Per far
conoscere al pubblico le due tele,
l’Assessorato alla cultura del Comune di
Acquapendente organizza per domenica 22
maggio 2016 alle 16.30, nell’ambito dei
festeggiamenti per l’850° Anniversario del
Miracolo della Madonna del Fiore, una visita
guidata con il Direttore del Museo della
città e lo staff della Coop. L’Ape Regina.
“L’attività del Rondolino – dichiara Alessi
– è legata indissolubilmente alla produzione
come falsario storico di Raffaello. Secondo
il biografo Giovanni Baglione, se non avesse
provato a raggirare anche il suo protettore,
probabilmente non avrebbe avuto una fine
triste. Accortosi dell’inganno, il Montalto
infatti lo allontanò dalla sua protezione e
fu così che morì di stenti e giovanissimo
sotto il pontificato di Paolo V (1605-1621).
Terenzio Terenzi – continua Alessi – ebbe
però anche una sua produzione autonoma,
riscontrabile, soprattutto a Roma,
nell’Assunta, conservata nella chiesa di
Santa Maria della Concezione, nella Madonna
con Bambino e santi in San Silvestro in
Capite e in Sant’Eligio de’ Ferrari, oltre
che a Pesaro e Fossombrone”.
Claudio Strinati, consultato sulle due tele
aquesiane, sostiene che, “data la
possibilità di istituire confronti con certe
sue cose sicure che sembrano avere un
andamento della mano e un timbro cromatico
che potrebbe attagliarsi soprattutto alla
copia del Divino Amore, non possiamo
escludere che l’autore di esse sia proprio
Terenzio Terenzi da Urbino, il celebre
falsario di Raffaello attivo tra fine
Cinquecento e primi Seicento”.
“È interessante notare – rileva ancora
Alessi – come le parti meno riuscite di
entrambe le tele siano da ricondurre
totalmente ad interventi di restauro.
Confrontando gli originali con le copie di
Acquapendente saltano all’occhio evidenti
corrispondenze anche nelle dimensioni, il
che fa propendere, probabilmente, per copie
spacciate in luogo di originali. L’uso
insistente di colori spenti (ocra, verde e
celeste), che sfumano in una lieve penombra,
rimandano certamente alla produzione del
Rondolino, il quale, stando alle fonti
antiche, sceglieva supporti usati e logori,
applicava una miscela di vernici e colori
che poi anneriva col fumo per conferire
quell’aura di invecchiamento alle opere.
Infine, è interessante notare che proprio
del Divino Amore di Napoli si sia conosciuto
l’autore con sicurezza solo recentemente.
Fino a qualche anno fa infatti (2011) si
pensava a Giovan Francesco Penni – a causa
di un disegno preparatorio – e non a
Raffaello, ipotesi poi smentita grazie ad
indagini riflettografiche a raggi infrarossi
promosse dalla Soprintendenza (Mochi Onori).
Questo certamente coadiuva
nell’individuazione di un autore molto
antico per le due tele aquesiane, non troppo
distante cronologicamente dal Sanzio”.
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