Del più
conosciuto architetto degli ultimi cinque
secoli non esiste un ritratto
cinquecentesco. O meglio, sappiamo da Vasari
che ne sono esistiti almeno due: un primo,
ad opera del pittore veronese Orlando Flacco,
ed un secondo, attribuito a Tintoretto,
compare in un inventario del 1599. Di
entrambi però si sono perse le tracce.
Per questo gli inglesi nel Settecento si
sono inventati una faccia di Palladio.
Compare all’inizio della prima traduzione in
inglese dei Quattro Libri dell’Architettura,
realizzata a Londra dall’italiano espatriato
Giacomo Leoni fra il 1715 e il 1720. Ma il
Palladio “inglese” compare vestito alla moda
del Settecento e, nonostante Leoni dichiari
l’incisione basata su un ritratto di Paolo
Veronese è chiaramente un’invenzione. Pochi
anni più tardi, gli italiani rispondono con
un ritratto diverso, pubblicato sulla guida
al Teatro Olimpico del 1733. L’autore dice
di averlo copiato da un ritratto presente
alla Rotonda, ma è il ritratto giusto? Non
lo sappiamo perché l’originale fino ad oggi
era introvabile.
Ma allora, la faccia di Palladio che siamo
abituati a vedere è vera o falsa? Per la
prima volta al Palladio Museum una mostra
tenta di ricostruire tutta la complicata
storia del volto del mitico architetto,
esito di una accanita ricerca scientifica
che si snoda lungo cinque secoli fra dipinti
falsificati, equivoci e cantonate. E non
mancano colpi di scena, alla luce di nuove
scoperte negli Stati Uniti e in Russia.
La mostra è a cura di Guido Beltramini e il
consiglio scientifico, presieduto da Howard
Burns, raccoglie Donata Battilotti, Stefano
Grandesso, Arkady Ippolitov, Fabrizio Magani,
Francesco Marcorin, Fernando Marias,
Fernando Rigon Forte.
Il catalogo, in italiano e inglese, è edito
da Officina Libraria.
L’allestimento della mostra è progettato da
Alessandro Scandurra.
Informazioni
Aperta dal martedì alla domenica, 10-18.
https://www.palladiomuseum.org/exhibitions/volto
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