CORSO SIUA PET THERAPY
- Bologna
Articolo di Roberto Marchesini
ufficiostampa@siua.it
Pet
Therapy: Attività Assistenziali con l’ausilio
dell’Animale
La
parola pet therapy è ormai entrata nell’uso comune e
sempre più spesso si sente parlare dei molteplici
benefici che l’uomo può ricevere nel rapporto con
l’animale domestico. Purtroppo non sempre è chiaro quale
sia la concreta natura di tale apporto e come questo si
realizzi, cosicché spesso si parla di pet therapy in
modo del tutto inappropriato. L’idea che la sola
presenza del pet abbia in sé un significato beneficiale
ha fatto emergere un’immagine taumaturgica e magica
dell’animale, al punto tale che talvolta si sente
consigliare l’adozione di un pet per curare patologie
come l’autismo nel bambino o l’alzheimer nell’anziano.
Niente di più lontano dalla realtà. Questa visione new
age della pet therapy ricorda certe tradizioni popolari
- per esempio si diceva che era sufficiente toccare una
rondine per guarire dai dolori reumatici – o l’ipotesi
di Mesmer di un magnetismo animale. L’animale non è una
medicina ma soprattutto è forviante ritenere l’adozione
di un pet quale soluzione di possibili problemi della
persona o della famiglia. Adottare un animale e
costruire una corretta relazione di pet ownership
richiede un impegno quotidiano assai corposo e una
responsabilità di gestione e di conduzione che spesso
vanno a onerare la situazione di problematicità già
vissuta dalla famiglia. Inoltre non è affatto scontato
che la relazione lasciata libera di esprimersi nelle
diverse possibilità di configurazione produca degli
effetti beneficiali: per esempio se un bambino
iperattivo fa giochi eccitatori con il cane questa
attività relazionale andrà a peggiorare la sua
condizione non a migliorarla. La pet therapy è pertanto
un’attività di relazione con il pet condotta da
operatori professionali che, in un percorso di sedute
con attività di relazione specificate, realizzano un
progetto beneficiale sulla base di obiettivi
individualizzati. Un’altra lettura errata si basa sulla
visione strumentale dell’animale nel processo
interattivo con la persona ovvero ritenere che i
benefici della pet therapy siano conseguenti a
particolari performance realizzate dall’animale nel
corso della seduta. La trasformazione dell’animale in
cosa (reificazione) pone una serie di ipoteche
all’implementazione della relazione e quindi va a minare
quell’apporto referenziale che sta alla base del
contributo beneficiale della pet therapy. Inoltre
l’approccio strumentale porta a ritenere che per fare
questo tipo di attività sia necessario addestrare
l’animale a un preciso canone performativo
compromettendo la relazione di incontro con il fruitore.
Allo stesso modo è sbagliato leggere il contributo
dell’animale come sostitutivo di altre relazioni
mancanti e conseguentemente favorire l’interpretazione
surrogatoria del pet. Ciò conduce infatti a un’antropomorfizzazione
dell’animale dove si vengono a perdere proprio quegli
apporti specifici che il pet in relazione è in grado di
dare in virtù della sua diversità. La disciplina che
studia i contenuti referenziali della relazione
uomo-animale è la zooantropologia di cui la pet therapy,
ma ovviamente non solo questa, è un’applicazione.
Secondo i parametri zooantropologici per ottenere un
contributo referenziale è necessario favorire l’evento
relazione tra animale e fruitore, evitando quindi la
reificazione e l’antropomorfizzazione. Inoltre per
ottenere referenze beneficiali è indispensabile
dimensionare la relazione a seconda dei bisogni e degli
obiettivi specifici del fruitore. Per tale motivo le
attività di pet therapy devono essere programmate
secondo linee guida di prescrizione e condotte da
operatori professionali capaci di arbitrare la relazione
nel corso della seduta.
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