PERDONANZA CELESTINIANA 2007
SPETTACOLO DI APERTURA
“La danza del fuoco”
Direzione artistica:
PEPIMORGIA
23 AGOSTO 2007
L’AQUILA, PIAZZA PALAZZO
Il
28 e il 29 agosto di ogni anno a L’Aquila si rinnova
il rito solenne della Perdonanza, l’indulgenza
plenaria perpetua che Celestino V, la sera stessa
della sua incoronazione a pontefice, concesse a
tutti i fedeli di Cristo.
Quest’anno, in occasione dell’apertura delle
celebrazioni, la Studio e Progettazione per lo
Spettacolo S.a.s. e la Pirotecnica Morsani sono
liete di presentare un nuovo spettacolo, “La Danza
del Fuoco”. Grazie a degli speciali macchinari,
unici in Italia, saranno create scenografie di fuoco
in movimento, di altezza variabile fino ad una
decina di metri circa, e orientabili nello spazio.
Il
fuoco dunque elemento simbolo della Perdonanza
Celestiniana, fonte di vita e di annunciazione
danzerà fra illuminazioni pirotecniche, effetti
speciali e fuochi d’artificio in onore di Papa
Celestino V nella splendida cornice di pubblico
raccolta a Piazza Palazzo de L’Aquila.
Artisti circensi, danzeranno con bolas e spade
infuocate su musiche dei Carmina Burana e daranno
inizio ad uno spettacolo fatto di scenografie basse
alla base della Torre civica per terminare con
l’incendio della stessa.
La
seconda parte, sincronizzata anch’essa su musica,
illuminerà il cielo de L’Aquila.
Lo
spettacolo avrà una durata di circa 15 min.
La
realizzazione dello spettacolo sarà sotto la
direzione artistica di Pepimorgia, gia’ noto in
Abruzzo per la rassegna primaverile PIGRO, dedicata
ad Ivan Graziani, nonche’ attuale direttore
artistico del Comune di San Remo e di molti festival
musicali in Liguria, Marche e Sicilia (www.pepimorgia.it).
Per maggiori informazioni sulle manifestazioni
culturali legate alla Perdonanza Celestiniana:
Comitato Perdonanza - Tel. 0862.645356
Comune dell'Aquila, Assessorato alle Politiche
Culturali -
Tel. 0862.645367
Sito Web:
www.perdonanza-celestiniana.it
Per maggiori informazioni legate all’evento
inaugurale: Studio e Progettazione per lo Spettacolo
S.a.s. - Pirotecnica Morsani S.r.l. Dott. Telesforo
Morsani 3339156147 - De Sanctis Andreana 3467457919
IL PERDONO DI
CELESTINO V
Il 28 e il 29 agosto
di ogni anno a L’Aquila si rinnova il rito solenne
della Perdonanza, l’indulgenza plenaria perpetua che
Celestino V, la sera stessa della sua incoronazione
a pontefice, concesse a tutti i fedeli di Cristo.
Prima di salire al
soglio pontificio, Pietro Angeleri, questo era il
suo nome secolare, aveva trascorso molti anni di
vita eremitica,
in special modo in una grotta sul monte Morrone,
sopra Sulmona,
ricevendo dai
suoi devoti
l’appellativo di Pietro del
Morrone. Il 5
luglio 1294 fu
designato dal
conclave riunito
a Perugia come
successore di
papa Niccolò IV, la cui morte (1292) aveva lasciato
la sede vacante per più di due anni. Dall’eremo di
Sant’Onofrio al
Morrone nel quale si era ritirato,
Pietro, a dorso di un asino e avendo come
palafrenieri re Carlo II d’Angiò e suo figlio Carlo
Martello, mosse alla volta di L’Aquila.
Il 29 agosto 1294
nella basilica di Santa Maria di Collemaggio,
costruita per sua stessa volontà e consacrata nel
1288, fu eletto papa. Alla cerimonia solenne
parteciparono oltre ai due re, cardinali e nobili,
ma soprattutto un immenso popolo, composto, secondo
le fonti, da più di duecentomila persone, che
ricevettero dal nuovo pontefice un dono di portata
straordinaria. Quanti confessati e sinceramente
pentiti, dai vespri del 28 agosto fino ai vespri del
giorno 29, festa di san Giovanni Battista, avessero
visitato devotamente la basilica di Collemaggio,
avrebbero ricevuto contemporaneamente la remissione
dei peccati e l’assoluzione dalla pena.
Fino ad allora,
l’indulgenza plenaria era stata concessa
solo a favore
dei crociati
in partenza per
la Terra Santa
e ai pellegrini
che si recavano
alla Porziuncola
di Assisi. Appannaggio per lo più dei ricchi, che in cambio
di sostanziose
elemosine avrebbero ottenuto almeno
la remissione
parziale dei peccati, a L’Aquila il Perdono sarebbe
stato rinnovato annualmente e concesso anche a
poveri e diseredati.
L’indulgenza
celestiniana apparve da subito nella sua valenza
spirituale ma anche nel suo significato politico, in
quanto occasione per accrescere il potere economico
e civile della giovane città. Lo straordinario
evento giovò a L’Aquila enormemente: «diffuse molto
lontano la sua fama e grande impulso ne ebbero lo
sviluppo edilizio, il popolamento da parte delle
genti del contado e i traffici che si cominciavano
ad allacciare» (A. Clementi, E. Piroddi).
Il 29 settembre, la
cancelleria papale formalizzò la concessione di
Celestino V con l’emanazione di una bolla affidata
all’autorità civile della città, che ne garantì la
conservazione, avocando a sé anche il diritto sulla
cerimonia del Perdono, alla quale le autorità
religiose erano invitate solo a partecipare. La
prima celebrazione solenne ebbe luogo nel 1295,
contro la volontà di Bonifacio VIII, pontefice
in carica, che tentò di annullare l’indulgenza
celestiniana con una bolla emanata il 18 agosto
1295, cioè a soli dieci giorni di distanza dalla
prima occasione che i pellegrini avevano per poterla
lucrare. I fedeli, i monaci di Collemaggio e
l’autorità civile non si curarono del provvedimento
del nuovo papa e, rifiutandosi di consegnargli la
Bolla, così come era stato loro ordinato, si
adoperarono da subito perché la cerimonia avesse il
risalto che le si confaceva. Un corteo solenne, al
quale per disposizione statutaria dovevano prendere
parte ogni anno il vescovo e il clero, vestiti con
paramenti convenienti, con croci e vessilli,
accompagnò la Bolla alla basilica di Collemaggio,
affinché fosse letta e mostrata ai fedeli.
La cerimonia del Perdono, solo con termine moderno
chiamata Perdonanza, si arricchì particolarmente
dopo il 1327, quando le spoglie di papa Celestino
furono “traslate” da Ferentino (Frosinone), dove
erano conservate, a Collemaggio e le sue reliquie
mostrate al popolo. Fu nel XV secolo, invece, che
invalse l’uso di entrare in Collemaggio attraverso
la Porta Santa posta sul fianco sinistro
dell’edificio sacro, secondo quanto avveniva
nelle basiliche patriarcali romane in occasione del
giubileo, indetto per la prima volta nel 1300 da
papa Bonifacio VIII.
***
LA BOLLA DEL
PERDONO
La pergamena che reca
il testo dell’indulgenza plenaria donata da papa
Celestino V alla città e al mondo è oggi conservata
nella cappella blindata della Torre del Palazzo
Civico, ancora a ricordo del ruolo svolto dalla
popolazione e dalle autorità civili di L’Aquila:
essi protessero il prezioso documento dal tentativo
di distruzione operato da papa Bonifacio VIII, che
in tal modo voleva cancellare uno strumento tanto
rivoluzionario nel suo valore politico e religioso,
prodotto dal suo inviso predecessore.
L’autenticità della
Bolla del Perdono, più volte messa in discussione
nel tempo, fu confermata da papa Paolo VI che, nel
1967, all’atto della revisione generale di tutte le
indulgenze plenarie, annoverò quella di Celestino V
al primo posto dell’elenco ufficiale.
Il TESTO
DELLA BOLLA: «Celestino
Vescovo servo dei servi di Dio, a tutti i fedeli di
Cristo che prenderanno visione di questa lettera,
salute e apostolica benedizione. Tra le feste
solenni che ricordano i santi è da annoverare tra le
più importanti quella di San Giovanni Battista in
quanto questi, pur provenendo dal grembo di una
madre sterile per vecchiezza, tuttavia fu ricolmo di
virtù e fonte abbondante di sacri doni, fu voce
degli Apostoli, avendo concluso il ciclo dei
profeti, ed annunziò la presenza di Cristo in terra
mediante l’annuncio del Verbo e miracolose
indicazioni, annunziò quel Cristo che fu luce nella
nebbia del mondo e delle tenebre dell’ignoranza che
avvolgevano la terra, per cui per il Battista seguì
il glorioso martirio, misteriosamente imposto
dall’arbitrio di una donna impudica in virtù del
compito affidatole. Noi, che nel giorno della
decollazione di San Giovanni, nella chiesa
benedettina di Santa Maria di Collemaggio in Aquila
ricevemmo sul nostro capo la tiara, desideriamo che
con ancor più venerazione tal Santo venga onorato
mediante inni, canti religiosi e devote preghiere
dei fedeli. Affinché, dunque, in questa chiesa la
festività della decollazione di San Giovanni sia
esaltata con segnalate cerimonie e sia celebrata con
il concorso devoto del popolo di Dio, e tanto più
devotamente e fervidamente lo sia quanto più in tale
chiesa la supplice richiesta di coloro che cercano
Dio troveranno tesori della Chiesa che risplendono
dei doni spirituali che gioveranno nella futura
vita, forti della misericordia di Dio onnipotente e
dell’autorità dei suoi apostoli SS. Pietro e Paolo,
in ogni ricorrenza annuale della festività
assolviamo dalla colpa e dalla pena, conseguenti a
tutti i loro peccati commessi sin dal Battesimo,
quanti sinceramente pentiti e confessati saranno
entrati nella chiesa di Santa Maria di Collemaggio
dai vespri della vigilia della festività di San
Giovanni fino ai vespri immediatamente seguenti la
festività. Dato in Aquila, 29 settembre, nell’anno
primo del nostro pontificato».
***
IL CORTEO STORICO
Il corteo della Bolla,
che ancora oggi ogni 28 agosto sfila per le strade
della città, è coevo al rito del Perdono. Sin dal
suo primo apparire, ebbe la funzione di accompagnare
solennemente la Bolla dell’indulgenza celestiniana
dal Palazzo del Magistrato, l’odierno palazzo di
Margherita d’Austria oggi sede del Comune, alla
basilica di Santa Maria di Collemaggio, connotandosi
in tal modo per un forte valore sociale che ancora
oggi mira a rinsaldare i legami interni alla
comunità laica e credente.
Nella rievocazione
odierna del corteo storico, infatti, le autorità
civili e religiose sono accompagnate da dame e
cavalieri in costume d’epoca, circa mille figuranti,
in rappresentanza del gruppo storico del comune di
L’Aquila, dei castelli che contribuirono alla
fondazione della città, ciascuno con il proprio
gonfalone di riconoscimento, dei Quarti in cui essa
è suddivisa, e anche dei gruppi storici, italiani e
stranieri, provenienti da località legate in vario
modo alla storia medievale aquilana. Sfila, ad
esempio, una rappresentanza della città di Rottweil,
gemellata con L’Aquila, in ricordo dello stampatore
tedesco, Adamo di Rottweil, allievo di Gutenberg,
che nel 1481 si trasferì in città da Venezia,
introducendo la stampa a caratteri mobili.
Le figure principali
del corteo sono: la Dama della Bolla, la quale regge
il cuscino su cui è posato il fodero cilindrico che,
fino al 1997, conservava la pergamena con
l’indulgenza di papa Celestino V, e il Giovin
Signore, che reca in mano un ramo di ulivo con cui,
una volta giunto davanti alla Porta Santa della
basilica celestiniana, il Cardinale designato dalla
Santa Sede batte per tre volte sul portale,
ordinando così la sua apertura ufficiale. Tra le
altre figure, la Dama della Croce, con il cuscino su
cui è adagiata la croce che il Sindaco dona a nome
della cittadinanza al Cardinale Designato.
La Bolla del Perdono,
esposta per un intero giorno nell’edificio di culto
sacro a Celestino, la sera del 29 agosto, dopo la
chiusura della Porta Santa ad opera dell’Arcivescovo
di L’Aquila, viene ricondotta nel Palazzo Civico,
accompagnata da un corteo altrettanto solenne ma di
minore sfarzo, con cui si chiude ufficialmente il
rituale sacro.
***
L’AQUILA NEL TARDO
MEDIOEVO
Quando papa Celestino
V, nel 1294, donò al mondo dei fedeli la sua
indulgenza plenaria, L’Aquila era una giovane città.
Riconosciuta ufficialmente nel 1254, con il diploma
di fondazione del re svevo Corrado IV, nacque per
interessi molteplici ma, soprattutto, in funzione
antifeudale, per volontà degli abitanti dei castelli
del contado che intendevano affrancarsi dalle
pesanti vessazioni cui erano sottoposti.
Dopo la morte del re
(1254) che aveva legittimato la nascita della città
in senso ghibellino, papa Alessandro IV vi trasferì
la sede episcopale da Forcona (1257), riportandola
nell’ambito guelfo. La risposta di Manfredi, figlio
naturale di Federico II di Svevia, che mirava come
suo padre alla conquista di un predominio assoluto
in Italia, non tardò ad arrivare: fattosi eleggere
dai baroni re di Sicilia, nel 1258, appena un anno
dopo distrusse completamente L’Aquila per punire la
sua scelta guelfa.
Dopo la battaglia di
Benevento (1266) che pose fine alla dominazione di
Manfredi, la città fu ricostruita da Carlo I d’Angiò.
Alla ricostruzione, o meglio rifondazione,
concorsero vari fattori, tra cui il desiderio degli
abitanti dei castelli di ripetere l’esaltante
esperienza della liberazione cittadina e l’interesse
del re angioino di disporre di una città fedele ai
confini del regno, così da fortificare ulteriormente
quest’ultimo, rendendolo autonomo dalle ricorrenti
pressioni del papa. In occasione della battaglia di
Tagliacozzo (1268) che vide la definitiva sconfitta
degli Svevi e della loro politica imperialistica,
gli aquilani appoggiarono re Carlo che in cambio
offrì protezione e riconoscenza a L’Aquila,
favorendo la sua rapida crescita.
La ricostruzione della
città seguì un piano urbanistico del tutto
particolare che essa conserva ancora oggi nel centro
storico, nonostante le numerose modifiche subite nei
secoli. Ad ogni castello che aveva contribuito alla
fondazione fu assegnato nell’area urbana un
“locale”, cioè uno spazio proporzionale al numero
degli abitanti. In esso, tutti coloro che dal
castello si fossero trasferiti in città avrebbero
potuto edificare le proprie case e la propria
chiesa, che nell’intitolazione doveva ripetere
quella del luogo di origine. Il prospetto
dell’edificio sacro doveva affacciare su una piazza
con fontana centrale, così come il palazzo nobiliare
della famiglia emergente. In questo modo gli
abitanti dei castelli ricostruirono nello spazio
urbano la loro comunità, divenendo cittadini
aquilani senza rinunciare alla cittadinanza dei
villaggi d’origine. L’Aquila divenne un’unica realtà
con il territorio circostante. A ricordo dei
castelli che, nel numero leggendario di 99,
contribuirono alla fondazione della città, nel 1272
fu edificata la fontana delle Novantanove Cannelle,
il più antico monumento civile aquilano superstite.
In seguito, L’Aquila
fu divisa in quarti o quartieri, facenti capo alle
chiese-colleggiate dette “capo di Quarto” dei locali
più importanti. L’articolazione in quarti riguardò
anche il territorio: San Pietro (Coppito) e San
Giovanni (Lucoli), ora San Marciano, compresero il
vecchio territorio di Amiterno; Santa Maria (Paganica)
e San Giorgio (Bazzano), ora Santa Giusta,
compresero il territorio di Forcona.
La particolare
situazione aquilana fu riconosciuta ufficialmente da
Carlo II d’Angiò con diploma del 28 settembre 1294,
emanato a breve distanza dall’incoronazione papale
di Celestino V. In quel momento in città erano in
costruzione circa trenta chiese, tra cui la
grandiosa abbazia di Collemaggio. L’indulgenza di
Celestino e l’unificazione amministrativa concessa
da Carlo II contribuirono notevolmente alla crescita
economica della città che, con la successiva
istituzione di una fiera annuale in concomitanza
della Perdonanza, entrò nel grande circuito
commerciale europeo. Lo sviluppo del volume degli
affari e l’aumento della circolazione del denaro,
fecero sì che nel XIV secolo le fosse addirittura
concesso il privilegio di battere moneta. Come gli
altri Comuni italiani, L’Aquila continuò, tuttavia,
ad essere teatro di lotte interne ed esterne, la più
dura delle quali ebbe luogo tra il 1423 e il 1424,
nell’ambito dell’intricata successione dinastica
angioina. In quell’occasione, la città fu assediata
per tredici mesi dal capitano di ventura Braccio
Fortebraccio da Montone, che voleva farsene signore
spinto da Alfonso d’Aragona. Stremata dalle lotte
riuscì tuttavia a vincere, sopravvivendo come libero
Comune e riconquistando l’antico splendore. La sua
prosperità non mutò con l’avvento degli Aragonesi
(1442), quando divenne la seconda città del Regno di
Napoli, fiorente negli scambi commerciali e
culturali con le più importanti città italiane e
straniere.
In questo periodo,
protagonisti della storia aquilana con la loro
potente opera religiosa e civile furono san
Bernardino da Siena, san Giacomo della Marca e san
Giovanni da Capestrano: le spoglie del santo senese
sono conservate nella splendida basilica a lui
intitolata, edificata a partire dal 1454, quattro
anni dopo la sua canonizzazione.
L’Aquila si
contraddistinse anche per una notevole vivacità
culturale e, nel 1458, Ferrante d’Aragona le
concesse la licenza di aprire uno Studio che doveva
avere le stesse prerogative delle più antiche sedi
universitarie.
La dominazione
spagnola del XVI secolo interrompe drasticamente il
periodo di splendore: L’Aquila si avvia verso un
lento declino dal quale risorge solo in epoca
moderna.