Il corpus di
opere selezionato costituisce un unicum nel
suo genere, la nozione stessa di scultura
viene declinata nella descrizione di forme
originali, di materiali dalle molteplici
funzioni e duttilità.
Fili elastici, alluminio, supporti cartacei,
pvc, perspex, resina, ologrammi digitali,
ciascun elemento porta con sé l’idea di
plasmare dimensioni percettive di una realtà
formatasi all’interno di contesti sintetici
dove vi è una sostanziale smaterializzazione
del dato concreto. Al di là del visibile,
ogni opera, genera l’occasione di articolare
la materia attraverso la riproduzione di un
dato sensibile mai univoco o scontato.
L’ambiente viene decostruito attraverso
assemblaggi di matrice architettonica,
scrive Robert Morris nel suo celebre saggio
intitolato Antiform: “La forma non è
perpetuata dai mezzi ma dal mantenimento di
fini idealizzati e separabili. È un’impresa
antientropica e conservatrice. Essa spiega
l’architettura greca che evolve dal legno al
marmo e appare identica. La preservazione
della forma è una sorta di idealismo
funzionale”.
In questo idealismo funzionale della forma è
insita la ricerca estetica degli artisti
coinvolti nel progetto espositivo. Micaela
Lattanzio, nelle sue installazioni cartacee,
dona al materiale una dignità scultorea,
ogni suo lavoro è caratterizzato dalla forte
duttilità a cui viene sottoposta la carta,
nelle mani dell’artista essa diviene un
tassello musivo, negli intagli, nelle
geometrie assunte, ciascun frammento genera
forme esclusive di un vocabolario corporeo
ed unitario che dà vita a strutture
molecolari, tessuti connettivi di
conoscenza.
I segni tridimensionali di Emanuela Fiorelli
compongono identità plastiche che investono
la superficie, la rendono tangibile allo
sguardo. I fili elastici sviluppano
intricati sentieri, labirinti percettivi che
narrano la dialettica di una forma duratura
e di un “pensiero indissolubilmente legato”
che garantisce all’opera la “possibilità
della sua esistenza”.
Il diaframma siliconico è il campo
d’indagine che investe l’opera di Paolo
Radi. Le sculture traslucide narrano di
realtà impercettibili, dove l’invisibile è
il protagonista assoluto di ogni
composizione. Il linguaggio delle forme
assolve la sua funzione nella natura
minimale del manufatto, nel decifrare lo
spazio attraverso presenze intellegibili
connaturate da suggestioni di luoghi
immateriali ed incorporei.
La resina assume i connotati di una ricerca
estetica improntata sulla definizione
dell’intangibile, Annalù descrive nel suo
approccio materico una contraddizione: la
fragilità delle fisionomie scolpite ed
identificate negli elementi di una fluidità
cromatica, si intrecciano all’interno di una
visione olistica dove lo spettatore
percepisce l’eleganza formale dell’opera
nella sua compagine spaziale, ma in cui le
trasparenze rappresentano il segno distinto
di un procedimento di lavorazione arduo e
complesso.
Imparare a servirsi dei materiali già
esistenti significa conoscere come farli
propri e soprattutto come inventare nuovi
protocolli di rappresentazione manipolando
il reale attraverso la pratica artistica.
Daniele Sigalot, aka Blue and Joy, adotta un
procedimento dialettico che si basa
sull’equivoco: donare all’alluminio un
codice estetico, offrendo alla materia nuovi
linguaggi di interpretazione.
I paperplanes rappresentano l’elemento
cardine di questa scissione formale,
l’alluminio crudo e industriale risponde ad
un quesito che non viene più sottoposto nei
termini canonici del contemporaneo ovvero:
“Che fare di nuovo?”, ma piuttosto scardina
il modernismo e si insinua nella domanda
dell’ultimo millennio: “Cosa fare con ciò
che ci ritroviamo?”. La singolarità,
l’innovazione e il significato si
ricompongono in un procedimento che si
svincola dalla massa caotica di oggetti che
quotidianamente ci circondano per
appropriarsi di relazioni possibili tra
oggetto e illusione.
In seno alla ricerca dell’elemento illusorio
Alessandro Lupi instaura un meccanismo
dedito ad indagare le finalità e le
metodologie inerenti la percezione. La luce
e i suoi procedimenti espressivi fissano
nelle opere dell’artista una doppia lettura:
la compagine iridescente diviene materia
impercettibile di fascinazione, laddove
l’ombra ingannevole di un ramo genera
presenze nascoste allo sguardo. La minuzia
esecutoria dell’artista svela la sua
costante attenzione nel sondare i processi
cognitivi dell’essere umano, i suoi ingegni
tecnici e la sua abilità fattuale rovesciano
i canonici estetici e delineano un inedito
orizzonte espressivo.
La materia digitale assume connotati
plastici nei lavori di Michelangelo Bastiani,
l’artista attraverso l’utilizzo degli
ologrammi riproduce la fluidità dell’acqua
nella sua matrice incorporea ed eterea.
Nelle installazioni sinestetiche lo
spettatore è protagonista dell’opera, grazie
ai sensori di movimento, la sostanza liquida
artificiale prende vita e innesca
interazioni tangibili, laddove l’opera
d’arte diviene pura esperienza concreta.
Prologue svela i procedimenti di una ricerca
votata all’essenza della forma, la nuova
estetica contemporanea affonda le sue radici
nella costruzione di suggestivi scenari
plastici dove la terza dimensione abbandona
la sua caratteristica illusoria per
immergersi nello spazio reale.
SPAZIOMR
ARTE E ARCHITETTURA
Via del Babuino 144, 00187 Roma
Orari: dal lunedì al venerdì 16- 19
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