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Ne
scaturisce uno spettacolo trascinante, che tocca tante diverse corde,
raccontando storie di uomini solo in apparenza molto diversi da noi, ma
nei quali possiamo vedere riflesse tutte le nostre debolezze, le nostre
inquietudini, le nostre nevrosi. Tutte quante messe in scena non per
farsene gioco, ma per riconoscerle e saperci anche ridere sopra (non
senza un briciolo di compassione).
A rendere
tutta la messinscena più coinvolgente, poi, ci pensa anche la
scenografia, volutamente molto scarna (un tavolino, due sgabelli, una
sedia, un microfono con un’asta da radio d.j. e un piccolo pannello
recante la scritta “On Air”, oltre -ovviamente- agli strumenti
musicali), in modo da farci sentire continuamente chiamati in causa
nelle vicende e nelle situazioni vissute dai diversi personaggi.
Anche i
costumi concorrono a creare lo stesso effetto di dialogo intimo e
serrato tra cast e pubblico, con pochi cambi tutti a vista.
Per cui,
non illudetevi, cari spettatori: difficilmente riusciremo a capire
quando rideremo alle spalle di queste vittime consenzienti del nostro
tempo di crisi e di paura, quando piuttosto rideremo assieme a loro, e
quando invece rideremo di noi stessi. Così, sotto il divertimento
feroce, il grottesco e lo humor nero, spunterà una visione inquieta del
tempo in cui viviamo. |