Venerdì 18
gennaio alle ore 18,00 presso la Biblioteca San Genesio della Fondazione Casa
Lyda Borelli
(Via Saragozza, 236) INCONTRO CON Michele Placido che converserà
con gli Ospiti della Casa e con il pubblico durante un incontro che sarà
introdotto da Lamberto Trezzini, Presidente di Casa Lyda Borelli, e condotto
dal giornalista e critico teatrale Massimo Marino. Incontro gratuito aperto a
tutti.
Prezzi
(comprensivi di d.p.): Platea 29 € – I Galleria 24 € – II Galleria 19 € (sono
previste riduzioni)
Prevendite
disponibili presso la biglietteria del teatro (da martedì al sabato dalle 15
alle 19) e nei punti prevendita Vivaticket.
Biglietteria e
informazioni: Via Cartoleria, 42 | tel. 051 231836 |
www.teatrodusebologna.it
"Ho voluto uno
spazio con memorie di secoli, con macerie e tracce di volti carismatici di più
storie e culture, dai Kennedy a Bin Laden, da Hitler a Mussolini, da Presley
alla Monroe, a Pasolini. E l'orizzonte è attraversato da più musiche, più suoni
delle guerre umane: nella tempesta e nella pazzia di Lear ho inserito le urla,
gli appelli disperati in inglese delle tragiche vittime del crollo delle Torri
Gemelle".
Michele Placido
NOTE DI REGIA
- Michele Placido, Francesco Manetti
Ho frequentato
Shakespeare nei più teneri anni dell’adolescenza, improvvisando rappresentazioni
notturne per i miei compagni paesani (ricordo un “essere o non essere” finito
con un gavettone d’acqua), iniziai la mia carriera proprio come attore nel
ruolo del “muro” nel “Sogno di una notte di mezza estate” con la regia di Orazio
Costa; ho poi interpretato il bastardo nel “Re Giovanni” con la regia di
Fortunato Simone, Calibano ne “La Tempesta” con la regia di Sthreler, Petruccio
ne “La Bisbetica Domata” con la regia di Dall’Aglio, MacBeth e Otello con la
regia di Bellocchio e Calenda. Solo l’assidua frequentazione del mondo di
Shakepeare in questi anni tormentati della nostra storia mi ha dato coraggio nel
proseguire il cammino senza sorprendermi dell’orrore che noi uomini siamo capaci
di scatenare.
Re Lear esplora
la natura stessa dell'esistenza umana: l'amore e il dovere, il potere e la
perdita, il bene e il male, racconta della fine di un mondo, il crollo di tutte
le certezze di un’epoca, lo sgomento dell’essere umano di fronte
all’imperscrutabilità delle leggi dell’universo.
All’inizio del
dramma Lear rinuncia al suo ruolo, consegna il suo regno nelle mani delle
figlie, si spoglia dell’essere Re, pilastro e centro del mondo, per tornare uomo
tra gli uomini, rifarsi bambino e in pace “gattonare verso la morte”. Come un
bambino pretende l’amore, Lear esige in cambio della cessione del suo potere,
che le figlie espongano in parole i loro sentimenti per lui. Ma Cordelia, la più
piccola, sa che l’amore, il vero amore non ha parole e alla richiesta del padre
può rispondere solo: “nulla, mio signore”. È questo equivoco, questo confondere
l’amore con le parole, che, nel momento in cui le altre figlie si mostreranno
per quello che sono, farà crollare Lear rendendolo pazzo. E con Lear è il mondo
intero che va fuor di sesto, la natura scatenata e innocente riprende il suo
dominio, riporta gli uomini al loro stato primordiale, nudi e impauriti, in
balia di freddo e pioggia a lottare per la propria sopravvivenza, vermi della
terra. È qui che può cominciare un crudele cammino d’iniziazione: resi folli o
ciechi per non aver saputo capire o vedere, Lear e il suo alter ego Gloucester,
accompagnati da figli che si son fatti padri, giungeranno finalmente a capire e
vedere.
Il palcoscenico
in cui si muovono i nostri personaggi, è la distruzione del mondo. La storia di
Lear è la storia dell’uomo, la storia di civiltà che si credono eterne ma che
fondano il loro potere su resti di altri poteri, in un continuo girotondo di
catastrofi e ricostruzioni, di macerie costruite su macerie.
Scene in sé così
vive e potenti da farci tornare alla mente una composizione poetica del ‘500 dal
forte simbolismo: “Corpus Christis Carol” dal quale trasuda un fremito religioso
che attraversa anche il testo shakespeariano. Da questo canto, tramandato nei
secoli e rinnovato nella meravigliosa interpretazione di Jeff Buckley, la cui
vita grottesca e drammatica ci ricorda personaggi come Edgar e il Fool, partirà
la composizione della drammaturgia musicale, realizzata da Luca D’Alberto, che
fonderà i profili di Cordelia con il Fool, del Fool con Lear, di Edgar con
Gloucester, attraverso soluzioni armoniche e graffi timbrici.
Che cosa ha
dunque senso in questa tragedia? Quale speranza possiamo trarre? Forse solo la
conoscenza di che cosa sia l’uomo di fronte all’universo, raggiunta attraverso
un percorso di spoliazione in cui l’amore e la solidarietà si mostrano nella
loro essenza terribilmente umana. Forse solo a questo, ad aiutare la creazione
di questa consapevolezza, mira tutta l’opera di Shakespeare, a patto però che
gli spettatori non dimentichino mai di trovarsi a teatro, che non cadano
nell’illusione di un altro mondo, che sempre vedano il muro dietro la scena di
cartone.
|