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Teatro: Arcitaliani - Lastra a Signa
(FI) (14/15 Maggio 2016) |
Al Teatro
delle Arti gli “Arcitaliani” di
Massimo Sgorbani e Gianfranco Pedullà
(dedicato a Pier Paolo Pasolini)
Venerdì 13 e sabato 14 maggio 2016 ore 21 –
domenica 15 ore 16 – biglietti 10/8 euro
Teatro delle Arti - via G. Matteotti 5/8 -
Lastra a Signa (Firenze)
Teatro Popolare d’Arte/Compagnia Simona
Bucci
con il sostegno di Mibact e Regione Toscana
Arcitaliani o le 600 giornate di Salò
di Massimo Sgorbani
regia Gianfranco Pedullà
Con Giusi Merli, Gianfranco Quero, Marco
Natalucci, Rosanna Gentili,
Roberto Caccavo, Gaia Nanni, Gianna Deidda,
Rosaria Lo Russo, Massimo Altomare,
Angela Degennaro, Isabella Giustina,
Eleonora Venturi, Fausto Berti, Matteo Zoppi |
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Dopo la settimana di repliche che ne ha
segnato il debutto, torna da venerdì 13 a
domenica 15 maggio al Teatro delle Arti di
Lastra a Signa la nuova produzione del
Teatro popolare d'arte dedicata a Pier Paolo
Pasolini, poeta, scrittore, regista,
sceneggiatore e figura cardine della cultura
italiana del Novecento.
“Arcitaliani o le 600 giornate di Salò” è il
titolo dello spettacolo a firma di Massimo
Sgorbani, tra gli autori più apprezzati
della drammaturgia italiana, che
nell’occasione rinnova la collaborazione con
il regista Gianfranco Pedullà, a cui si
affianca la Compagnia di danza Simona Bucci.
“Arcitaliani o le 600 giornate di Salò” è
quasi un musical, quasi un dramma borghese,
quasi una commedia, quasi una tragedia e
quasi tutte queste cose messe insieme. Non
si tratta di approssimazione quanto di
indeterminatezza, la stessa dell'Italia di
quegli anni, monarchia trapassata in una
prima repubblica e ancora lontana da avere
acquisito un'unità di fatto. A quell'unità,
come scrive Pier Paolo Pasolini, il Paese
arriverà solo nel dopoguerra, sulla spinta
del boom economico, dei mezzi di
comunicazione di massa e della società dei
consumi.
Milano, 1943-45: una famiglia fumettistica
(padre, madre, figlio e servetta),
liberamente ispirata al personaggio Pampurio
del Corriere dei Piccoli, vaga di casa in
casa sotto i bombardamenti degli aerei,
degli annunci radiofonici e delle canzonette
dell'EIAR, e incontra partigiani fucilati,
impiccati e torturati. Alla fine delle sue
peregrinazioni, la famiglia approda in un
grande appartamento che si affaccia su
Piazzale Loreto.
In scena Giusi Merli, Gianfranco Quero,
Marco Natalucci, Rosanna Gentili, Roberto
Caccavo, Gaia Nanni, Gianna Deidda, Rosaria
Lo Russo, Massimo Altomare, Angela Degennaro,
Isabella Giustina, Eleonora Venturi, Fausto
Berti, Matteo Zoppi.
“Arcitaliani o le 600 giornate di Salò” è il
primo episodio della trilogia “Dopo Salò,
l’omaggio a Pier Paolo Pasolini”,
nell’ambito del progetto triennale “Comizi
Civili sulla Bella Italia” ideato e diretto
da Gianfranco Pedullà per la compagnia
Teatro popolare d’arte: una sorta di
biografia poetica (in forma a volte comica a
volte drammatica) che, attraverso
produzioni, laboratori altre iniziative
ripercorrerà la storia d'Italia dalla
seconda metà del Novecento a oggi. L’idea è
quella di raccontare “il corpo dell'Italia”
attraverso il “corpo di alcuni italiani”:
Gramsci e le sue ceneri, Mussolini e la
Petacci, i partigiani impiccati, Moro e il
terrorismo rosso, Pasolini, i corpi esplosi
nelle stragi fasciste…
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NOTE DELL’AUTORE E DEL REGISTA
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“Toglierlo di scena”: è quel che Carmelo
Bene dichiarava di fare ogni volta che
affrontava un classico. Altrettanto dovrebbe
sforzarsi di fare ogni teatrante che si
confronta non solo con un testo del passato,
ma anche un con personaggio o un evento
storico: toglierli di scena.
Il contrario – metterli in scena – è mio
avviso un’operazione in forte odor di
necrofilia. Rappresentare, re-presentare il
passato, ricostruirlo e riproporlo alla
memoria dei presenti equivale a dire che
tutto è già accaduto, e che compito del
teatro sia solo riesumarlo, scenografarlo,
imbellettarlo tutt’al più con superficiali
richiami all’attualità.
Ridare vita al passato significa, invece,
rinunciare al resoconto in nome del racconto
e pensare che la propria anacronicità sia un
bisturi che, ben lungi dall’effettuare un
semplice lifting, deve incidere a fondo la
carne: operazione degna di un dottor
Frankenstein che assembla pezzi di
trapassati per animare una creatura che
riprende vita nell’infedeltà all’originale,
nella forma del monstrum che si espone alla
visione sub specie spectaculi.
Del resto il solo attingere alle fonti
equivale ad alterarle. Metterci le mani
significa inquinarle inevitabilmente.
Riportarle alla luce significa adombrarle.
In “Arcitaliani” le fonti a che ho inquinato
sono molteplici. Alcune sono coeve al
periodo che ho preso in considerazione: le
notizie storiche, i documenti audio, le
canzoni dell’Eiar, i versi di D’Annunzio e
di Malaparte, un fumetto del Corriere dei
Piccoli. Elementi che, pur appartenendo al
medesimo contesto storico, collidono tra di
loro e si decontestualizzano perfino quando
vengono citati testualmente, senza che io li
abbia modificati in qualche modo.
Per esempio, le frasi che si scambiano
Benito Mussolini e Clara Petacci (nello
spettacolo Ben e Claretta) sono “un copia e
incolla” dei diari della stessa Petacci. Non
ho aggiunto niente di mio, ho solo, qua e
là, cambiato di poco la forma. I due amanti,
infatti, hanno dimostrato una fantasia
davvero ineguagliabile. Ben (Mussolini), si
suppone dopo un amplesso con Claretta,
dichiara: “Il mio amore è tremendo e
travolge tutto. Se avessi potuto, prima ti
sarei venuto dentro con il cavallo” (sic!).
Bene, io – sarà perché non ho un cavallo -
non sarei mai riuscito a inventarmi niente
di simile. E allora mi sono arreso alla
superiorità drammaturgica dei due amanti, e
ho lasciato che le loro testuali parole li
trasformassero da sole da personaggi storici
in dramatis personae.
Va anche detto, però, che la fonte di queste
parole è un diario, cioè una testimonianza
che già risente di un’elaborazione
soggettiva e, in qualche modo, letteraria.
Se a questo aggiungiamo che qualcuno avanza
il sospetto che la Petacci fosse, in realtà,
una spia di Churchill, eccoci invischiati in
un groviglio di realtà e finzione. La
Claretta che scrive sarebbe una Claretta che
finge di essere innamorata di Mussolini e
redige fatti e dialoghi selezionati a uno
scopo affatto diverso da quello del diario
“privato”.
Poi c’è Pasolini, altra fonte di “Arcitaliani”:
Pasolini con le sue osservazioni sulla
storia d’Italia, Pasolini critico e
profetico al punto da avere intuito qualcosa
che andava ben al di là il suo presente. Ma
anche Pasolini sceneggiatore e regista di
“Salò”, il suo scioccante film-testamento in
cui un testo del 1785 (De Sade), viene
ambientato nell’Italia del 1944 per
alludere, in realtà, all’Italia del 1975, e
forse anche oltre. Del film di Pasolini ho
“centonizzato” alcune frasi (il pubblico può
giocare a riconoscerle) e lo ho messe in
bocca al protagonista di “Arcitaliani”. Ma
ho anche citato situazioni e musiche di
quello stesso film.
Fumetti, canzonette, poesie, diari apocrifi,
fatti storici, citazioni di un film del 1975
ambientato nel 1944 e ispirato a un opera
del 700 e, infine, lo sguardo di chi (come
me) scrive nel 2015, quarant’anni dopo il
film “Salò” e settant’anni dopo la
Repubblica Sociale: ecco i pezzi di questa
“creatura” che tenta di tornare a vivere e,
sia pur goffamente, di camminare.
Sicuramente di esibirsi nella sua
mostruosità spettacolare.
Per finire, rivelo anche una citazione dallo
“Zarathustra” di Nietzsche, inopportuna,
forse, ma non casuale, perché proprio
Nietzsche ci ha parlato dell’utilità e del
danno della storia per la vita. Dove per
“vita”, nel nostro caso, si intende proprio
l’evento teatrale che accade qui e ora, in
un presente che, proprio perché accade, è
sempre inattuale.
Massimo Sgorbani
Il progetto DOPO SALO' si propone una sorta
di biografia poetica (in forma tragicomica)
dell'Italia dalla seconda metà del Novecento
a oggi, a partire dalla fine del ventennio
fascista. Attraverso tre testi originali –
affidati al drammaturgo Massimo Sgorbani –
già autore della trilogia INNAMORATE DELLO
SPAVENTO, dedicata alle “donne di Hitler”) -
proveremo ad attraversare (con i mezzi che
ci offre il teatro) alcuni importanti
episodi della vita italiana del secondo
dopoguerra fino ai nostri tempi. Vogliamo
raccontare “il corpo dell'Italia” attraverso
il “corpo di alcuni italiani”. Storie di
tragedie spesso finite in operetta. Tragedie
ripercorse attraverso la storia di alcuni
corpi fortemente simbolici: Mussolini e la
Petacci appesi a testa in giù, il corpo dei
partigiani impiccati, il corpo di Moro e il
terrorismo rosso, il corpo di Pasolini, i
corpi esplosi nelle stragi fasciste, i corpi
dei saltati in aria per le stragi mafiose,
il corpo di Berlusconi, il corpo delle
donne...
La trilogia vuole essere un omaggio a
Pasolini: il tentativo è di "leggere"
l'Italia con gli strumenti critici e le
intuizioni che ci ha lasciato in eredità.
Ogni anno un episodio nuovo fino alla messa
in scena in contemporanea delle tre parti
alla fine del triennio.
Un progetto ambizioso al quale lavoreremo
con collaborazioni importanti
multidisciplinari come quella del coreografo
Paolo Mereu per conto della Compagnia Simona
Bucci, lo scenografo Claudio Pini, Massimo
Altomare per le ricerche musicali, la
poetessa Rosaria Lo Russo, un gruppo di
esperti attori e attrici accanto a giovani
apprendisti delle arti sceniche.
Un progetto che punta a rifondare la stabile
Compagnia del TEATRO POPOLARE D'ARTE ma
anche a riformulare un linguaggio teatrale
che giochi a mescolare il tragico e il
comico, i linguaggi alti e quelli bassi, il
sacro e il profano alla ricerca di un teatro
di comunicazione, un teatro coinvolto e
coinvolgente dove lo spettatore possa
divertirsi, riflettere, commuoversi. Un
teatro di qualità per tutti.
Il progetto DOPO SALO' vuole proporre un
teatro dove i segni e i significati siano
fra loro ben amalgamati.
La regia ha mantenuto un tono di leggerezza,
di grande rispetto del testo nello sforzo di
valorizzarne le diverse stratificazioni
interne: la commedia pseudo borghese della
Famiglia protagonista, il tragicomico della
coppia Benito Mussolini/Claretta Petacci
rappresentati in forma di pupi/fantocci, le
coralità dei giovani partigiani e
repubblichini, la canzonette popolari degli
anni Quaranta riprodotte dalla Radio, che
rappresenta l'affermazione di un'inedita
società di massa. Ne nasce - auspichiamo -
un linguaggio scenico spiazzante, vario,
diversificato: lo spettacolo è dappertutto:
sul palco, in sala, alle spalle del
pubblico, nella mente e nella memoria degli
spettatori (sia di quelli che conoscono
quegli anni che dei giovani che ne hanno
subito e continueranno a subirne i
condizionamenti culturali e politici). La
messa in scena del testo non ha cercato
un'impossibile fusione dei linguaggi quanto
una sorta di "coerenza ritmico/musicale" dei
vari piani narrativi fra di loro, un
movimento scenico che si riversa da un
quadro all'altro alla ricerca di una
capacità dinamica di veicolare i contenuti
del testo.
Gianfranco Pedullà
Orari
Inizio spettacoli ore 21, festivo ore 16
Biglietti
Posto unico intero 10 euro - ridotto 8 euro
(10 euro ridotto under 21)
Riduzioni: under 21, over 65, soci Coop
Info e prevendite
Teatro delle Arti - viale Matteotti 5/8,
Lastra a Signa (FI)
tel. 055 8720058 - 331 9002510
teatrodellearti.lastraasigna.fi@gmail.com
-
promozione@tparte.it -
www.tparte.it
Orari biglietteria: martedì 10-13, mercoledì
e venerdì 17-20
La biglietteria sarà aperta inoltre in tutte
le serate di spettacolo e di proiezione film
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