L’inaugurazione si terrà
domenica 22 febbraio alle 18:00
La mostra termina il 22
marzo
La Galleria
Marconi è aperta tutti giorni dalle 16.00 alle 20.00,
esclusa la domenica
Dopo il successo del primo
appuntamento di Marche Centro d’Arte, con la collettiva
che ha presentato i lavori di Roberto Cicchinè, Daniele
Duranti, nardiescopetta e Rita Soccio, alla Galleria
Marconi di Cupra Marittima proseguono gli
appuntamenti del ciclo sull’arte marchigiana,
all’interno della rassegna Gallerista sull’orlo di
una crisi di nervi.
Marche Centro d’Arte
prosegue domenica 22 febbraio alle 18.00 con la doppia
personale di Marco Bernacchia e Francesca
Gentili, che saranno curati, rispettivamente da
Elvira Vannini e Maurizio Coccia.
La doppia personale è la
seconda tappa di un ciclo di tre mostre dedicate ai
fermenti dell’arte marchigiana intitolato: Marche
Centro d’Arte. Lo scopo della rassegna è mostrare la
vivacità delle produzioni artistiche che ci sono nella
regione, una regione in cui convivono pluralità e
singolarità, a partire dallo stesso nome, Ogni artista
ha una sua peculiarità, che rende interessante il suo
percorso di ricerca, una voce che unendosi alle altre,
che emergono dal territorio, dà vita a un mosaico ricco
vivo e vivace.
“Fotografia, scultura e
installazioni ambientali come dispositivi per sondare le
zone di interazione tra lo spazio, l’architettura
naturale e gli interstizi della realtà, spesso
articolati in una dimensione performativa: così si
sviluppa la pratica artistica di Marco Bernacchia,
intrecciata alla ricerca sonora della scena indipendente
che attraversa la sua attività musicale. Le sue
installazioni sono quasi degli oggetti d’affezione,
degli assemblages innestati con elementi naturali e
artificiali in una commistione eterogenea: quasi una
post-natura contaminata dal sonoro che si intreccia col
dato naturale fino ad assorbirlo. Ogni progetto di Marco
Bernacchia che lavora sempre in termini site-specific,
assume gli estremi del linguaggio plastico: è micro ma
con una declinazione ambientale, è modulare e al tempo
stesso non mai è riproducibile.
L'impiego del suono come
strategia di spazializzazione diventa un processo di
appropriazione del tempo, dello spazio, della realtà: la
natura è assorbita come ambiente primario mentre
amplifica la nostra zona d’ascolto. I prelievi naturali,
il verde, le piante, i rami mixati con oggetti
defunzionalizzati cambiano il senso delle cose: la
post-natura, creata dall’artista, diventa allora una
presenza oggettuale, un campo d'azione, reale o
immaginario, che può innescare un processo di
cambiamento della struttura sociale in una nuova forma
di autoproduzione parallela ai circuiti mainstream
dell’arte e della scena musicale”. (Elvira Vannini)
“La ricerca di Fratesca
Gentili si è sviluppata in due direzioni complementari:
l’analisi della figura umana e l’esame del linguaggio
scelto per rappresentarla, la pittura. Ad una
progressiva riduzione formale corrisponde l’affinamento
dei mezzi stilistici. Qui la rappresentazione si
concentra sugli sguardi. La frontalità dei soggetti
conferisce loro solennità ieratica. La figura umana si
impone allo spazio. L’atmosfera è asettica e gli sfondi
anonimi. Resta lo sguardo. La linearità, ancora animale,
dello sguardo. Un misto di natura e sentimento,
amplificata dal trattamento pittorico, vibrante, sonoro,
dai toni perlacei.
Sono lavori impostati su un
riuscito bilanciamento/contrasto di storia e progetto,
di austerità iconografica e intensificazione emotiva.
Volti assorti, prossimi all’evanescenza; effigi
appannate dal tempo. Monito doloroso, presa d’atto di
una scadenza irrimediabile”. (Maurizio Coccia)
Gallerista sull’orlo di una
crisi di nervi
Che cosa accade quando
all’improvviso dalla galleria scompare la bevanda
caratteristica, quando si cominciano a cercare bibite
alternative, perché nel punto vendita dove ci si
rifornisce, quella preferita è scomparsa? Quando il
gallerista torna con la spesa e la faccia sconsolata,
perché sa che anche stavolta non è riuscito a trovare il
ginger.
Un senso di vuoto e tristezza
riempie la galleria e quanti lì passano anche solo per
un saluto cinque minuti di chiacchiere una sigaretta.
Intanto il giorno della
mostra si avvicina e il panico diventa generale, perché
si avverte che senza ginger non sarà la stessa cosa. Una
fredda sera di gennaio, però, arriva la soluzione e una
bottiglia di ginger acquistata in un altro negozio,
frizzante amaro rinfrancante.
Allo stress di una mostra,
collaboratori di vario tipo aggiungono stress, ritardi,
piccole/grandi inefficienze che un povero gallerista si
trova a dover affrontare, perdendo i capelli e/o
facendosi venire i capelli bianchi. Eccolo buttarsi su
massicce dosi di tachipirina per affrontare
l’immancabile febbre pre-mostra, mettersi ai fornelli
per preparare pasti con innumerevoli portate e quantità
capaci di sfamare interi reggimenti, eccolo infine
perdere l’attimo atteso ogni giorno come la manna dal
cielo: il riposino pomeridiano. Una vita dura fatta
dalle piccole insoddisfazioni di ogni giorno e dalle
grandi soddisfazioni di ogni mese.
Gallerista sull’orlo di una
crisi di nervi è
l’omaggio a quella cosa bellissima ed entusiasmante che
è l’organizzazione di una mostra, cosa bellissima, ma
anche snervante e stancante. Ecco che aumenta il numero
delle sigarette fumate fuori dalla porta, ecco che i
chiodi e le viti si accumulano sul pavimento. Poi si
inaugura, si parla, si ride e il giorno dopo si pulisce.
Questa è la “tragica” routine che accompagna la vita di
un gallerista. Ma non bisogna dimenticare però la
bellezza di una mostra, il piacere di una chiacchierata
con gli amici, l’emozionarsi sempre nuovo che ripaga da
ogni affanno. I rapporti umani, e non solo
professionali, con artisti, critici e curatori, sono il
vero collante dell’attività e il motore che rende sempre
nuova la voglia di andare avanti.
Solo un grazie a chi ci permette di poter seguire ed
apprezzare il mondo dell’arte nel suo continuo
movimento.