Con questa
esposizione che rende omaggio all’arte di José Ortega,
profondo conoscitore delle atmosfere mediterranee, la
Provincia di Chieti e il Comune salutano le 23 nazioni
partecipanti ai Giochi del Mediterraneo che si terranno
in Abruzzo a partire dal prossimo 26 giugno.
Artista dotato di
eccezionale sensibilità, appena quindicenne entra in
contatto con i rivoluzionari antifranchisti legando
indissolubilmente le sue esperienze personali e tutta la
sua opera al forte impegno politico e civile, lo stesso
Ortega dichiarerà: vi sono, nella vita dei popoli,
momenti nei quali gli artisti sentono che è necessaria
un’arte di contenuto rivoluzionario.
Tutti i lavori di
Ortega: la pittura, la ceramica, il mosaico, l’affresco
e, soprattutto, l’incisione, nascono da un’emozione
potente e duratura, dall’ossessione per i volti
travagliati dalla miseria, dalla sofferenza di uomini
alienati dal duro lavoro. Artista famoso per i suoi
mietitori, per le raccoglitrici di olive, per i
pescatori trasforma i contenuti in fatti e simboli.
Amico di Pablo
Picasso, sin dai primi anni dell’esilio per attività
antifranchiste, pittore del mondo contadino,
Ortega è stato molto amato da grandi studiosi e
critici come Argan, Russoli, Carluccio, De Micheli,
Sciascia, Carrieri, Sala, Buzzati, solo per citarne
alcuni, ma anche da poeti, primo tra tutti Raphael
Alberti il quale, prendendo spunto dai Segadores
di Ortega, conia il vocabolo “ortegano” ad indicare la
condizione di oppressione in cui vivono i contadini
spagnoli.
Profondo è il legame
che lega Ortega all’Italia. Frequentemente si ispirerà
per le sue opere al paesaggio mediterraneo del nostro
sud e altrettanto spesso vi risiederà.
Nel 1959 soggiorna ad
Albisola dove realizza un nucleo di ceramiche ed entra
in contatto con alcuni fra i più noti artisti
contemporanei come Lam, Jorn, Appel, Fontana e Sassu e
con il giovanissimo Alfredo Paglione che dieci anni più
tardi diventerà il suo mercante esclusivo per l’Italia.
Nel 1964 si stabilisce a Roma e Antonello Trombadori
organizza la prima esposizione dell’artista presso la
galleria La Nuova Pesa di Roma, alla quale
seguiranno quella del 1968 e del 1974. Nel 1971 espone
per la prima volta le straordinarie sessanta grandi
incisioni dal titolo Ortega±Dürer presso
il Museo di Norimberga, successivamente presentate nel
1972, a cura di Alfredo Paglione, nella prestigiosa Sala
leonardesca delle Asse del Castello Sforzesco di Milano.
Per tutti gli anni
Settanta e Ottanta si susseguiranno le esposizioni nel
nostro paese in importanti gallerie italiane: l’Apogeo
di Napoli, Onas di Bolzano, il Campanile
di Bari, Galleria 70 di Messina, Il triangolo
di Cosenza, La Bussola di Torino, la Galleria
Forni di Bologna, la Galleria 32 di
Milano presso la quale continuerà a presentare negli
anni successivi ogni nuovo ciclo delle sue opere. Il
forte legame con il sud d’Italia è testimoniato anche
dall’inaugurazione, nel 2002, di una sala personale
dedicata ad Ortega all’interno del Museo Civico d’Arte
Moderna di Palazzo d’Avalos a Vasto (Ch).
Lavora a lungo a
Matera dove impara la tecnica che i maestri cartapestai
usavano per le statue votive e realizza “Morte e nascita
degli innocenti” uno dei suoi cicli pittorici più
importanti. Nel 1976 apre un nuovo studio a Bosco, nel
Salernitano e vi realizza un grande murale in ceramica
sul tema di un piccolo paese cileno incendiato e
distrutto per aver difeso la propria libertà.
Nell’ ottobre
dell’anno successivo gli viene concessa l’autorizzazione
a tornare liberamente in Patria. Della sua Spagna, che
abbandonerà nuovamente nel 1980, e dell’Italia, che
ancora una volta lo accoglierà, dice: siamo ancorati
alla terra in cui siamo nati anche se lavoriamo molto
lontano da essa. A volte persino senza saperlo. Ogni
volta che troviamo spazi con le stesse caratteristiche
del paese dove siamo nati la volontà creatrice si
esalta. Questo mi è successo arrivando nel sud
dell’Italia. Per alcuni mesi ho lavorato nelle Isole
Eolie (…). So di sentire una scossa tellurica universale
al toccare queste terre e avvicinando la sua gente.
La mostra è
realizzata dalla Provincia di Chieti con il contributo
della Fondazione Carichieti e della Camera di Commercio
di Chieti. Il catalogo con i testi di Gianfranco Bruno
ed Elsa Betti è edito da Vallecchi. La rassegna è un’
occasione unica e imperdibile per vedere un nucleo
straordinario di opere ed avvicinarsi alla poetica di un
artista che ha speso l’intera sua vita a dipingere
l’uomo, la sofferenza, il lavoro, il mondo contadino, la
gente umile dei campi. Senza ombra di dubbio Ortega è
cantore irraggiungibile di atmosfere mediterranee; nelle
sue opere piene di fascino e di poesia si ritrovano le
luci e i colori di terre di antichissima civiltà che
fanno di lui uno dei protagonisti dell’arte del
Novecento.
SCHEDA TECNICA
Titolo: José
Ortega. Realismo e identità mediterranea