La
questione araba nella sua complessità culturale, il
problema della separazione tra lingua classica e
vernacolo colloquiale nel mondo arabo, le derive del
terrorismo basato su fondamento religioso e sulla
sacralizzazione della lingua religiosa, e infine
l'irrisolta contrapposizione tra Occidente e mondo
arabo, saranno l'oggetto del dibattito con uno dei
maggiori intellettuali egiziani, Moustapha Safouan,
nell'ambito di Pordenonelegge. L'incontro nasce dalla
collaborazione con l'associazione pordenonese la
cifra e la Banca FriulAdria Crédit Agricole, in
programma sabato 19 settembre alle 10,30 al Palazzo
della Provincia. Safouan nasce ad Alessandria d'Egitto
il 17 maggio 1921; si trasferisce in seguito a Parigi
dove frequenta i seminari di Jacques Lacan. Raffinato
intellettuale, ha scritto numerosi saggi, molti dei
quali sono pubblicati in Italia e fra questi Studi
sull'Edipo. Introduzione a una teoria del soggetto
(Garzanti), Essere e piacere. Lo scacco del principio
del piacere (Spirali), Jacques Lacan e il
problema della formazione degli analisti (Astrolabio
Ubaldini). Scrittore e teorico, per primo ha tradotto in
lingua araba l'Interpretazione dei sogni di
Sigmund Freud e in egiziano vernacolare l'Otello
di Shakespeare. È stato docente presso l’Università di
Eliopoli (Baalbek), e mantiene da allora intensi
contatti con gli ambienti culturali egiziani. Nel saggio
Perché il mondo arabo non è libero? Politica della
scrittura e terrorismo religioso (Spirali) Moustapha
Safouan svolge una indagine intorno alla scrittura, alla
politica e al terrorismo religioso, procedendo
dall'analisi linguistica della contrapposizione tra
arabo classico e arabo vernacolare. Descrive uno
scenario sorprendente dello stato attuale della cultura
e della politica nei paesi mediorientali, in cui gli
scrittori tendono a scrivere le proprie opere nell'arabo
classico a discapito della forza del loro messaggio.
Osservatore privilegiato, per la sua origine egiziana e
la sua formazione europea, Safouan propone una lettura
colta e accurata della questione araba, evitando
qualsiasi cristallizzazione ideologica. Il libro è un
appello agli intellettuali mediorientali affinché
utilizzino l'arabo colloquiale senza il timore che le
loro opere perdano la dignità letteraria e affinché il
loro messaggio possa davvero arrivare alla popolazione,
promuovendo quella modernità che i sistemi politici
hanno impedito.
Il libro,
scritto originariamente in arabo, è stato tradotto e
pubblicato in una prima edizione inglese presso
l'editore inglese Blackwell Wiley e in Francia dalle
edizioni Denoël. L'edizione inglese si avvale di
un'equipe di traduzione diretta da Colin MacCabe che ha
definito questo volume l'opera più importante che ha
curato nella sua esperienza di editor per alcune tra le
più importanti case editrici di lingua inglese.
Quarta
di copertina
Dall'inizio della storia, il potere politico in
Medioriente ha sempre tratto legittimità dalla
religione. Questo va di pari passo con la
sacralizzazione della lingua della scrittura opposta
alla lingua vernacolare e quotidiana e, perciò, con la
subordinazione della scrittura a fini di prestigio e di
sfruttamento. Lo stato islamico non fa eccezione. Ma,
come ha dimostrato in modo inconfutabile lo sceicco 'Al
'Abd al-Razek, né il Corano, né i detti del Profeta
contengono la minima indicazione sui principi di
governo. Con un'impostura che raramente trova uguali
nella storia politica dell'umanità, i governanti si sono
serviti dell'ambiguità dell'espressione "successore del
Profeta" per rivendicare il potere assoluto e mettere la
religione sotto la ferula dello stato. Ne è risultato un
modo di governare che si regge sulla corruzione, sulla
repressione e sulla censura incarnata nella suddetta
politica della scrittura.
Finché lo
stato riesce nell'espletamento dei suoi compiti, il
regime teocratico pare conforme all'ordine delle cose.
Il suo fallimento non dà luogo a una rivoluzione ma a un
terrorismo che giunge a contestare la sua legittimità.
In effetti, i terroristi della nostra epoca fondano la
loro contestazione su un dogma omicida con cui si
autorizzano a ergersi giudici in materia di fede
religiosa, arrogandosi un sapere che il Corano riserva
espressamente a Dio.
Questo
libro senza compromessi è un appello sia all'uso del
vernacolo come lingua di cultura sia alla liberazione
dell'islam dal giogo del potere temporale. In questo
modo, abbozza un quadro sorprendente dello stato attuale
della cultura nei paesi arabi.
Indice
Avvertenza
per l'edizione inglese; Prefazione all'edizione
francese; Introduzione; 1. I fattori della dominazione
occidentale; 2. Questioni dimenticate nella nostra
filosofia politica; 3. Trasmissione creatrice e
trasmissione stagnante: cultura e potere; 4. I popoli e
gli scrittori; 5. Il ruolo del linguaggio nella
creazione della cultura; 6. Scrittura e potere; 7. La
frode dello stato islamico e il terrorismo; Appendice;
Supplemento bibliografico