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Lo spettacolo mette in
luce la grandezza del messaggio cristiano attraverso la messa in scena
di quattro quadri che rappresentano ognuno un messaggio di Cristo: le
parole dell’ultima cena, i pensieri sulla guerra, sulla pace e sulla
solidarietà, nonché l’utopia dell’essere tutti uguali vengono trasposti
in uno scenario distorto e spesso totalmente opposto, evidenziando come
i fedeli di una religione siano spesso incapaci di aderire alle parole
di colui che dovrebbe rappresentare una guida.
Attraverso le varie scene che si presentano come un misto di recitazione
e di teatro-danza, emerge una realtà speculare in cui la cristianità si
ripiega su se stessa e si manifesta in tutte le sue contraddizioni e in
tutta la sua deformità.
La figura del Cristo si rivela come l’incompreso per eccellenza, colui
che è stato troppo spesso scelto come vessillo e svuotato dei suoi
messaggi più eversivi e rivoluzionari.
Un mondo fatto di conflitti, di gerarchie delle minoranze, di
spettacolarizzazione delle emozioni e di mercimonio della spiritualità
si staglia davanti allo spettatore come uno specchio dell’idealità
cristiana.
Uno spunto, quindi, per riflettere sul rapporto tra spiritualità e
istituzioni in un momento storico in cui la complessità del reale impone
un’evoluzione del concetto di religione. |