Nel paese di
Casola Valsenio, che si fregia del titolo di
"Paese delle Erbe e dei Frutti Dimenticati",
le antiche tradizioni contadine locali di
coltivazione delle piante si esprimono anche
nella salvaguardia di alberi da frutto di
varietà ormai abbandonate o uscite di
produzione. A questi frutti dimenticati
Casola Valsenio dedica un doppio originale
appuntamento autunnale: la Festa dei Frutti
Dimenticati (arrivata addirittura alla
26esima edizione) e del Marrone di Casola
Valsenio, in programma nei weekend 8-9 e
15-16 ottobre.
Piante spontanee o coltivate negli orti e
nei frutteti di casa per il consumo
domestico fin dal tardo Medioevo, i frutti
dimenticati sono perlopiù caratteristici
della stagione autunnale e rappresentavano
una preziosa scorta di cibo da conservare
con cura per l'inverno. Salvati
dall'estinzione e recuperati per la gioia di
chi li ha conosciuti e per chi li vede per
la prima volta, ecco tanti bei frutti
profumati, dai colori caldi e dai nomi
spesso originali: giuggiole, pere spadone,
corniole, nespole, mele cotogne, corbezzoli,
azzeruole, sorbe, pere volpine, uva spina,
senza dimenticare noci, nocciole, melagrane
e ovviamente i Marroni.
La ripresa d’interesse verso i frutti di un
tempo è rivolta anche al recupero di antichi
metodi di conservazione, lavorazione e
consumo alimentare. Per questo, nel corso
della festa si svolge un concorso di
marmellate e uno di dolci al Marrone, mentre
i ristoranti della zona propongono per tutto
l’autunno la “Cucina ai frutti dimenticati”.
Si tratta di piatti che utilizzano i
prodotti tradizionali del territorio, sia
secondo la consuetudine sia in modo moderno,
proponendo una cucina gradevole, naturale e
dal forte potere evocativo. Fra le ricette a
base di questi frutti ricordiamo: la salsa
di rovo e di gelso, le composte di corniole
e di cotogne, la torta di mele selvatiche e
i dessert con protagoniste le pere volpine,
le castagne, l'alkermes, il vino e il
formaggio. Un gruppo di frutti dimenticati
serve per preparare un antico piatto tipico,
il "migliaccio", che richiede mele cotogne,
pere volpine, mele gialle, cioccolato, pane,
raffermo grattugiato, canditi, riso e,
secondo l’antica ricetta, sangue di maiale
in aggiunta.
A Casola Valsenio, infine, i frutti
dimenticati si sposano perfettamente con le
piante aromatiche del locale Giardino delle
Erbe e danno vita a piatti straordinari come
le insalate di sedano, ribes bianco e rosso
in agrodolce, o di finocchio selvatico con
tarassaco, cerfoglio e salsa di melagrana,
ottime se condite con l'olio extravergine
Brisighello. Nei menù compaiono i risotti di
pere volpine, l'arrosto di arista con
castagne e lamponi o il rotolo di vitello
alla melagrana, la crostata di marmellata di
sorbe, le prugnole ripiene di noci e
zabaione, il sorbetto alle corniole.
Informazioni per il pubblico: tel. 0546
73033.
Sempre nel fine settimana del 15 e 16
ottobre, spostandosi a pochi chilometri da
Casola, a Riolo Terme prenderà vita la prima
edizione dell’evento “Le Erbe degli Sforza”:
spettacoli, laboratori, mercatino e stand
gastronomico con menù a base di erbe del
territorio (la domenica) e una cena
rinascimentale all’interno della Rocca
trecentesca che impreziosisce il centro
della città delle acque (il sabato).
Informazioni per il pubblico: tel. 0546
71044.
Mora Romagnola, Agnellone e Castrato saranno
i protagonisti di due eventi golosi in
programma a Brisighella. Alla Mora
Romagnola, pregiato suino nero autoctono di
questo spicchio di regione che solo pochi
anni fa rischiava l’estinzione, è dedicata
la “Sagra della porchetta di Mora Romagnola
e Fiera delle biodiversità”, in programma
tutta la giornata di domenica 23 ottobre.
Qui sarà possibile degustare i pregiati
salumi e le saporite carni di Mora e fare
acquisti nel mercatino dei prodotti tipici.
Inoltre, ci sarà l’esposizione e rassegna di
asino romagnolo, pollo romagnolo e bovina
romagnola. Domenica 30 ottobre, le carni e i
prodotti che si potranno assaporare saranno
quelli dell’Agnellone e del Castrato cui è
dedicata una propria sagra. Il programma
della sagra prevede l’esposizione di ovini e
caprini, la mostra-mercato dei prodotti
tipici e dell'artigianato locale e
l’immancabile stand gastronomico dove sarà
possibile degustare prelibate pietanze e
grigliate con le carni di agnellone e di
castrato. Informazioni per il pubblico 0546
81166.
Mora Romagnola. 335.000 “suini neri”
popolavano agli inizi del ‘900 le valli e le
colline dell’Appennino romagnolo. Solo nel
1942, a Faenza, un convegno di zootecnici ne
definì con precisione i caratteri di razza e
ne codificò la denominazione: Mora
Romagnola. Maiale antico, di diretta
derivazione dal progenitore di molti maiali
europei, il sus celticus, che arrivò da
queste parti con le invasioni barbariche nel
IV e V secolo d.C adattandosi perfettamente
ai nostri habitat, per secoli ha
rappresentato un fondamento dell’economia
agricola rurale. Basti pensare che le
dimensioni dei boschi si misuravano con il
numero di suini che erano in grado di
nutrire. Nel secondo ‘900 condizioni
socio-economiche e soprattutto nuove domande
produttive, contestualmente alla progressiva
intensificazione dell’allevamento suino,
portarono a un crescente e continuo calo
della popolazione di Mora Romagnola. Nel
1949 se ne contavano 22.000 capi, per lo più
concentrati nell’area del comprensorio
dell’Appennino faentino, ove resistevano in
quanto utilizzate per ottenere quello
splendido incrocio da carne che per molti
anni fu il “Fumato di Romagna”. Purtroppo la
richiesta di carni sempre più magre e di
razze sempre più precoci portò la Mora
Romagnola all’oblio e quasi alla sua
estinzione. Agli inizi degli anni ’70 se ne
sentiva molto raramente parlare in sperduti
allevamenti dell’appennino faentino dove
rappresentava, per romantici allevatori,
quasi una reliquia del tempo che fu.
Comunque il fascino di questa razza e il
ricordo della gran qualità e gusto degli
insaccati da essa ricavati non cessò mai di
battere nel cuore degli uomini di Romagna.
Uno di questi, Mario Lazzari di Faenza,
all’alba degli anni ’80 si mise in testa di
recuperare questa razza e quindi iniziò con
passione la ricerca degli ultimi esemplari
sperduti. Oggi, grazie a lui, all’APA di
Ravenna, al Copaf e agli altri allevatori
che hanno saputo apprezzare il valore delle
carni e la sua ragione di vita nel contesto
territoriale e culturale, la Mora Romagnola
è salva e comincia ad essere conosciuta e
diffusa.
Agnellone e Castrato. Le carni sono ottenute
da agnelloni e castrati prodotti tipici
della tradizione contadina locale. Un’
azienda agricola brisighellese ha intrapreso
l’allevamento biologico della Mora
Romagnola. Per quanto riguarda l’agnellone,
gli animali devono avere un’età compresa tra
i 70 e i 180 giorni con peso vivo tra i 25 e
i 50 kg. Le carni devono avere un colore
rosa o rosa scuro. Il colore del grasso deve
essere bianco o bianco-crema senza tendere
al giallo. Il castrato, invece, ha un’età di
macellazione compresa tra i 5 e i 12 mesi di
vita, con il peso vivo compreso tra i 40 e i
100 kg. Le carni devono avere un colore rosa
scuro, senza colorazioni anomale. Anche in
questo caso il colore del grasso deve essere
bianco o bianco-crema senza tendere al
giallo. |