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LEVONE 27 OTTOBRE 2013
“SAGRA del PIGNOLETTO ROSSO di LEVONE”
Si segnala il 27
ottobre 2013 la “ 5° sagra del PIGNOLETTO “ organizzata dalla Proloco di
Levone.
La manifestazione è
una mostra mercato delle eccellenze dell'enograstronomia,
dell'agricoltura e dell'artigianato Locale ed è rivolta alla promozione
del territorio alla riscoperta di quei gusti, quei sapori di un tempo,
anche se non troppo remoto, ma oramai perso nello stress e nel vivere
ossessionante quotidiano
La manifestazione
vuole essere e dare il senso di un tuffo nel passato, nel mezzo di un
paese che ha conservato al meglio la struttura contadina, ed alcune
attrattive turistiche visibili e visitabili durante la giornata del 27
ottobre 2013, come il vecchio mulino del ‘500 ed un forno a legna dove
attualmente si producono torcetti, pane e paste di meliga.
Si potrà pranzare al
coperto ed a modico prezzo degustando piatti della tradizione contadina.
Castagne, torte e vin
brulè saranno il piacevole contorno della manifestazione.
Vi aspettiamo!
www.prolevone.com
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prolevone@gmail.com |
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Breve Storia di Levone
Levone è un piccolo
paesino canavesano, incastonato tra il verde della collina di Sepegna,
propaggine del monte Soglio e la collina “Valle”. Di origine
antichissime: sono state trovate parecchie steli funerarie romane e
reperti archeologici risalenti all’età della pietra, attualmente
conservati nel museo di Cuorgnè.
La
popolazione era dedita principalmente all’agricoltura e pastorizia, con
alcune attivati artigianali come la cava di calce fonte primaria di
reddito per alcuni secoli, sia per la popolazione che per le casse
comunali, con documentazioni risalenti al 1300 e la costruzione di
oggetti in terra cotta, ricavate dall’argilla “caolino” presente nella
collina “ Valle”. Tra la fine dell’ottocento fino alla metà del
novecento, Levone contava oltre 20 attività artigianali dedite alla
costruzione e commercio di manufatti in terra cotta.
Levone è
altresì famoso anche per essere il “paese delle streghe” e si contende
con Triora il triste primato della condanna a morte al rogo di donne
perseguitate dall’inquisizione e condannate per atti di stregoneria nel
1400.
Famoso è il processo
alle streghe di Levone da parte dell’inquisizione nel castello di Rivara,
con la condanna al rogo di tre donne nel 1474 al “ pra quazoglio” nei
pressi del torrente Malone, condanna eseguita solo su due presunte
streghe, poiche una era riuscita a fuggire dalla prigione.
Nella
parte pianeggiante, fino al confine col torrente Malone che divide il
territorio dal comune di Barbania, venivano coltivate, assieme al
frumento ed al mais per uso zootecnico, anche alcune qualità di meliga
da polenta. |
La meliga per la
polenta, è stato il frutto di selezioni da parte dei contadini, per ottenere un
mais dalle qualità organolettiche eccellenti, magari con meno resa nel raccolto
ma con qualità molto superiori e si riuscì così a selezionare e produrre come
seme da impianto il Pignoletto, l’Ottofile, l’Ostenga ed altre qualità.
Purtroppo, con
l’avvento dell’industrializzazione e le colture intensive nell’agricoltura anche
nei centri più piccoli, come Levone, hanno fatto si che la tradizione di
consumare la polenta andasse man mano scemando, lasciando spazio a più
coltivazioni dai mais come alimento per gli animali, ed a tavola, il gusto della
vera polenta tradizionale di un tempo ha lasciato spazio alle farine
industriali, dai tempi di cottura brevi, dal più facile reperimento, ma dalle
caratteristiche organolettiche scadenti.
Dagli anni ottanta
in poi, dopo un lungo periodo di ricerca presso quei “vecchi” contadini che
coltivavano ancora piccole porzioni di campo per uso famigliare la meliga da
polenta; dopo varie selezioni, si è potuto così salvare il Pignoletto, l’Ottofile
e l’Ostenga, che erano in fase di estinzione, ora sono coltivate in appezzamenti
presso alcune cascine.
IL PIGNOLETTO ROSSO
Il Pignoletto rosso è un tipo
di mais originario dell’America centrale, Messico e Guatemala,importato da
Cristoforo Colombo in Spagna. |
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Il mais (Zea mays)
è una pianta erbacea di crescita annuale, della famiglia delle graminacee, i
frutti del mais sono chiamati generalmente grani o chicchi, il suo nome
scientifico è “cariossidi”, hanno generalmente l’aspetto tondeggiane ed a volte
anche con forme geometriche diverse, riunite in lunghe file, sulla superficie
del tutolo legnoso, il tutto viene comunemente denominato “pannocchia”.
Lecariossidi o chicchi, hanno una consistenza cornea e normalmente, nella
maggioranza delle qualità del mais sono gialle, ma possono essere anche di
colore bianco, arancione, rosso porporino ed in alcuni tipi di semi importati
dal Perù , bluastre e nere.
La pianta può
superare anche i due metri, seminata in primavera ad una distanza minima di 30
centimetri, richiede una concimazione naturale e chimica alla semina con
aggiunta nel primo periodo di crescita, nella “fioritura”, quando inizia a
nascere la pannocchia, presenta all’estremità un singolare pennacchio. Ha
bisogno di molta acqua per garantire un raccolto ottimo ed abbondante.La
raccolta è prevista da fine settembre sino a novembre inoltrato. Viene anche
raccolta e “triturata” verde come alimento invernale per gli animali.
Fondamentale per
avere una farina di mais di qualità, sia per polenta che come utilizzo per i
dolci, ed il pane e l’operazione di macinatura.
Un tempo si
eseguiva nei vecchi mulini con macine a pietra, con la forza naturale dell’acqua
che faceva girare una grande ruota e con una serie di trasmissioni, meccanismi
ed ingranaggi di legno, quasi sempre legno di melo, il movimento veniva
trasmesso alle macine che frantumavano particelle di millimetro per avere una
granularità di farina più grossa o più fine a seconda delle esigenze e del loro
utilizzo.
I vecchi mulini di
un tempo e noi a Levone abbiamo ancora la fortuna di averne uno funzionante con
tre macine, risalente ai primi del ‘ 500 , avevano quel profumo di farina
fresca, ammantati sempre da una polvere sottile di bianco che ricopriva ogni
angolo ed il vestiario del mugnaio, ma il tutto serviva a dare del buon pane,
dell’ottima polente dei dolci per la festa e per i piccoli, realizzati
artigianalmente e cotti nei forni o nelle stufe di casa.
Quest’atmosfera
particolare, che è rimasta impressa nelle persone di una certa età, è stata
soppiantata nel tempo dai mulini moderni, che riescono a dare una resa di
macinazione anche fino a 1.000 quintali l’ora, contro i circa 150 chili di
farina prodotta all’ora dal mulini simili a quelli di un tempo e riportati dalla
pubblicità del “ mulino bianco”
La qualità del
prodotto della farina macinata a pietra, non è paragonabile a quella attuale, in
quanto nei mulini moderni il prodotto subisce uno shock termico portando la
temperatura a 80/90°, mentre con la macinatura tradizionale, non subiva
eccessivi riscaldi ed il prodotto si conservava integro in tutte le sue parti
offrendo al palato ed al nostro organismo una qualità ed un valore nutritivo
superiore alle farine attuali.
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