vero. Eppure sorprenderà
gli spettatori scoprire che tutto sarà straordinariamente credibile. La follia
si nutre di estremi, più forte il contrasto, pi funziona. “Il mio lavoro può
creare l'assurdo, non il normale”. (Bart Herreman)
La tecnica
Tutto è
spontaneo ma nulla è casuale. Per far si che l’impossibile sembri reale, ogni
dettaglio è pensato in anticipo. Le inquadrature, le luci, le prospettive sono
meticolosamente create e riunite per realizzare un'allucinazione verosimile. Con
un gioco di trasparenze, l'artista ritaglia rettangoli di cielo e li rende
materici creando volumi che non esistono, impalpabili e tangibili al tempo
stesso. Un accurato lavoro di ritagli, scontorni, posizionamenti sono alla base
della sperimentazione di Bart Herreman, fino a che anche l'ultima delle galline
trova la sua giusta sistemazione. Quella che, all'interno del quadro, crea
l'effetto meraviglia e fa esclamare “Ohhhhhh!”
Intervista
a Bart Herreman
Elefanti
alati, pinguini giganti, cieli magrittiani. Da cosa nascono queste intuizioni?
Ho sempre
creato luoghi inesistenti ed esseri prossimi al mitologico, anche se sono
cresciuto con la pellicola. Quarant'anni fa immaginavo cose strane entrare nelle
foto che scattavo. Prima occorrevano molti scatti, astuzie e scenografie a volte
complesse per arrivare alla composizione che avevo in mente. Poi andavo dal
tecnico che avrebbe dovuto elaborare le pellicole, ma i costi di post produzione
erano esorbitanti. Così il mio sogno diventava impossibile. Finché non è
arrivata l'era digitale. Il digitale è stato per me una liberazione perché non
dovevo più dipendere dagli altri.
Ed è
arrivata l'era di Photoshop e della tecnologia al servizio della fotografia.
I tecnici
sono stati sostituiti da Photoshop, utilizzato a modo mio. Se segui la tecnica
esatta, perdi l'atmosfera. Le mie foto non vogliono essere perfette, devono
essere un po' balorde. Spesso è una luce eccessiva o sporca a fare la foto.
Quello che conta è sempre il risultato finale.
Che animali
ti hanno dato più soddisfazione in questo viaggio impossibile?
Tutto è
iniziato con la giraffa. Un animale difficile da gestire per gli ingombri lunghi
e affilati. In realtà tutti gli animali hanno qualcosa di assurdo se li
sproporzioni o li collochi, dove non ti aspetteresti di vederli. Una gallina
enorme diventa paradossale, così come un rinoceronte in una cattedrale.
Figure
ecclesiastiche, chiese e processioni. Come mai ricorre il tema religioso?
Sono sempre
stato affascinato dal mondo mistico. Le luci, il silenzio, l'odore d’incenso. Le
chiese, da non credente, mi affascinano. In un ambiente così può succedere di
tutto. Anche di immaginare un rinoceronte che difende il suo spazio.
Automaticamente diventa parte del mistero, di un assoluto sbigottimento.
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