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La
Galleria d’Arte Contemporanea Wikiarte
in Via
San Felice 18 - Bologna
È lieta
di invitarvi
SABATO 14 DICEMBRE 2013
ore
18.00
alla
mostra
da
RANUCCI a FOGACCI
(I
COLORI DELL'IMMAGINAZIONE)
Due
differenti proposizioni all'interno di una medesima ipotesi pittorica,
una ricerca di estetica radicale diretta verso una sintesi visiva
compendio di esperienze praticate nell'attualità dell'anacronismo. Lucio
Ranucci e Rubens Fogacci si incontrano agli estremi di un dialogo ideale
che trascende il tempo immanente, l'uno diviene – di volta in volta –
interlocutore dell'altro, libero e prigioniero, dentro e fuori la
dimensione dell'irreale realtà vera. L'orizzontalità cronologica,
narrativa, si sgretola e si infrange contro la verticalità di un tempo
interno all'immagine, privo di smagliature o cedimenti perché eterno nel
perdurante “qui e ora” della rappresentazione. L'esperienza biografica
intensa, avventurosa di Ranucci, vissuta attraverso Paesi che lo hanno
visto occupato nei mestieri più disparati, ritrova il proprio naturale
correlativo oggettivo nella sua pittura, estrema e rigorosa, dai tratti
duri, spigolosi, ma così incisiva e icastica in una lettura che si
spinga oltre e al di là della soglia del visibile. |
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Sono i
colori a determinare i movimenti dialettici del pensiero, ad espandere e
spezzare le tensioni che creano le forme, i rapporti dimensionali nello
spazio. Più volte, considerando le proprie opere cinematografiche,
Michelangelo Antonioni diceva che la storia, la narrazione, non era
altro che un fatto, un puro accadimento, mentre era il colore, nel suo
rapporto con i vari tempi e dimensioni dell'immagine, a stabilirne la
qualità. Allo stesso modo, probabilmente, in Ranucci dove la
reiterazione del soggetto ( la donna che legge, l'interno con i due
amanti, le varie scene di mercato ) è pretesto per una più ampia analisi
dei rapporti e delle situazioni umane: la storia narrata diviene simbolo
e referente di una Storia universale, visione e interpretazione di
un'intera commedia umana, per dirla con Balzac. L'accostamento ardito di
colori violenti, pieni, contribuisce a costruire uno speciale senso di
saturazione dello spazio di ascendenza cubista, solidamente bilanciato
in nuclei cromatici che articolano l'immagine scomponendola in piani
animati progressivi. Caratteristica fondamentale che riguarda ogni
personaggio dipinto da Ranucci è la totale assenza di sguardo:
attraverso due semplici cavità nere il volto si riappropria della
maschera, recuperando il significato profondo che la parola
“pròsopon” aveva nella civiltà classica: la persona, l'anima, la
reale essenza dell'individuo. |
Il maestro
produce così una sorta di umana archeologia contemporanea, una analisi storica
che sorpassa il tempo sbriciolandolo nell'istante universale. Oltrepassando
quegli occhi scavati, come nello specchio di Alice, si percorrono idealmente
cunicoli collegati a mondi paralleli, aperti infine sugli occhi grandi e
spalancati dei volti dipinti da Fogacci. Assonanti con lo stile di maestri del
disegno e dell'animazione – Bozzetto e Pagot su tutti – sono sguardi che
dispiegano lo stupore surreale di immagini misteriose, venate da una malinconia
sottile e pervasiva, autentica protagonista della pittura dell'artista. Anche
qui, come in Ranucci, sono i colori a dimensionare lo spazio, a porzionare la
scena in frammenti da tradurre per riuscire a decodificare un linguaggio
stratificato, complesso e pure diretto e immediato. La presenza, all'interno
del medesimo campo visivo, di elementi stranianti e incongrui trasporta
l'immagine in una dimensione onirica, di ovattata sospensione temporale: il
dettaglio diviene simbolo, la visualizzazione della scena è allegoria che
oltrepassa la staticità del tempo. La negazione della verosimiglianza conduce
progressivamente verso l'illusione di una realtà immaginaria: gli oggetti paiono
di cera, i corpi sembrano sul punto di disciogliersi e confondersi in una sorta
di “pittura patafisica” che trattenga, per intera, una propria coerente logicità
all'interno di un supposto mondo ipotetico. |
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Qua risiede,
probabilmente, una delle migliori qualità della pittura dell'artista: sapere
ricollocare la storia dell'uomo nella sua proiezione metastorica, restituire
l'individuo all'inconsapevolezza del sogno, alla sua natura poetica e mistica,
raccontando con naturalezza il paradosso della visione.
Introduzione
mostra a cura di Alberto Gross
La fortuna di un
critico d'arte sta nel trovare sulla propria strada grandi talenti. Ma la
fortuna, come diceva Machiavelli, è inutile se poi non abbiamo la virtù di
saperla sfruttare. Da qui il mio impegno rivolto alla massima diffusione delle
opere del giovane ma già noto artista Rubens Fogacci, il cui linguaggio
pittorico riesce a colpire l'attenzione del pubblico degli appassionati d'arte
ormai da diversi anni.
Nelle sue tele troviamo la magia che da sempre accompagna le opere dei grandi
artisti che portano lo spettatore a guardare al di là di quello che l'occhio
vede, rendendolo partecipe del racconto dell'opera.
Se dovessi descrivere i personaggi di Rubens con delle metafore, dovrei
sezionare in due la figura per analizzarne prima il corpo e poi il volto.
Vorrei paragonare i corpi dei suoi uomini e delle sue donne ad un’opera
architettonica che perda la sua funzionalità, strumento di scienza ,per
diventare un’architettura fantastica, strumento della metafisica, che possa
permettere di accedere al mondo più profondo, all’inconscio, diventando così una
violazione solenne di un divieto, quello che impone di non fantasticare e di
seguire il principio di realtà.
Di rimando mi riferisco al genio di Gaudì, alle sue forme sinuose che
riconducono al sogno, al fantastico , al magico, in maniera infantile,
lasciandosi andare alle forme dell’inconscio, dell’onirico, alle inquiete e
sottili equivocità dei mondi sublimati, per dar luogo ad un realismo magico, in
cui ogni individuo fantasticando ritrova ciò che a lui è più congeniale,
sconfinando così negli abissi della sua psiche , del suo Io e mettendo
addirittura in dubbio ciò che fino ad allora credeva fosse certo ed assoluto.
E se parliamo di architettura vivente nei corpi dell’artista, il collegamento
all’antroposofia Staineriana viene spontaneo, e ritroviamo la sensualità e
sinuosità della linea curva, quel naturale senso di accoglienza che toglie la
barriera che separa l’osservatore dai personaggi di Rubens, che diventano figure
già note e familiari.
E adesso veniamo al volto: mi viene naturale un richiamo all’artista maledetto
per eccellenza, Modì, per quell’importante naso, l’utilizzo espressionista del
colore, la linea sinuosa, la pennellata costruttiva che rimandano
necessariamente a lui, accomunando la loro pittura introspettiva che rimanda
all’inconscio dell’artista, alla condizione umana, alle difficoltà
dell’esistenza.
Con la sua pittura rubens consegue ad un tempo due risultati, quello estetico,
per la piacevolezza del tratto e dei colori, e quello filosofico, che dalla "
Venere " di Botticelli in avanti ha caratterizzato gli artisti che hanno voluto
una rappresentazione concettuale della figura umana.
critica a cura di Giorgio Gregorio Grasso
Critica:
Presentazione a
cura di Giorgio Gregorio Grasso
Curatore
mostra:
Deborah Petroni
Sponsorizzata e
pubblicizzata da:
www.cemusa.com
www.virtualstudios.it
www.genzianariccicomunicazione.it
www.ilpensieroartistico.eu
www.paolobalsamo.it
www.lavoriedilionline.it
Catalogo:
Disponibile in
Galleria
Durata mostra:
dal 14 al 31
dicembre 2013
da mercoledì a
sabato dalle 11.00 alle 19.00 orario continuato
domenica e
martedì dalle 15.00 alle 19.00
e lunedì chiuso.
Ingresso libero
Info e contatti:
Mail:
info@wikiarte.com
Sito:
www.wikiarte.com
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