Nello spettacolo assume una
funzione altrettanto importante l’incontro e l’amicizia tra Ciro Iozzino e
Adriana, la sorella del poliziotto Francesco Zizzi, altro membro della scorta di
Moro, proveniente da Fasano in provincia di Brindisi, che quella mattina del 16
marzo era al suo primo giorno di lavoro sostituendo la guardia titolare che la
sera prima, “stranamente”, era stata mandata in ferie. Francesco, diventato da
poco poliziotto, aveva una grande passione per la chitarra e cantava le canzoni
di Domenico Modugno, pugliese come lui e come lo stesso Aldo Moro che, in
macchina, quella mattina, affrontava gli ultimi giorni della sua vita,
ascoltando Zizzi che cantava “La Lontananza” di Modugno.
L’ingenuità e la leggerezza dei membri della scorta irrobustiscono la disperata
determinazione di Ciro Iozzino nella ricerca della verità. Questa ricerca lo
porterà di fronte a molte “stranezze” portate avanti da statisti come Giulio
Andreotti e Francesco Cossiga. Tra le “stranezze” scoperte e denunciate da Ciro
Iozzino nello spettacolo ne ricordiamo alcune: in genere un’ora dopo il
rapimento di una persona le indagini venivano assegnate, come stabilito dal
Codice di procedura penale, al giudice istruttore che a Roma, il giorno in cui
avvenne la strage, era Ferdinando Imposimato. Invece le indagini, trasgredendo
il Codice, rimangono nelle mani della Procura della Repubblica di Roma che le
affida al giudice Imposimato solo il 18 maggio 1978 quando Aldo Moro è già stato
ucciso da nove giorni.
Le “stranezze” denunciate nello spettacolo continuano. Il 31 gennaio del 1978,
circa due mesi prima del rapimento Moro, nasce l’UCIGOS, un organismo di polizia
speciale che va a lavorare alle dipendenze del Ministro dell’Interno che
all’epoca era Francesco Cossiga. La famiglia di Iozzino non si spiega come mai
nasca una squadra speciale di polizia investigativa senza l’autonomia che la
Costituzione gli affida perché alle strette dipendenze di un ministero.
Qualche mese prima della strage di via Fani accade una cosa ancora più
inspiegabile, viene smantellato l’Ispettorato antiterrorismo diretto da Santillo
che aveva raggiunto risultati eccellenti contro i terroristi e contro la Loggia
Massonica P2. Fatto fuori Santillo e la sua “squadra”, a indagare sul
terrorismo, prima del rapimento di Moro, rimaneva solo l’UCIGOS, che era alle
strette dipendenze del ministro Cossiga.
Chi aveva interessi a cancellare la squadra antiterrorismo di Santillo per
fondare una polizia alle strette dipendenze di Cossiga? –si chiede Ciro Iozzino.
Altra terribile verità scoperta da Ciro e denunciata nello spettacolo è quella
secondo la quale uomini dell’ UCIGOS ad agosto del 1978 erano già stati in via
Montalcini n. 8, la prigione di Moro e che il quadro generale dei fatti fosse
chiaro a pezzi dello Stato già allora.
La denuncia finale che Ciro Iozzino fa nello spettacolo, e che allontana ogni
dubbio sulla partecipazione dello Stato alla condanna a morte di Moro,
suffragata da documenti, riguarda le rivelazioni di Pieczenik, un esperto di
terrorismo mandato segretamente in Italia dal governo USA per la gestione del
caso Moro. Pieczenik fa delle rivelazioni di cui è in possesso il giudice
Imposimato e che riportiamo in parte, che diventano un momento importante dello
spettacolo e, nel contempo, la rivelazione finale della verità sui mandanti
dell’assassinio di Moro: “Quando Moro ha fatto capire attraverso le sue lettere
che era sul punto di rivelare dei segreti di Stato e di fare i nomi di coloro
che quei segreti detenevano, in quel momento mi sono girato verso Cossiga
dicendogli che ci trovavamo a un bivio: se Moro potesse continuare a vivere o
dovesse morire con le sue rivelazioni. La decisione di far uccidere Moro non è
stata una decisione presa alla leggera. La decisione finale è stata di Cossiga,
e presumo anche di Andreotti: Moro doveva morire.”
Note di regia
“Un altro spettacolo su Moro? Non se ne può più.” -direte. Avete ragione. Più
che di spettacoli sul caso Moro c’è la necessità di sapere la verità sulla sua
morte. Questo nostro lavoro vuole prima di tutto contribuire alla scoperta della
verità e alla sua divulgazione. E’ un pò altezzoso il fine ma le scoperte del
giudice Ferdinando Imposimato, titolare dei primi processi sul caso Moro, fino
all’assassinio del fratello Franco, vanno verso la costruzione di una chiara
verità: “Moro doveva morire”, era utile bloccare la sua apertura alla sinistra.
Le nuove rivelazioni del giudice Imposimato rappresentano la base contenutistica
del testo dove però le scoperte del giudice, sono intrecciate con la vita di
Iozzino e Zizzi, due membri della scorta. Raffaele Iozzino era il poliziotto che
riuscì a sparare due colpi contro i terroristi. Francesco Zizzi, era poliziotto
ma soprattutto grande chitarrista e cantante di piano bar. Era al suo primo
giorno di lavoro avendo sostituito, proprio quella mattina, la guardia titolare
che aveva presentato un certificato medico. Nelle parole e nelle azioni di Ciro
Iozzino, fratello di Raffaele, protagonista dello spettacolo, abbiamo voluto
descrivere le ansie e la disperazione di un ragazzo del sud a cui “distruggono”
la famiglia. Con la figura della mamma di Raffaele, continuamente evocata,
abbiamo voluto far parlare la disperazione di una mamma che non riesce a darsi
pace, una mamma che vede il figlio partire per servire lo Stato e che rimane ad
aspettare la verità da più di trent’anni. Nello stesso tempo crediamo che questo
lavoro contribuisca ad informare sulle “colpe” di Francesco Cossiga e Giulio
Andreotti che “non hanno voluto salvare Moro”.
Ulderico Pesce
www.uldericopesce.it
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