Il nuovo
appuntamento viareggino della Fondazione
Centro Matteucci per l’Arte Moderna (dal 2
luglio 2016 al 26 febbraio 2017) è molto di
più di una pur emozionante carrellata di
capolavori di De Nittis, Zandomeneghi e
Boldini affiancati a opere non meno superbe
di Signorini, Lega e degli altri
protagonisti del momento macchiaiolo.
E’ il racconto per immagini – e che immagini
– di una “singolar tenzone”, mai
ufficialmente dichiarata eppure vissuta con
passione, tra due fini intellettuali e
grandi esperti d’arte nella Milano di via
Manzoni, all’indomani del secondo conflitto
mondiale.
I due, Enrico Piceni (1901 – 1986) e Mario
Borgiotti (1906 – 1977), avevano abitazioni
e collezioni a pochi passi di distanza.
Entrambi frequentavano il bel mondo della
cultura del tempo.
Il primo, Piceni, si occupava della Medusa e
dei Gialli per Arnoldo Mondadori, era
traduttore di Dickens e della Brönte, amico
di Montale e di Vergani. E soprattutto
appassionato estimatore degli “Italiani di
Parigi”, ovvero Giuseppe De Nittis, Federico
Zandomeneghi e Giovanni Boldini. Di loro
cercava, e sapeva conquistarsi, opere di
qualità sublime.
Il secondo, livornese di nascita e di
spirito, giunse a Milano dopo essersi
“formato” alle Giubbe Rosse di Firenze,
amico di Papini, Cecchi e Soffici. Musicista
e violinista. Ma sopratutto innamorato dei
“suoi” macchiaioli. Che naturalmente
cercava, anche lui dopo una selezione quasi
maniacale, di condurre nella sua collezione. |