Opera espressione della fragilità è quella di
Irene Lucia Vanelli che da psichiatra analizza gli stati d’animo e li
rappresenta in sagome tridimensionali, aprendo con la sua verticalità i lavori
a seguire.
Un quadro dipinto su tavola del siciliano Momò
Calascibetta ritrae satiricamente l’abbraccio di due amanti a confronto con i
due pesci sul tavolo; a seguire un opera della torinese, residente in Francia,
Anna Frida Madia che presenta il ritratto di Calipso con un occhio piumato a
rappresentare un occhio magico in grado di scrutare gli eventi futuri; per
finire un disegno su vari strati di carta oleata della performer bulgara Emila
Sirakova che affronta il corpo umano proiettando su di esso il proprio ego.
Proseguendo nelle sale si passa dall’unica
fotografia esposta in mostra, dell’artista bresciano Gianluca Chiodi che
presenta un opera ironica, grottesca e riflessiva sugli eccessi della chirurgia
estetica e sul Fashion Victim.
Nell’ambiente successivo si ha subito l’incontro
visivo con un opera installativa di Annalù che unisce la scultura di un tronco
di corteccia con le maschere psichiatriche dipinte a lato, dove ogni fruitore
vede immagini diverse e strettamente riconducibili al proprio essere.
Al suo fianco le monocromie del piemontese Silvio
Porzionato dipingono una donna bambina, con la sua innocenza e la sua spiccata
innata sensualità.
Dall’altro lato, proprio a chiudere lo spazio dei
bianchi e neri troviamo una rielaborazione pittorica su immagine fotografica
originale del romano Cristiano De Matteis, simbolo dell’indifferenza che è
l’essenza della disumanità.
A completare questo secondo ambiente abbiamo due
opere gestuali, un interno della calabrese Tina Sgrò, forte, riflessiva e di
gran carattere, affiancata da un ritratto di Fabio Usvardi che con le mani
dipinge e descrive la fragilità della condizione umana.
Gli spazi della galleria continuano per arrivare
al salone dedicato all’incontro; sopra il divano bianco vi è appeso un
fantastico e divertente dipinto di Willow, artista milanese ed esponente di
quella corrente che sta in mezzo tra la POP ed il design. Al suo fianco un
dittico della palermitana Angela Viola, un contrasto cromatico, un dualismo
nella forma che convoglia infine in un unica atmosfera sospesa, rarefatta,
essenziale e vagamente inquietante.
Si continua il percorso con due mani che
disgregano la materia, olio su lamiera ossidata della pittrice umbra Roberta
Ubaldi, una compenetrazione cromatica e materica tra pittura e supporto.
Si conclude con un opera assolutamente
contemporanea per tecnica, messaggio e cromatismo della milanese Anna Caruso,
che riesce a fondere il mondo reale e tangibile con quello intellettivo ed
emozionale tipico del vivere quotidiano.
Salvatore Marsiglione
ALIENS
by
Sergio Curtacci
La pratica artistica contemporanea si situa in un
contesto sociale caratterizzato da due fenomeni complementari e ugualmente
significativi, da una parte il predominio delle immagini sul linguaggio e
dall’altra il diffondersi dell’esperienza della solitudine e dell’indifferenza,
dimensioni esistenziali che non riconducono più necessariamente all’altro di sé.
Entrambi i fenomeni hanno origine nella facilità
di accesso alla comunicazione visiva di massa e nel voler esaltare e rivendicare
la libertà individuale, diffusa e supportata dagli apparati pubblicitari. Se
nell’età moderna il rapporto tra l’individuo e la massa viveva nell’alternanza
di due movimenti antitetici, la perdita del
soggetto nella folla o al contrario, il potere
assoluto rivendicato dalla coscienza individuale, nelle forme di solitudine
della modernità, l’antitesi vitale della contemporaneità si è oggi ridotta a
forme banali di pseudo socialità e ad una sterile contrattualità con il mondo.
Le identità sono sempre più provvisorie e legate
alle funzioni transitorie degli utenti dei vari sistemi: stradale, commerciale,
bancario, ecc...
Siamo soli ma al tempo stesso accomunati agli altri da relazioni di tipo
contrattuale o da norme prescrittive.
L’esercizio di queste pratiche solipolistiche ha
trasformato la coesistenza sociale in un arcipelago di individualità contigue ma
distinte, sostanzialmente indifferenti le une alle altre.
Come alieni ci muoviamo sulla terra, osservando
tutto con distacco, leggiamo libri e giornali in metropolitana senza accorgerci
(o meglio dire non volendo accorgercene) del violento scippo che si sta
consumando accanto a noi. Ma la vera tragedia risiede nel fatto che non
riusciamo a capire neppure ciò che stiamo leggendo. Invitiamo amici a pranzo o a
cena, dispensiamo loro sorrisi ed attenzioni, poi li incrociamo il giorno dopo
per strada e ci volgiamo dall’altra parte per non doverli salutare, o peggio
fermarci a scambiare poche parole che, spesso e volentieri, riteniamo possano
tradursi in inutili convenevoli.
Dopo l’11 settembre 2001 se vogliamo, tutto ciò si
è acuito, all’indifferenza ed al fastidio si è aggiunta la paura, il terrore del
diverso, guardiamo gli altri come potenziali nemici, ci muoviamo con
circospezione... Meglio rimanere a casa e nascondersi dietro al monitor di un
computer e navigare in internet per ore, magari con identità fittizie,
proponendoci agli altri come eroi moderni senza macchia e senza paura, per
tornare il giorno dopo i soliti alieni, visitatori timorosi del pianeta terra.
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