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MOSTRA: CAVALLOTTI -
Roma
Treni e stazioni
Mostra personale di
Giulietta Cavallotti
21-24 maggio 2009
Galleria Amedeo Del
Vecchio
via dei Coronari 211
“A chi mi domanda ragione
dei miei viaggi, rispondo di solito che so bene quel che
fuggo, ma non quel che cerco” (Montaigne, “Saggi”).
I treni e le stazioni di
Giulietta Cavallotti sono treni che non hanno né
provenienza né destinazione, e stazioni che non
ospitano nessun treno: proprio come i treni che
percorrono l’anima di ciascuno di noi, e le stazioni che
cadenzano il loro errare. Essi sono i luoghi di
un’immaginazione che ha sostituito, silenziosamente, la
realtà ormai consunta e sbiadita della natura, dell’uomo
e della civiltà, con la semplice e terribile tensione
di un ricordo sgombrato di tutto se non del pulsare
primigenio dell’essere umano e del suo esistere.
Le stazioni della
Cavallotti sono state edificate nei nostri meandri
spirituali: là dove luci e ombre, fanali e insegne,
viaggiatori e binari, valigie e banchine indicano
pulviscoli d’emozioni inesprimibili, atmosfere e climi
al di fuori dell’usuale ritmo delle stagioni; e la forza
dei venti e il candore delle nevi paiono esser
ingenerati dai soprassalti del cuore. Queste stazioni,
illimitate e remote come fondali d’oceano, inesprimibili
come i misteri che ci fasciano dalla prima all’ultima
ora, deserte di concretezze come gli aneliti che ci
spronano e molestano nel momento in cui ambiremmo a
possedere la Bellezza e ogni volta invece ci ritroviamo
in mano null’altro che un vuoto stupefatto; queste
stazioni melanconiche come le più trepide illusioni e
imperterrite come i disinganni, ci mettono voglia di
entrarvi e rimanervi un periodo incalcolabile: un attimo
o un secolo: il tempo necessario ad aspettare o
prendere il treno che ci garantisca la verità, o, meglio
ancora, una rivelazione, sia pur parziale, una
spiegazione, sia pur ardua.
I treni della Cavallotti,
fuori della stazione, saettano, giocattoli su rotaie
ultramondane nell’atto di perseguire l’assurdo. E
vanno, vanno così celeri da essere immoti mentre ci
spiegano che anche noi, soltanto se saremo rimasti
immoti, potremo abbracciare il Tutto, che non ha
estensione alcuna ma ineffabile intensità. Questi treni
sono palesemente oggetti paradossali, degni dei loro
colori impastati di provocazione e insieme d’una sorta
di ritrovato candore. Nei vagoni del resto non
scorgiamo passeggeri perché chi non sa che sui treni
non viaggiano né viaggeranno mai corpi, ma invisibili
garbugli d’anime? non affari ma palpiti? non progetti
ma segreti e rebus inconfessabili? Di questi garbugli e
rebus è tinta la distesa dei cieli primordiali, le
interminate campagne , le mostruose gallerie che
ignoriamo se siano una feroce promessa di pace o un
insulto blasfemo al vivere concreto e quotidiano, e
quelle sparute case e cespugli e massi intesi meno come
dimenticati frantumi del reale che come impietriti
cavalli senza più cavalieri.
Ma l’artista romana non
vuol gravare su quanti guardano la sua opera. E’ forte
in lei da sempre il rispetto per l’”ospite”, il cortese
sentimento dell’accoglienza che accompagna la visita: da
ciò la pluralità dei piani di lettura dei quadri. E
dalla prima ed immediata lettura discende la sensazione
di una “chiarità” di segni e di forme del tutto
comprensibile e rassicurante, di cui la vista può
pascersi senz’alcun timore. Nessuna complicazione
simbolica, nessun esoterismo, ma un’allure pacata e
piana della “parola” pittorica. La superficie, in altri
termini, è ordinata e coltivata a dovere da alacri e
navigate mani. “Se poi tu volessi - pare dire la
Cavallotti – scendere al di sotto della superficie,
entrare in quella stazione abbandonata, sederti su una
panchina, ed attendere silenziosamente l’impossibile
arrivo del treno, magari ingannando il tempo leggendo un
libro di memorie di nessuno, ecco l’universo più
recondito che oso porgerti e affidarti: è già pronto,
non ha bisogno di particolari e astruse chiavi di
lettura da parte tua: è il ritratto del mio modo
d’essere e sentire, o di uno dei miei modi, che forse ho
in comune con te e con tutti gli altri esseri viventi”…
La buonacreanza del segno
unita alla densità dei contenuti non v’ha dubbio che
costituisce il merito non ultimo di queste tele ricche
di domani.
H.G.
Note biografiche
Nasce a Roma, è laureata in materie
letterarie. Nel 2001 si avvicina alla pittura ad olio da
autodidatta. Nel 2002 decide di approfondire gli studi
di pittura e frequenta un corso dove apprende varie
tecniche pittoriche: dal disegno con la sanguigna al
carboncino, all’acquarello, ai pastelli acquerellati,
all’acrilico fino a ritornare all'approfondimento della
tecnica ad olio. Dopo questa esperienza nasce l’esigenza
di collaudare nuove tecniche a lei più congeniali, come
ad esempio tecniche materiche che prevedono l’utilizzo
di stucco, materiali alimentari e sabbiature. Dal 2005
frequenta la RUFA Libera Accademia di Belle Arti a Roma
dove approfondisce lo studio del disegno del nudo, la
tecnica a olio e altre tecniche miste sotto la guida del
maestro Tullio de Franco. Dal 2008 pratica la scultura
sotto la guida di Davide Dormino.
Partecipa nel 2006 alla mostra di
beneficenza “Arte per l’Africa” organizzata
dall’associazione AMREF in collaborazione con Medici
senza Frontiere. Partecipa nel 2007 alla mostra di
beneficenza "Arte per la vita" presso il Convento di S.
Francesco a Ripa. Nello stesso anno partecipa alla
mostra della FAO “Cento Opere per il Diritto
all'Alimentazione", giornata mondiale
dell'Alimentazione. Ha esposto i suoi primi lavori alla
personale presso la
galleria di Amedeo Del Vecchio a via dei Coronari 211
nel mese di Ottobre 2008. Nello stesso anno, nel mese di
marzo, ha partecipato alla mostra collettiva di pittura
"I
maestri & gli allievi"
presso il Complesso Monumentale San Michele a Ripa,
organizzata dall’Accademia RUFA.
Nel mese di Marzo ha partecipato
all’iniziativa della galleria Via Metastasio 15 “Lo
specchio leggero” con una doppia personale. A Novembre
del 2008 ha esposto nuovamente i suoi nuovi lavori
presso la Galleria Amedeo Del Vecchio a via dei
Coronari, 211.
Vive e lavora a Roma.
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