Nelle recenti
opere del ciclo Skin del siciliano Carlo
Colli, la carta non è più neppure un
supporto, ma emerge nella sua valenza
oggettuale. Nello strapparsi, inteso come
infrazione dei limiti di tenuta fisica, essa
diviene uno strano bifronte, una sorta
d’interno/esterno in grado di mostrare
l’altro limite che sempre si pone tra
l’intenzione dell’artista e l’opera finita.
Il vulnus, la ferita inferta nella carta,
appare proprio nel luogo in cui il gesto
minuzioso della mano dell’artista, tentando
il tracciato di un’immagine (una retta, due
parallele, un cerchio…), s’incontrano con la
resistenza del materiale. Ecco la retta
incurvarsi, le parallele divergere, il
cerchio deformarsi, ecco l’imperfezione
creativa in cui l’arte mostra la propria
immagine pura, selvaggia, fenomenica,
infinitamente vitale rispetto a ogni
astrazione geometrica. In un’opera come Skin
N89, di fronte all’apparizione del cerchio
rosso su fondo nero, possiamo persino
spingere la nostra sovra-interpretazione
sino al riconoscimento di un volto (vultus)
ritratto o autoritratto: l’artista vede se
stesso, oppure è l’osservatore a specchiarsi
nel proprio essere meravigliosamente
imperfetto e indissolubilmente mescolato
alle cose.
Anche il fiorentino Francesco Verdelli
lavora con la carta, essa gli dà modo di
agire aspettandone le reazioni, come in una
partita di logica, in una costante diatriba
tra caso e controllo. Il colore liquido,
vivido, si muove senza argini, libero, e
l’artista lo asseconda o si perde, o tenta
di guidarlo solo con lo spostamento della
carta. Poi, nel continuo sbilanciamento e
riequilibrio, nel reciproco travaso
d’istinto e razionalità, si coagula il
ribollire del colore nell’affacciarsi di
un’ovale, sul limite imprevedibile della
tenuta assorbente della carta.
Tutti gli ovali di Verdelli riconducono ai
volti, o all’unico volto, dove l’artista si
rarefa, smaterializzandosi in un’incessante
ripetizione di forme astratte e
fisiognomiche a un tempo. C’è una ferita
dell’essere (vulnus) a monte delle opere di
Verdelli, una perdita dell’identità e un
gesto dionisiaco, ma nel colore che si fa
forma, come da sé, c’è l’ovale che
costantemente ritorna, il volto inedito
dell’arte (vultus) nella denotazione di
un’identità plurale.
Il vernissage sarà introdotto da un
intervento di Raffaele Tovazzi, esperto di
PNL e fondatore della filosofia esecutiva. |