A
Palazzo Caffari, sede della
Filiale di Cassa
Padana Bcc, Bruno Vagnini e Gabriella Bonini – con la
collaborazione di Fondazione Dominato Leonense –
presentano la mostra fografica RITRARRE L’ASSENZA.
Gli abiti, le tracce che davano forma al corpo,
sono i protagonisti indiscussi di tutti gli scatti
presenti in mostra. Gli indumenti degli uomini e delle
donne che hanno esercitato una professione sono la
chiave interpretativa del reale, una chiave che vuole
spostare il punto di vista, o meglio di vita, sulla
realtà che lì non c'è più, per aprire ad altri percorsi
di lettura.
In queste immagini mancano le spalle curve,
gli occhi penetranti, la dignità degli sguardi, il
colore dei capelli, le rughe dei visi, la mano sicura
che stringe con energia il bisturi, ma riecheggiano le
pratiche del quotidiano, le atmosfere domestiche,
l'attinenza al corpo. Questi abiti prorompono i temi
universali della vita nella sua fragilità, i percorsi
del pensiero, il tema della morte e dell’elevazione
dell’anima.
Qui l’abito non è un involucro, un
vestimento ma è sinonimo di modo di essere, di
abitudine, di concetti universali condivisi, e si apre
quindi a un pensiero più ampio che investe la dicotomia
del dentro – fuori, del visibile – invisibile, dello
spirituale – materiale.
Se per il pensiero cristiano il corpo è interamente al
servizio dello spirito, allora il vestito che
ricopre il corpo ha grande importanza nel
rappresentarlo, anche per la simbologia attribuitagli
dalle Scritture: dal Libro della Genesi a quello
dell'Apocalisse, dalle tuniche di pelli alla veste
nuziale dell'Agnello nella Gerusalemme celeste. Prima
che Adamo lasciasse il paradiso, Dio fece all'uomo e
alla donna tuniche di pelli e li vestì: Dio è l'autore
del vestito. I vestiti simboleggiano l'estensione del
corpo.
L'abito rappresenta la facciata, ciò che si
intende mostrare agli altri; è il simbolo
dell'io sociale, dell'appartenere a una comunità o del
ribellarvi. Abiti stracciati per un'anima lacerata,
corretti e puliti per un soddisfacente equilibrio
psichico, infantili per il rifiuto di crescere, pieghe
rigide e geometriche o sinuose e morbide per il ritmo
spirituale.
L'anima è nel corpo e il corpo in vesti
simboliche che drappeggiano l'anima, e
diventano così l'immagine del suo rivestimento glorioso.
Come nella vita comune il vestito è un'estensione
esteriore del corpo, ma anche in un certo senso è la
manifestazione estetica della personalità, così,
metaforicamente e simbolicamente, la veste amplifica la
parola della testimonianza, pronunciata dal corpo e
custodita dall'anima.
Questi abiti, che delineano l'anatomia umana
sottesa, pur nell'apparente loro rigidità, non
fanno che sottolineare la potenza interiore che animava
quei corpi. Ogni parola scompare nel silenzio. È un
universo a parte, abitato liberamente da involucri per
l'eternità; un universo che si dilata senza limiti nello
spazio.
Scatti chiari, nitidi e repentini per ritrarre i gusci
che contenevano l'essenza di tante persone, per parlare
di anime rapite in una dimensione sopra le cose, in
attesa di rientrarvi.
È a partire da questi scatti che le immagini
raccontano a noi stessi tutto quello che è
successo prima e quanto succederà poi: la vita, come
corpo e come anima. Il corpo non c'è più e l'anima, sua
essenza, è solo temporaneamente volata via: attraverso
la frazione di secondo dello scatto, è resa eterna
l'attesa della sua riappropriazione.
Se la fotografia è la porta per entrare nell'anima delle
persone, queste immagini sono in grado di frugare nei
pensieri delle persone che le vestivano di far scorgere
i loro sogni, scoprire i loro progetti, mostrare il loro
cammino. Insomma, riportarci alla sostanza delle cose.
Qui la fotografia, nella sua sostanziale
ambiguità, evoca la morte in quanto blocca e
congela la vita nel suo libero fluire, ma
contemporaneamente esprime tutta la sua forza con
l'innegabile capacità di sottrarre qualcosa alla
caducità.
In tutte le immagini, a lato e sempre in angolo,
un piccolo scarabeo, simbolo di rigenerazione e
risurrezione, di morte e di rinascita del sole,
manifestazione del creatore dell'universo, del dio
Khepri, il sole che sorge.
Nelle didascalie la parola anima è un leitmotiv: l’abito
è la casa del corpo che racchiude l’anima e i suoi
segreti.
Bruno Vagnini si è
avvicinato alla fotografia giovanissimo per poi
approfondirla presso l’Accademia di Belle Arti di
Montreal. Ha sperimentato diverse tecniche e vari
settori. Come ha detto Dorotea Lange, “la macchina
fotografica è uno strumento che insegna alle persone
come vedere senza la macchina”
Per Gabriella Bonini
fotografare il reale è mantenere intatta la fedeltà al
dato visivo perché l'immagine fotografica, attraverso la
magia dello scatto, è la prova della esistenza stessa
delle cose e delle esperienze. Ama sperimentare
soluzioni nuove dove fotografia e oggetti di uso
quotidiano interagiscono con lo spettatore e lo
coinvolgono emotivamente.
INFORMAZIONI:
DURATA: Dal 6 aprile al 15 maggio 2009
LUOGO: Palazzo Caffari – Sede Filiale Cassa Padana Bcc
Via Santo Stefano 25/27, Reggio Emilia
ORARI: Dal lunedì al Venerdì, dalle 8.00 alle 13.00 e
dalle 14.30 alle 15.30
INGRESSO
LIBERO
Contatti:
TEL. 0522 541742 oppure 030-9038463,
info@fondazionedominatoleonense.it
www.fondazionedominatoleonense.it