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Teatro Duse
Da venerdì 13 a
domenica 15 dicembre
(venerdì e sabato ore 21 – domenica ore 16)
Teatro Franco Parenti
/ Teatro Stabile dell’Umbria
IL DON GIOVANNI
VIVERE È UN ABUSO,
MAI UN DIRITTO
di e con
Filippo Timi
e con Umberto Petranca,
Alexandre Styker, Marina Rocco, Elena Lietti, Lucia Mascino, Roberto
Laureri Matteo De Blasio, Fulvio Accogli
luci Gigi Saccomandi
suono Beppe
Pellicciari
costumi Fabio
Zambernardi in collaborazione con Lawrence Steele
regista Assistente
Fabio Cherstich
regia e scena Filippo
Timi
Né secondo Molière,
né secondo Mozart, semplicemente secondo Filippo Timi: il mito di Don
Giovanni riscritto dal più irriverente dei giovani artisti italiani. |
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Per la prima volta
sul palcoscenico del Teatro Duse, Filippo Timi porterà il suo “Don
Giovanni” a Bologna dal 13 al 15 dicembre.
Dopo l’Amleto,
con “Il Don Giovanni”, Filippo Timi continua il suo
percorso di riscrittura e di reintepretazione intervenendo su un testo
classico con quella carica di humor nero che fa presagire la morte,
tanto che il suo Don Giovanni sa già di dover morire: conosce la sua
fine, deve semplicemente rincorrerla. E’ il prototipo di un’umanità
volubile, che ha fame di potere, che ama la mistificazione e
l’autoinganno proprio perché sa che è condannata ad estinguersi, che non
potrà esimersi dal suo appuntamento con la morte. Egli ha capito che la
vita è ingiusta, una farsa che si trasforma in tragedia, e che la vita è
giustificata solo dalla morte. Questa consapevolezza lo trattiene, non
lo fa bruciare, benché desideri bruciare, essendo convinto che un
desiderio morto non è più un desiderio.
Il suo rapporto con
Donna Anna, Donna Elvira e Zerlina è molto teatrale, proprio perché la
sua arte è tutta teatrale. Donna Elvira è, forse, l’amore vero, quello
che appartiene al passato, Donna Anna è l’amore ingannatore e, pertanto,
violento, Zerlina è l’amore della seduzione, del desiderio di purezza.
Tutte hanno le loro storie, così come Don Giovanni ha la sua, proprio
per questo non si sottrae all’essere se stesso.
Tutti i personaggi si
trovano ingabbiati negli straordinari costumi di Fabio Zambernardi e
nelle luci, di forte spettacolarità, disegnate da Gigi Saccomandi. |
APERITIVO CON L’ATTORE:
sabato 14 dicembre alle ore 19.00 al bar del teatro Duse
Filippo Timi e la compagnia di attori de “Il Don Giovanni” incontrano il
pubblico, modera l'incontro Vincenzo Branà. Ingresso libero.
Prevendite presso la
biglietteria del Teatro Duse (dal martedì al sabato dalle 15 alle 19), nei punti
prevendita Vivaticket.
Biglietteria e
informazioni:
Via Cartoleria, 42 - tel.
051 231836 -
biglietteria@teatrodusebologna.it
Bologna, 11
dicembre ’13 Ufficio stampa Teatro Duse: Silvia
Lombardi - stampa@teatrodusebologna.it
NOTE DI REGIA di Filippo
Timi
Don Giovanni conosce la sua
fine, è solo questione di rincorsa. Don Giovanni è l’umanità volubile e
insaziabile, l’umanità finalmente priva di quelle morali colpevoli dell’assurdo
destino verso cui stiamo precipitando. E la colpa non è certo della storia, o di
tutti quei Cristi che c’hanno professato amore, ma la nostra: la fame di potere
insita nell’uomo, nessuno escluso, la fame di resistere, di mistificare, di
ingannarsi piuttosto che sopravvivere. |
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Meglio morire da idioti ma
tutti insieme che svegliarsi e di colpo comprendere l’errore? Evidentemente sì.
Ma stavolta l’evidenza lascerà una firma sanguinaria, una firma così profonda da
spazzare via l’intera umanità. Don Giovanni è un’intera Storia dell’umanità che
muore. Finalmente, dopo la sua rincorsa, dopo millenni di fame, eccolo pagare il
conto. Non c’è scampo: se neppure un’umanità sveglia e godereccia, fuori dalle
regole e concentrata sul piacere come Don Giovanni, non può esimersi dal suo più
importante appuntamento con la morte, allora, neppure noi possiamo più far finta
di nulla. Solo schiavi delle proprie miserie e desideri più neri ci si
riappacifica con la propria infanzia, e si è pronti a vivere la morte.
La vita è ingiusta, ecco che
cos’è la vita, una farsa che si trasforma in tragedia. Vivo è solo ciò che
muore, e solo amando si rischia davvero di toccare le vette gelide dell’estrema
solitudine, e da lì sentire il canto delle sirene. Solo tradendo si raggiunge
l’amore assoluto. Un desiderio morto non è più un desiderio. Don Giovanni non
brucia mai veramente, desidera bruciare, promette l’inferno, la sua arte è
teatrale, recita così bene la promessa che è impossibile non credergli o ancora
meglio non desiderare credergli. Donna Elvira è il passato, è la conquista
difficile, la conquista di un tempo lento, l’amore vero, la prima donna, l’amore
che ritorna a chiedere il compenso di una promessa già fatta. Donna Anna è
l’amore ingannatore, violento, un errore semi-calcolato, è l’amore che libera
dal vecchio incubo e rende la donna libera di scendere verso un incubo ancora
più cosciente, è l’amore compulsivo, immediato, sbagliato per definizione.
Zerlina è l’improvvisazione,
la dialettica della seduzione, è l’amore invidioso, la voglia di portare via la
donna al marito, il desiderio di ritrovare quella purezza semplice di sposare la
figlia del farmacista.
Ognuno ha la propria storia,
io la mia, tu la tua, voi la vostra e Don Giovanni ha la sua. Non l’ha scelto
lui di nascere, Mito, gli è capitato, e lui non si sottrae dall’essere se
stesso. Ecco in cosa è grande. Non perché accetta la morte, deve, per forza,
come tutti. E’ grande perché accetta a pieno le conseguenze, inevitabili,
dell’essere nient’altro che se stesso.
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