MOSTRA CARLO
FAYER - Cremona
Carlo Fayer 1940-2010
I luoghi dello sguardo e
della mente
a cura di Paolo
Campiglio e Chiara Gatti
biografia di Claudio
Toscani
progetto di allestimento
di Gianni Macalli
10 - 26 dicembre 2010

Inaugurazioni:
venerdì 10 dicembre 2010 ore
18.00, Cremona – Centro Culturale di San Vitale
sabato 11 dicembre 2010 ore
18.00, Crema – Fondazione San Domenico
La mostra antologica “Carlo
Fayer 1940-2010. I luoghi dello sguardo e della mente”, presentata in
concomitanza presso gli spazi del Centro San Vitale a Cremona e
della Fondazione San Domenico a Crema, rappresenta la prima grande
retrospettiva dedicata all’artista, attivo a livello nazionale ed internazionale
già negli anni cruciali del dopoguerra. L’esposizione, patrocinata dalla Regione
Lombardia, Provincia di Cremona e Comune di Crema, ripercorre attraverso 70
opere, fra dipinti, sculture e ceramiche, la sua intensa attività, articolandosi
in diverse sezioni tematiche che riassumono accuratamente le tappe creative di
una eclettica produzione.
La poetica pittorica di
Carlo Fayer (Ripalta Cremasca, 1924), caratterizzata da una costante
attenzione all’uomo e al paesaggio, da un iniziale naturalismo – volutamente
disincantato e gravido delle reminiscenze intimiste ed espressioniste del
movimento di Corrente – evolve presto verso una contemplazione cromatica e
materica che trova nella luce la sua più alta espressione. Ma proprio da questo
perenne contatto con la natura e dai suoi numerosi viaggi all’estero
deriva la successiva e drastica riduzione luministica. Toni scuri, terrigni che,
uniti ad una maggiore attenzione figurativa, lo portano a soluzioni in linea con
i modi del realismo esistenziale milanese, Ferroni in testa, dove la
figura umana appare ridotta a puro elemento filiforme e cromatico. Nascono in
questi anni i cicli dedicati agli “argini” del Po: vedute tendenzialmente
monocrome, in cui prevalgono riverberi atmosferici e intonazioni argentee,
definite puntualmente da Giorgio Mascherpa «grigio/argento/perla/ocra», a tratti
sabbiose, volte a sintetizzare cielo, terra e acqua in un’unica esperienza
estetica.
Parallelamente, alla fine
degli anni Sessanta, Fayer si accosta alla terracotta e alla ceramica
d’artista, dove la sua riflessione – dominata dagli stessi timbri naturali, dati
dai valori della materia stessa, della creta, della terraglia – traduce le
visioni padane in atmosfere più intime, dove i motivi ricorrenti dei “muri”,
delle stanze, degli “armadietti della memoria”, citazione personalissima
della coeva produzione di Melotti, si alternano a ricerche più astratte e
informali, in cui il gesto libero di agire sulla materia lavorata a pollice, con
istinto e rapidità, tradisce un insegnamento iniziale di Marino nelle forme
scheggiate dal sapore arcaico tipiche del ciclo dei “frammenti”, ripreso più
tardi nei muri popolati di figure prigioniere e, allo stesso tempo, nascenti.
La mostra sarà anche occasione
per far luce su una fase inedita e un po’ trascurata dalla critica della
ricerca del maestro che, nei primi anni Settanta si allontana progressivamente
dalla realtà sconfinando in una vera e propria fase di sperimentazione
inevitabilmente vicina a certe ricerche cinetiche e concettuali di quegli
anni e legata alle vicende del gruppo di artisti del
Cenobio di Milano.
Negli anni Ottanta matura
anche pittoricamente la sua poetica del “muro”: il muro non inteso come
mera superficie architettonica, bensì come manufatto dell’uomo, la cui “texture”
– sbrecciata o smontata – diviene una surreale ossessione dove è solo lo sguardo
il vero soggetto delle sue meditazioni. Muri e finestre, coagulandosi con la
figura umana, ormai parte integrante della stessa materia, diventano i motivi
dominanti di questo periodo.
Nell’ultimo decennio del
secolo si avvicina invece all’arte della “filatelia”, da cui prende vita
un particolare ciclo pittorico incentrato sul linguaggio postale e
sull’immagine del francobollo. Un viaggio “à rebours” nella propria storia, ma
anche nella storia dei segni, degli alfabeti e delle più comuni e popolari
immagini della comunicazione che hanno illustrato il Novecento.
Ancora, nell’ambito della
ricerca plastica, la mostra non tarderà a documentare una fase di produzione
recente, legata soprattutto all’attività svolta presso le storiche ceramiche
Ibis di Cunardo, crocevia di maestri, da Fontana a Burri, da Baj a Milani,
dove Fayer ha realizzato una serie significativa di grandi steli, citazione
classica dell’iconografia del totem cara alla scultura moderna.
Da non dimenticare infine la
ricchissima produzione dell’artista nella sfera dell’arte sacra, cui s’è
dedicato sin dagli esordi della sua carriera, come documentano le numerose
partecipazioni ai migliori premi nazionali d’arte sacra, oltre a commissioni di
arte pubblica e monumentali, fra vetrate, cicli d’affreschi e cicli di
bassorilievi come quello per l’abside (con le storie evangeliche) della
Collegiata di Offanengo o la Via Crucis ideata per il convento delle
Suore Canossiane di Crema.
Accompagna la mostra un
catalogo edito da Silvana Editoriale. Il volume, a cura di
Paolo Campiglio e Chiara Gatti, è concepito come pubblicazione
monografica con un’ampia ricostruzione biografica a cura di Claudio Toscani
e apparati di Valentina Sanfelici.
Orari d’apertura:
lunedì – domenica 10.00-12.00
/ 16.00-19.00
Per Informazioni:
Tel. 037385418
www.teatrosandomenico.it